Diabete Usa/1. Le prime linee guida per educare il paziente ad “autogestire” la malattia
di Maria Rita Montebelli
Presentato al congresso dei diabetologi americani un position statement su ‘quando, come e quale tipo di educazione e supporto per l’autogestione del diabete’ offrire ai pazienti. Il documento viene pubblicato in contemporanea su Diabetes Care, The Diabetes Educator e su Journal of the Academy of Nutrition and Dietetics.
06 GIU - Un
position paper congiunto fa finalmente il punto su quali strumenti educativi offrire al paziente, per consentirgli di padroneggiare il diabete e di gestirlo in autonomia. Il documento, redatto da esperti dell’
American Diabetes Association(ADA), dell’
American Association of Diabetes Educators (AADE) e dell’
Academy of Nutrition and Dietetics (AND), è stato pubblicato contemporaneamente sulle
riviste delle tre associazioni scientifiche.
L’idea alla base del
position paper è di fornire un algoritmo-guida per medici di famiglia e specialisti, che consenta loro di stabilire quando è arrivato il momento di indirizzare una persona con diabete ad un Educatore Certificato sul Diabete (CDE) o ad altro personale appositamente formato per educare e supportare questi pazienti. Il documento riconosce che la persona con diabete è il più importante ‘erogatore di cure’ per se stesso, e definisce quali abilità e informazioni le persone con diabete debbano acquisire per riuscire ad auto-gestire con successo la loro condizione e di quali supporti abbiano bisogno per mettere in pratica queste capacità e questi comportamenti.
Secondo gli esperti americani, sono quattro i momenti critici nel ‘curriculum’ di una persona con diabete e quando si verificano diventa necessario mettere a punto la loro formazione all’autogestione: al momento della diagnosi, su base annuale, alla comparsa di nuove complicanze che possano influenzare l’autogestione e ai cambi di terapia.
Nel documento vengono indicati anche quale tipo di informazione e di supporto si possono rivelare più utili per i pazienti in questi momenti di crisi o di cambiamento. Così, all’indomani della diagnosi, l’educazione al paziente dovrebbe focalizzarsi sugli aspetti della
safety, sul confrontarsi con la nuova diagnosi e sul processo di incorporazione dell’autogestione del diabete nella vita quotidiana.
Le messe a punto annuali servono a rivedere e a rivalutare gli obiettivi terapeutici , la capacità di risolvere i problemi, i principi dell’autogestione, ad adeguare le terapie e a dare risposta a qualunque problema o preoccupazione il paziente dovesse manifestare.
Il capitolo ‘complicanze’ riguarda sia i nuovi problemi di salute, che le limitazioni fisiche. I momenti di transizione e le alterazioni dello stato di salute richiedono naturalmente un momento di
counselling personalizzato e tanto supporto per aiutare i pazienti a trovare una risposta per i loro problemi.
L’algoritmo messo a punto dagli esperti americani definisce anche i contenuti di questi momenti di formazione, le regole e i passi che devono compiere sia il medico inviante, che l’esperto nell’educazione del paziente.
“Abbiamo a disposizione tante linee guida e algoritmi che suggeriscono quando iniziare la terapia anti-diabetica e quando o come potenziarla – riflette
Margaret Powers,
International Diabetes Center di Park Nicollet e presidente eletto del settore
Health Care & Education dell’
American Diabetes Association - ma finora nessuno aveva messo a punto un algoritmo sull’educazione e la formazione del paziente. Se si chiede ai medici qual è il momento giusto per istruire il paziente con diabete, si riceveranno le risposte più disparate”. Era dunque necessario ordinare le idee e strutturarle in una linea guida che mettesse nero su bianco una serie di principi e definisse la tempistica ideale per trasferirli al paziente.
L’educazione è parte integrante del trattamento della persona con diabete; come hanno dimostrato numerosi studi infatti, migliora il controllo della malattia e aiuta a tenere a bada le complicanze; migliora gli stili di vita, dall’alimentazione, alla pratica dell’esercizio fisico; l’
empowerment che deriva dalla conoscenza infine, aiuta la persona con diabete a vivere con minor stress la sua condizione e riduce la depressione. Vantaggi anche sul fronte economico, perché un paziente ben istruito a gestire la sua condizione farà meno ricoveri ospedalieri.
“Sappiamo che educare le persone con diabete funziona – afferma
Joan Bardsley, vice presidente del
Medstar Health Research Institute e
past president dell’
American Association of Diabetes Educators - purtroppo però non sono molti i medici che indirizzano routinariamente i loro pazienti agli educatori; forse non sanno come o a chi inviarli, oppure non sanno come rintracciare un esperto in educazione al paziente; ma forse non si rendono pienamente conto di quanto preziosa sia l’educazione alla gestione di questa patologia, per una persona che ne è affetta”.
“E invece è importante – commenta
Linda Siminerio, Professore di Medicina presso l’Università di Pittsburgh e Presidente del
National Diabetes Education Program – che sia proprio il medico ad inviare il suo paziente dall’educatore; se un paziente ha l’impressione che il proprio medico ritiene che l’educazione all’autogestione sia una cosa seria, allora seguirà con grande attenzione i corsi. Al contrario, quelli che arrivano ai corsi, senza essere stati inviati dal proprio medico, abbandonano il percorso educativo nella maggior parte dei casi”.
Reiterare i messaggi educativi e dare supporto al paziente è importante per tutta la vita, perché il diabete è una condizione cronica che, nelle sue diverse fasi, avrà bisogno di consigli e di istruzioni per l’uso ad hoc, oltre che di sostegno.
“Questo documento – sostiene
Melinda Maryniuk, Direttore dei
Care Programs al Joslin Diabetes Center e parte del gruppo di studio che ha redatto il
position paper – delinea gli elementi chiave dell’educazione e del sostegno alla persona con diabete e indica la tempistica ideale per offrire questi momenti di formazione al paziente. Da oggi nessun medico potrà dunque più pensare che educare il pazienti significhi semplicemente dirgli al momento della diagnosi come farsi l’insulina”.
Maria Rita Montebelli
06 giugno 2015
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