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Fibrillazione atriale e terapia anticoagulante: un rapporto europeo

di Maria Rita Montebelli

Presentato a Bruxelles, in occasione della Settimana del Ritmo Cardiaco, il Rapporto ‘Il Futuro della Terapia Anticoagulante’. Un atto dovuto, secondo gli esperti che hanno contribuito al rapporto, tra i quali l’aritmologo di fama mondiale John Camm, visto l’impatto che questa aritmia e le sue conseguenze avranno sulla popolazione europea negli anni a venire.

04 GIU - La prevalenza della fibrillazione atriale, attualmente pari all’1,5-2% della popolazione generale (ma al di sopra degli 85 anni interessa quasi una persona su cinque) è destinata infatti a raddoppiare da qui al 2060; i pazienti affetti da questa condizione passeranno cioè dagli attuali 8,8 milioni a 17,9 milioni. E’ l’aritmia più comune di tutte, ma non necessariamente la più benigna.
Chi è portatore di questa condizione infatti vede aumentare di 5 volte il rischio di incappare in un ictus tromboembolico, che risulta in genere molto grave e invalidante; questa forma di ictus determina una mortalità del 30% entro i primi tre mesi dall’evento e lascia esiti invalidanti in almeno il 50% dei pazienti. Ad aggravare la situazione c’è il fatto che molto spesso la fibrillazione atriale insorge in maniera ‘silenziosa’, inapparente e viene diagnosticata spesso per caso, magari a distanza di mesi o anni dalla sua insorgenza. Di recente infine è stato quantificato che questa condizione aumenta il rischio di scompenso cardiaco di almeno tre volte. Si stima che la fibrillazione atriale generi costi pari a 26-30 miliardi di euro nella sola Europa.

Un problema di salute pubblica, dunque che riguarda milioni di persone nella sola Europa e che è arrivato solo di recente all’attenzione dei medici.
E’ stato solo negli anni ’90 infatti che si è chiarito il rapporto tra  fibrillazione atriale e ictus tromboembolico e solo da allora dunque si è cominciato a proteggere i pazienti con una terapia anticoagulante. Numerosi trial hanno poi dimostrato che l’aspirina, preziosa nella prevenzione degli eventi ischemici, è sostanzialmente inefficace nel prevenire l’ictus in corso di fibrillazione atriale. Fino a qualche tempo fa l’unica prevenzione era affidata al warfarin, ma da qualche anno anche in Italia è arrivata la nuova generazione degli anticoagulanti orali che, rispetto ai vecchi inibitori della vitamina K, presentano una serie di vantaggi, quali l’assenza di interferenza con i cibi, scarse interazioni farmacologiche e grande praticità d’uso, non essendo necessario ricorrere al dosaggio dei parametri della coagulazione per regolarne la posologia. I nuovi anticoagulanti orali inoltre coniugano un’efficacia almeno pari a quella del warfarin, con un minor rischio di sanguinamenti.
 
Realizzata da RAND Europe, un’organizzazione di ricerca indipendente, e supportata da Daiichi-Sankyo, la ricerca presentata a Bruxelles  ha interessato sei nazioni chiave del Vecchio Continente (Belgio, Francia, Germania, Italia, Spagna e Gran Bretagna), con l’obiettivo di fotografare lo stato dell’arte del trattamento anticoagulante in corso di fibrillazione atriale in queste nazioni e di pianificare tutte le azioni da intraprendere per migliorare le prospettive del trattamento della FA in futuro.
 
A tale scopo è stata effettuata una ricognizione di tutta la letteratura esistente in materia e sono state realizzate 60 interviste ad altrettanti esperti, rappresentativi di tutti i gruppi di stakeholder, a diverso titolo implicati nella gestione di questi pazienti (medici, associazioni pazienti, decisori politici).
 
“Tra i tanti messaggi raccolti dalle interviste – sottolinea Joanna Chataway, Direttore del gruppo di ricerca, Innovazione, Salute e Scienza, RAND Europe - uno su tutti è emerso molto chiaramente: se non verranno compiuti i giusti passi per contrastare il carico crescente della fibrillazione atriale, nei prossimi anni questa condizione comporterà gravi conseguenze sul piano umano ed economico”.
 
Conditio sine qua nonper proteggersi dalle conseguenze della fibrillazione atriale è una diagnosi tempestiva, che può essere fatta direttamente dal paziente o da un suo familiare, ben addestrato a prendersi il polso. Un allarme ‘casalingo’ di questa natura andrà quindi prontamente verificato con un elettrocardiogramma.
 
“Se solo la gente prendesse l’abitudine di sentirsi il polso con una certa regolarità – sostiene Trudie Lobban, fondatrice e amministratore delegato dell’Atrial Fibrillation Association (AFA) – molte vite potrebbero essere salvate. La diagnosi precoce diventa un’utopia se la gente non sa cos’è la fibrillazione atriale e non ne sa riconoscere i sintomi; in questo modo poi si perde qualsiasi opportunità di sottoporre il paziente ad un trattamento tempestivo e alla prevenzione degli ictus correlati a fibrillazione atriale. Come AFA siamo molto soddisfatti di questo rapporto e non smetteremo mai di sottolineare quanto importante sia ‘Detect, Protect e Correct’ (scoprire, correggere e proteggere) le alterazioni del ritmo cardiaco in tutta Europa”.
 
Il rapporto appena presentato muove da questo background per definire una serie di raccomandazioni a breve e a più lungo termine, mirate ad una migliore gestione della fibrillazione atriale e ad una più efficace prevenzione delle sue catastrofiche conseguenze.
 
Le raccomandazioni a breve termine sono: 1) migliorare la conoscenza della fibrillazione atriale a livello del pubblico e dei decisori politici; 2) sostenere campagne educative sulla gestione della fibrillazione atriale, indirizzate a medici e pazienti; 3) proseguire la ricerca sul tema fibrillazione atriale a livello dei servizi sanitari per monitorare cosa funziona meglio in termini di interventi sanitari.
 
Le raccomandazioni a lungo termine sono invece: 1) adottare una prospettiva a più lunga gittata relativamente alle decisioni di spesa per aumentare la conoscenza della fibrillazione atriale, fare formazione, per la cura e il suo trattamento, tutti punti fondamentali per migliorare  le prospettive di questi pazienti; 2)continuare a migliorare la stratificazione dei pazienti (ad esempio attraverso nuovi biomarcatori – nelle ultime settimane o studi di imaging), per personalizzare sempre più la cura e il trattamento dei pazienti; 3) potenziare le interazioni tra medici delle cure primarie, secondarie e terziarie e aumentare la condivisione delle informazioni relative al paziente; 4) migliorare il monitoraggio dei pazienti facendo ricorso a nuovi device o a strumenti di telemedicina, al fine di massimizzare i benefici del trattamento della fibrillazione atriale.
 
 “Questo rapporto  è un vero e proprio campanello d’allarme che facciamo suonare per i medici e i decisori pubblici di tutta Europa – afferma John Camm, presidente dello Steering Committee del Future of Anticoagulation e Professore di Cardiologia Clinica presso la St. George’s University di Londra e presso l’ Imperial College di Londra - perché lavorino insieme con l’intento di arrivare ad una migliore gestione della fibrillazione atriale, una condizione destinata a raddoppiare nei prossimi anni, anche visto l’invecchiamento della popolazione. E’ necessario migliorare le politiche sanitarie relative alla fibrillazione atriale, migliorare la diagnosi e supportare interventi terapeutici precoci, come le efficaci terapie anticoagulanti moderne. Tutto questo che far sì che possano essere efficacemente prevenute tutte le morti evitabili in Europa”.
Il rapporto completo è disponibile sul sito di RAND Europe: www.rand.org/t/rr1053
 
Maria Rita Montebelli

04 giugno 2015
© Riproduzione riservata

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