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Parkinson. La proteina MCH-I attiva la morte dei neuroni. La scoperta è anche italiana

di Viola Rita

Questa proteina favorisce un meccanismo nel quale i neuroni catecolaminergici subiscono una degenerazione mediata dai linfociti T. Il risultato, recentemente pubblicato su Nature Communications, potrebbe aprire prospettive terapeutiche mirate a questi neuroni. Allo studio, condotto su roditori, ha preso parte il CNR insieme ad altri Istituti

06 MAG - La proteina MHC-I, appartenente al complesso maggiore di istocompatibilità MCH, attiva la morte neuronale colpendo selettivamente le cellule nervose nella malattia di Parkinson. È quanto scoperto da un gruppo dell’Istituto di tecnologie biomediche del Consiglio nazionale delle ricerche (Itb-Cnr) in collaborazione con gruppi di Columbia e Harvard University e dello Sloan-Kettering Institute. La ricerca è stata recentemente pubblicata sulla rivista Nature Communications (MHC-I expression renders catecholaminergic neurons susceptible to T-cell-mediated de generation). Lo studio, condotto su roditori, mostra come questa proteina renda i neuroni catecolaminergici suscettibili alla degenerazione mediata dalle cellule T. In pratica, secondo i risultati, la proteina potrebbe svolge il ruolo di trigger di questo meccanismo e i neuroni potrebbero essere particolarmente sensibili all’attacco dei linfociti T. Secondo i ricercatori, l’individuazione di questo meccanismo, inoltre, potrebbe aprire la strada a nuove prospettive terapeutiche mirate ai neuroni bersaglio.
 
“Abbiamo dimostrato che i neuroni umani che vengono colpiti selettivamente nella malattia di Parkinson esprimono una proteina chiamata MHC-I”, spiega Luigi Zecca, direttore dell’Itb-Cnr e coautore dello studio assieme ai colleghi Fabio A. Zucca e Pierluigi Mauri. “La MHC-I lega i frammenti di proteine antigeniche del neurone che i linfociti T citotossici riconoscono come estranei, attaccando e uccidendo il neurone. Nelle regioni cerebrali colpite dalla malattia, la componente dei vasi sanguigni chiamata ‘barriera ematoencefalica’ è danneggiata e ha ‘buchi’ che permettono il passaggio nel parenchima cerebrale dei linfociti che provocano la morte neuronale secondo il meccanismo descritto”.
Un altro aspetto riguarda la selettività di questa proteina, che colpisce determinate aree cerebrali: l’espressione di MHC-I, infatti, risulta elevata nei neuroni presenti nelle aree cerebrali colpite dal Parkinson (sostanza nera e locus coeruleus) e molto bassa in quelli delle aree risparmiate dalla malattia. “E poiché la proteina è altamente concentrata negli organelli della neuromelanina, sostanza che si accumula con l’invecchiamento del cervello, questo dimostra l’esistenza di un meccanismo importante che lega  l’invecchiamento e le malattie neurodegenerative come Alzheimer e Parkinson”, prosegue Zecca. È noto infatti che l’invecchiamento è il maggior fattore di rischio per malattie come l’Alzheimer e il Parkinson.
 
Nello studio, condotto su colonie di neuroni di roditori, lo stress ossidativo e l’infiammazione innescano l’espressione di MHC-I, rendendo i neuroni suscettibili all’attacco delle cellule T.
“Abbiamo osservato anche che lo stato infiammatorio del cervello favorisce questo processo di morte neuronale. Infatti nel cervello dei parkinsoniani sono presenti notevoli quantità di neuromelanina e alfa-sinucleina extra-cellulari rilasciate dai neuroni morti che attivano la microglia, cioè causano infiammazione, che a sua volta induce l’espressione della proteina MHC-I”, conclude il direttore dell’Itb-Cnr. “Neuro-infiammazione e degenerazione neuronale, cioè, si alimentano reciprocamente in un circolo vizioso e nel Parkinson, tra le cause di morte neuronale, interverrebbe un importante meccanismo autoimmune che ha per protagonista la proteina MHC-I”.
Il risultato (per ora solo su animali), dunque, potrebbe favorire lo studio di future strategie terapeutiche per combattere questo meccanismo, sottolineano gli esperti, rompendo questo circolo vizioso.
 
Viola Rita

06 maggio 2014
© Riproduzione riservata

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