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Arteriopatia periferica. Colpisce il 20% delle persone con più di 60 anni


La malattia occlusiva delle arterie periferiche è molto comune nelle donne e destinata ad aumentare. Essa è un indicatore indiretto di un più alto rischio di mortalità per malattie cardiovascolari. Oggi l'approccio chirurgico può essere combinato con quello endovascolare, insieme ad un supporto multidisciplinare del paziente. Lo spiega la Società SIAPAV durante il Congresso Nazionale

28 NOV - L’arteriopatia periferica, una malattia occlusiva delle arterie periferiche, colpisce il 20% della popolazione al di sopra dei 60 anni. Questa percentuale destinata a crescere in base alle recenti stime: a riferirlo è la Società Italiana di Angiologia e Patologia Vascolare (SIAPAV), durante il 36° Congresso Nazionale, in programma fino al 29 novembre a Roma presso l’Auditorium Antonianum (viale Manzoni 1). Detta anche ‘malattia delle vetrine’, dato che quando si cammina si è obbligati a frequenti soste, l’arteriopatia periferica è una patologia, molto comune nelle donne, che colpisce prevalentemente gli arti inferiori, comportando l’occlusione progressiva o acuta delle arterie periferiche.  
 
 “Nella donna, la gravidanza, puerperio e terapia ormonale a scopo contraccettivo aumentano il rischio di tromboembolia, in soggetti predisposti”, ha affermato la dott.ssa Adriana Visonà, primario angiologo a Castelfranco Veneto e Presidente della SIAPAV. “Anche gli  aneurismi dell’aorta nella donna sono più inclini alla rottura. Uno sguardo a quelli che sono i biomarcatori e segni iniziali di malattie vascolari ci consentiranno di identificare meglio donne a rischio vascolare e sulle quali andrà posta un’attenzione particolare per perseguire una più intensa profilassi”.
 
Il fatto che la malattia si manifesti con l’ostruzione delle arterie delle gambe è la ‘punta dell’iceberg’, poiché è indirettamente sintomo di un’alta mortalità cardiovascolare, spiegano gli esperti. “Questo vale non solo per infarto”, aggiunge la Dott.ssa Visonà “ma anche per l’ictus cerebrale. Purtroppo, per quanto riguarda questa patologia, c’è una grossa sottostima oltre che una scarsa consapevolezza. Eppure l’arteriopatia periferica è facilmente verificabile attraverso un semplice parametro, l’indice caviglia braccio (ABI, nell’acronimo inglese), che consiste nel rapportare la pressione della caviglia a quella del braccio. Con una spesa minima, quindi, si ha un’informazione molto importante sia sulla presenza della malattia, sia sulla sua gravità”.
 
Combinando l’utilizzo di tecniche chirurgiche con quelle endovascolari, inoltre, è possibile ampliare le possibilità di trattare anche pazienti più fragili, come quelli molto anziani, spiegano gli esperti. Ciò tuttavia presuppone che il paziente sia gestito da un team multidisciplinare, che includa competenze differenti e decisioni condivise: “Nonostante il progresso”, prosegue la Presidente SIAPAV, “il paziente vasculopatico deve essere seguito da un team che comprenda l’angiologo, il chirurgo vascolare, e l’emodinamista. È essenziale che queste tre figure lavorino insieme”, per l’appropriatezza della cura.
 
Inoltre, lo stile di vita gioca un ruolo importante nello sviluppo di patologie cardiovascolari. Più della metà della popolazione adulta è in sovrappeso e il 20-30% è obesa: si tratta di un fattore di rischio su cui è possibile agire e gli esperti rimarcano l’importanza della prevenzione.
“Il traguardo a lungo termine che SIAPAV si pone, in termini di prevenzione, si gioca su due fronti”, conclude Visonà. “Il primo è ovviamente la riduzione degli eventi cardiovascolari e quindi l’aumento della sopravvivenza a queste patologie figlie (anche) degli eccessi alimentari e di un finto benessere; il secondo è quello di limitare al massimo la fruizione di farmaci non solo per tutelare la salute del paziente, ma anche per ridurre la spesa sanitaria”.

28 novembre 2014
© Riproduzione riservata

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