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Sindrome di Hunter. Il ritmo circadiano alterato da problemi nei geni “clock”


I bambini affetti da questa patologia soffrono – oltre agli altri sintomi – di iperattività e alterazioni del comportamento: colpa del ritmo sonno-veglia che non è più seguito correttamente, per colpa di questi geni difettosi. Secondo uno studio italiano la terapia enzimatica sostitutiva è però in grado di invertire il processo.

13 NOV - È frutto del lavoro del Dipartimento di Scienze Mediche della Casa Sollievo della Sofferenza di San Giovanni Rotondo (Foggia), coordinati da Gianluigi Mazzoccoli e Maurizio Scarpa, la ricerca che potrebbe aiutare i pazienti affetti da sindrome di Hunter, rara malattia metabolica ereditaria che può causare anomalie alle ossa e alle articolazioni, dimorfismi facciali, difetti cardiaci e respiratori e talvolta difficoltà di apprendimento. Il ritmo circadiano dei pazienti affetti sarebbe alterato, secondo quanto riportato su BMC Medical Genomics, per problemi dei geni che controllano i ritmi circadiani (le funzioni biologiche ed i cicli comportamentali che variano ritmicamente nell’arco delle 24 ore), i geni “clock”.
 
L'espressione di questi geni è infatti deregolata nei pazienti dall’accumulo tossico di sostanze che, a causa della malattia, non possono essere correttamente smaltite. I geni clock sono espressi in maniera anomala e questo porta le cellule a perdere il ritmo che regola la proliferazione, la riparazione dei danni al DNA, la risposta infiammatoria e i processi legati all'invecchiamento. Ed è proprio per questo che l'orologio circadiano non riesce più a gestire il corretto ritmo sonno-veglia, e infatti i bambini affetti da questa rara patologia soffrono di iperattività e alterazioni del comportamento, un problema che di solito viene contrastato tramite la somministrazione di melatonina, principale regolatore dei ritmi del sonno.
 
“Questa scoperta, effettuata grazie alla stretta collaborazione con il Dottor Mazzoccoli, è importante per almeno due motivi. La prima è che l’espressione scorretta dei geni clock è un indicatore di malattia e ci permette di capire che la Sindrome di Hunter è una patologia molto più complessa di quello che sembra”, ha spiegato Maurizio Scarpa, responsabile  del coordinamento malattie rare presso l’IRCS Casa Sollievo della Sofferenza nonché Docente del Dipartimento di Pediatria Università di Padova,in un'intervista rilasciata a Osservatorio Malattie Rare. “La seconda è legata alle possibilità terapeutiche: abbiamo scoperto che in seguito alla somministrazione della terapia enzimatica sostitutiva (ERT) l’espressione dei geni clock e dei geni da essi controllati tende a migliorare, anche se temporaneamente, in relazione alla durata di azione dell’enzima. Anche se per ora abbiamo testato questa dinamica unicamente a livello cellulare, molto si sta facendo per offrire ai paziente una terapia che possa agire anche a livello tissutale, ed in particolare a livello cerebrale, andando a riequilibrare l’espressione genica. La sperimentazione sulla ERT con infusione intratecale è oggi in corso, quindi si spera che presto i paziente potranno beneficiarne.”
La correlazione quantitativa tra il malfunzionamento dei geni controllati dall’orologio biologico e l’accumulo lisosomiale sembra essere presente anche in altre patologie metaboliche, come nelle due forme di Niemann-Pick A e B, per le quali però si attendono ancora conferme scientifiche. Inoltre, spiegano gli autori dello studio, per comprendere tutte le prospettive terapeutiche della scoperta bisogna pensare uno studio più ampio e approfondito.

13 novembre 2013
© Riproduzione riservata

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