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Congresso cardiologi Usa/4. Biologici anti-colesterolo promossi sul campo da due nuovi studi

di Maria Rita Montebelli

Presentati all’American College of Cardiology e pubblicati in contemporanea sul New England Journal of Medicine i risultati di due importanti studi sulla nuova frontiera della terapia anti-colesterolo, i PCSK9- inibitori. Alirocumab conferma la sua safety e durabilità dazione, per evolocumab arriva una dimostrazione preliminare della sua efficacia sulla riduzione degli endpoint cardiovascolari

17 MAR - Ottime le performance dei nuovi biologici anticolesterolo negli studi clinici presentati al congresso dell’American College of Cardiology e pubblicati in contemporanea sul New England Journal of Medicine. Le molecole al centro di questitrial clinici, alirocumab ed evolocumab, sono entrambe anticorpi monoclonali, inibitori di PCSK9, una proteina che riduce la capacità del fegato di rimuovere il colesterolo LDL dal sangue.
 
I risultati a 18 mesi dello studio di fase 3, ODYSSEY LONG TERM (Long-term Safety and Tolerability of Alirocumab in High Cardiovascular Risk Patients with Hypercholesterolemia Not Adequately Controlled with Their Lipid Modifying Therapy) che ha utilizzato l’alirocumab, su 2.341 pazienti ad alto rischio, con ipercolesterolemia dimostrano che il farmaco, somministrato per via sottocutanea (siringhe preriempite al dosaggio di 150 mg) ogni due settimane, ha prodotto un’ulteriore riduzione dell’LDL del 62% rispetto al placebo alla 24° settimana, oltre quanto già ottenuto con la terapia anti-colesterolo tradizionale. Questo risultato ha mantenuto la sua durabilità a 78 settimane, con una riduzione dell’LDL del 56% rispetto ai valori di base dell’LDL, versus placebo.
 
Il farmaco è stato somministrato come add on alla massima terapia tollerabile con statine e con l’eventuale l’aggiunta di altre terapie ipolipemizzanti. Tra i pazienti arruolati ve n’erano alcuni con ipercolesterolemia familiare eterozigote (276 nel braccio alirocumab, 139 in quello placebo).
 
Alla 24° settimana, l’obiettivo di ridurre il colesterolo LDL al di sotto dei 70 mg/dl, è stato centrato dal 79,3% dei pazienti nel braccio alirocumab, contro appena l’8% del gruppo di controllo.
 
Effetti indesiderati sono stati registrati nell’81% del gruppo alirocumab e nell’83% del gruppo di controllo, ed hanno portato all’abbandono della terapia nel 7,2% e nel 5,8% dei pazienti, nei rispettivi gruppi. Gli effetti indesiderati sono comunque risultati sostanzialmente sovrapponibili nei due gruppi, fatta eccezione per le reazioni nel sito di iniezione, risultate leggermente più frequenti nel gruppo in terapia attiva (5,9% con alirocumab versus 4,2% del placebo), le mialgie (5,4% alirocumab versus 2,9% del placebo), eventi neurocognitivi (1,2% con alirocumab, 0,5% con placebo), eventi oftalmologici (2,9% con alirocumab versus 1,9% del placebo).
In un’analisi pooled di safety su 3.759 pazienti, presentata al congresso dell’American College of Cardiology, il tasso di eventi muscolari e neurocognitivi è risultato tuttavia sostanzialmente sovrapponibile tra i pazienti trattati con alirocumab e quelli del gruppo di controllo.
 
Infine, uno studio post hoc, che ha utilizzato un endpoint prespecificato, comprendente mortalità per eventi coronarici, infarto miocardico, ictus, o ricovero per angina instabile, ha rilevato nel gruppo trattato con alirocumab un numero di eventi avversi cardiaci importanti inferiore, rispetto al gruppo placebo (rispettivamente 1,7% e 3,3%, pari ad un HR di 0,52). Lo studio tuttavia non era disegnato allo scopo di valutare la riduzione degli eventi cardiovascolari; queste risposte arriveranno invece dall’ODYSSEY OUTCOMES, che valuterà gli effetti dell’alirocumab sugli eventi cardiovascolari in una coorte di 18 mila pazienti seguiti per oltre 5 anni.
 
L’alirocumab è un anticorpo monoclonale completamente umano, diretto contro la PCSK9 (proprotein convertase subtilisin/kexin type 9).
 
“I risultati di questo studio – commenta Jennifer Robinson, Direttore del Prevention Intervention Center presso l’Università dell’Iowa – dimostrano la durabilità dell’efficacia di alirocumab, somministrato in aggiunta alla terapia tradizionale anti-colesterolo, e rinforzano il suo importante profilo di sicurezza. Inoltre, l’analisi post hoc sugli eventi cardiovascolari maggiori rappresenta un importante risultato per questo farmaco del quale attendiamo con interesse i risultati del trial ODYSSEY OUTCOMES, che ne sta valutando in maniera prospettica la capacità di ridurre gli eventi cardiovascolari.”
 
Un’altra molecola della stessa classe dei PCSK9 inibitori, l’evolocumab è stato valutata anche in merito agli endpoint cardiovascolari in due studi in aperto l’OSLER-1 e -2  (Open-Label Study of Long-Term Evaluation against LDL Cholesterol). A distanza di un anno, i pazienti in terapia con questo biologico avevano dimezzato la loro possibilità di morire, di soffrire di un infarto o di un ictus, di essere ricoverati o di dover ricorrere ad un’angioplastica, rispetto a chi riceveva solo la terapia ipocolesterolemizzante tradizionale.
 
In particolare, il tasso di eventi  cardiovascolari ad un anno è stato del 2,18% nel gruppo ‘trattamento tradizionale’, che prevedeva in genere statine a moderata o elevata intensità; per contro, nel gruppo trattato con evolocumab il tasso di eventi ad un anno è risultato praticamente dimezzato (0,95%).
 
Studi precedenti avevano dimostrato che questo farmaco è molto efficace nel ridurre i livelli di colesterolo LDL, detto ‘cattivo’ perché contribuisce alla formazione della placca aterosclerotica. Evolocumab in questi studi ha ridotto l’LDL del 61%.
 
“La riduzione dell’LDL ottenuta con questo farmaco è di livello molto importante – commenta il primo autore dello studio Marc Sabatine, direttore del TIMI Study Group,  Divisione  di Medicina Cardiovascolare presso il Brigham and Women’s Hospital di Boston – e questo potrebbe spiegare questo importante risultato sugli eventi cardiovascolari, ottenuto in maniera così rapida. Questo suggerisce che se riusciamo ad abbattere i valori di colesterolo LDL in maniera così importante, possiamo cominciare a vedere dei risultati sugli endpoint clinici molto prima di quanto di si potrebbe aspettare, con interventi di più modesta efficacia”.
 
All’inizio dello studio, il livello medio di colesterolo LDL era di 120 mg/dl, in pratica quello dell’Americano medio. Nei pazienti trattati con evolocumab il livello di LDL è stato abbassato ben sotto i 70 mg/dl, raggiungendo un valore medio di 48 mg/dl.
 
Nello studio sono stati arruolati 4.465 pazienti che, dopo aver completato uno dei 12 studi di fase 2 o 3, mirati a valutare la capacità di questo farmaco di ridurre il colesterolo LDL, sono stati in seguito inclusi in questa estensione ad un anno, che ha valutato l’effetto di evolocumab sulla safety a lungo termine, sulla durabilità dell’effetto sul colesterolo e sugli outcome cardiovascolari. I ricercatori hanno pre-randomizzato i pazienti in rapporto 2:1, assegnandoli  al trattamento con evolocumab per iniezione sottocutanea ogni 2 o 4 settimane, in aggiunta alla terapia tradizionale oppure alla sola terapia tradizionale anti-colesterolo (in genere una statina a moderata o a elevata intensità).
 
Come visto, dopo un anno di trattamento con evolocumab, i pazienti presentavano una riduzione del 53% di tutti gli eventi cardiovascolari maggiori contemplati nell’endpoint principale (mortalità, infarto, ictus, ricovero e angioplastica), senza differenze relative a età, livello di base dell’LDL, uso delle statine, prevenzione primaria o secondaria e presenza o meno di malattie valvolari. Gli eventi avversi sono risultati sostanzialmente sovrapponibili tra i pazienti trattati con evolocumab ogni 2 o ogni 4 settimane.
 
L’interpretazione di questi risultati appare limitata tuttavia dal numero relativamente basso di eventi che si sono verificati (appena 60); per questo sono attesi con grande interesse i risultati di uno studio attualmente in corso su 27.500 pazienti, il FOURIER ( Further Cardiovascular Outcomes Research with PCSK9 Inhibition in Subjects with Elevated Risk) disegnato proprio per valutare l’efficacia di evolocumab sugli endpoint cardiovascolari. I risultati di questo trial sono attesi per il 2017.
 
 “Non avremo alcuna risposta definitiva – afferma Sabatine – fino all’acquisizione di questi risultati, ma quanto osservato finora ci dà il senso delle potenzialità di questi farmaci in clinica. Sapevamo già quanto fosse potente evolocumab nel ridurre il colesterolo LDL, ma questi nuovi risultati suggeriscono il loro grande potenziale nel ridurre gli eventi cardiovascolari”.
I risultati del farmaco sono particolarmente interessanti nei pazienti che, nonostante siano in terapia con una statina, non riescono a raggiungere il target per il colesterolo LDL e naturalmente in quelli che, per qualche ragione, non siano in grado di tollerare il trattamento con le statine.
 
Maria Rita Montebelli

17 marzo 2015
© Riproduzione riservata

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