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Farmaci biologici e biosimilari. “La differenza la farà la qualità dei processi produttivi”. Parla il direttore del Centro di ricerca irlandese John Milne

di Ester Marago'

A delineare gli scenari futuri dei farmaci innovatici, medicinali simili, ma non uguali ed entrambe sicuri è il Direttore della formazione del National Institute for bioprocessing research and training, Ente di ricerca a Dublino sostenuto dal Governo irlandese, Università e industria che spiega come si potranno anche ridurre i costi

01 DIC - Da come si potranno ridurre i costi dei farmaci biotech all’importanza della tracciabilità del farmaco fino alle strategie da attuare per vincere la partita della qualità e della sicurezza per tutelare i pazienti. È un confronto tutto campo sul mondo del farmaco biotecnologico quello con John Milne, Direttore responsabile della formazione dell’Istituto nazionale di ricerca & formazione di bioprocessing a Dublino. Un’organizzazione unica nel suo genere. È, infatti, il frutto di una partnership tra il governo irlandese, mondo accademico e industria farmaceutica. Un istituto giovanissimo, è stato istituito appena quattro anni fa con grandi investimenti da parte delle istituzioni irlandesi per promuovere il settore dei biologici con progetti di formazione e training e arrivare, nell’interesse dei pazienti, a produrre in sicurezza i farmaci.
 
Dottor Milne i farmaci biologici rappresentano un’importante risorsa terapeutica per il trattamento di numerose malattie gravi e debilitanti. Sono caratterizzati da un processo produttivo più impegnativo rispetto a un farmaco di sintesi chimica. Come si inserisce l’attività del Nibrt in questo scenario e qual è il suo valore aggiunto?
Il nostro primo obiettivo è quello di supportare lo sviluppo dell’industria di produzione dei biologici nel nostro Paese. Con una duplice azione: formativa e di ricerca. Realizziamo, infatti, delle sessioni personalizzate di training per le Aziende e le Università, mentre sul fronte della ricerca collaboriamo con l’industria farmaceutica per individuare e risolvere problemi reali nella produzione di biologici. Soprattutto le Aziende che si rivolgono a noi ottengono un’opinione indipendente, per questo abbiamo creato un pool di esperti in grado di supportare le industrie nel migliorare e rendere i processi produttivi sempre più efficienti, sicuri e di qualità. Per produrre una molecola appropriata a essere usata sull’uomo è indispensabile una struttura qualificata. Servono quindi severi controlli di qualità in ogni singola fase del processo produttivo. E per garantirne la sicurezza del prodotto finale servono continui e numerosi test.
 
Un processo produttivo estremamente complesso quindi. Per questo i farmaci biologici hanno costi molto elevati?
Certamente. Lo sviluppo dei biologici richiede un processo produttivo molto costoso, in parte per i costi propri del sito di produzione, ma anche per quelli dei materiali utilizzati. Va detto però che l’industria sta cercando in tutti i modi di ridurre i costi. Nel futuro ci si aspetta che il processo produttivo diventi sempre più “piccolo”, saranno, infatti, utilizzate tecnologie più flessibili e a uso singolo.
 
Ossia?
La soluzione è quella di rendere più flessibili i siti di produzione, magari sostituendo i grandi bioreattori di acciaio, con bioreattori più piccoli in materiale plastico che essendo usa e getta vengono utilizzati una volta sola. In questo modo si riduce necessità di utilizzare prodotti per la pulizia delle apparecchiature che sono molto costosi. In sostanza si va verso un processo di cultura delle cellule continua più lungo. E ancora, mantenere la qualità dell’aria è importante ma ha alti costi, quindi più le apparecchiature diventano piccole più si risparmiano risorse per avere un ambiente purificato.
 
Che tempi dobbiamo aspettarci per avere un farmaco biologico a costi più accessibili?
Chiariamo, i farmaci biologici sul mercato vengono venduti già ora a un prezzo inferiore rispetto a quello che dovrebbero costare. Quanto bisognerà attendere? Non posso prevederlo, ma ribadisco la riduzione dei costi è un obiettivo perseguito da tutti. E poi i biosimilari costano già intorno al 30% in meno.
 
Che i biosimilari siano una fonte di risparmio è indiscutibile, ma il dibattito su questi farmaci e la posizione dei clinici sul loro utilizzo è ancora molto acceso. Da osservatore super patrtes, qual è il suo parere?
Innanzitutto diciamo che i biosimilari sono farmaci sicuri come confermano i test cui vengono sottoposti. Anzi possiamo affermare che vengono sottoposti a test più stringenti rispetto ai quelli a cui sono sottoposti i biologici originator. Il problema, o meglio il dibattito che si è aperto nella comunità scientifica, è sulla sostituibilità dell’originator con il biosimilare e se sia possibile estrapolare le indicazioni per altre indicazioni terapeutiche. In Europa già da dieci anni esiste un iter regolatorio per i biosimilari e negli ultimi due anni è stato stabilito anche quello per i biologici più complessi come gli anticorpi monoclonali. Negli Usa il primo biosimilare è stato registrato solo nel 2015 e ancora non hanno ancora approvato l’anticorpo monoclonale per il biologico complesso. Quindi tutto è demandato ai diversi Stati.
 
E in Irlanda?
Sull’etichetta del biosimilare viene specificato che è un prodotto nuovo. Quindi deve essere gestito dall’operatore sanitario come un prodotto nuovo, anche se in realtà il biosimilare è stato creato per essere altamente simile al originator. Lo switch automatico non è applicato.
 
Quello della tracciabilità del farmaco è quindi un nodo cruciale?
Assolutamente sì, il punto critico è come viene etichettato il biosimilare. Se si prescrive un biosimilare o comunque lo sostituisce con un originator è fondamentale poterlo tracciare in caso di evento avverso.
 
A questo proposito, il fatto che si parli indifferentemente di Infliximab, che sia originator sia che sia biosimilare può generare confusione?
Questo è sicuramente un problema cruciale. Bisogna arrivare a identificare in maniere chiara il farmaco assunto dal paziente.
 
Ma in futuro continueremo ancora a parlare di biologici e biosimilari, o parleremo solo di genericamente di farmaco bio?
Non sono se siamo a questo punto e quando questo si potrà realizzare. Ma credo che alla luce della complessità della produzione e dei vari parametri che vengono utilizzati, questi prodotti non saranno mai uguali: sono prodotti diversi, generati in siti e con processi produttivi diversi. Non è un caso che se fino a poco tempo fa si parlava di innovativi e di biosimilari, ora l’Fda parli di sottocategorie dei biosimilari. Quindi similari, altamente similare e simili per impronta. C’è quindi un esercizio di comparabilità veramente all’avanguardia per distinguere i biosimilari dall’originatore, questo perché quando si coltivano cellule per produrre la tua molecola, queste non si comportano sempre nello stesso modo: ci sono comunque delle sottili differenze anche l’interno dello stesso originator. Per questo l’industria sta cercando di avere un sistema in grado di ridurre al minimo queste differenze.
 
Si dice spesso che gli originator sono i biosimilari di se stessi. È corretto?
Questo è l’argomento utilizzato dai produttori di biosimilari. Quando coltiviamo cellule per produrre un anticorpo monoclonale non produciamo un anticorpo monoclonale autentico ma produciamo una serie di anticorpi che sono molto, molto simili. Ci sono in pratica differenze veramente minime. È per questo che la maggior parte delle aziende produttrici di biologici originator sta facendo in modo che il loro processo produttivo sia talmente controllato da ridurre al minimo la variabilità. Questo renderà molto più difficile per l’azienda produttrice di biosimilari riuscire a riprodurre perfettamente l’originator.
 
Insomma a marcare la differenza tra originator e il biosimilare saranno i processi produttivi?
Certamente. Ed è per questo che diciamo alle aziende “se state introducendo sul mercato una nuova molecola e volete proteggere il vostro prodotto dovete cercare di controllare al massimo il processo produttivo così che alla scadenza del brevetto diventerà sempre più difficile per un’altra azienda riprodurre il vostro farmaco”.
È per questo che le agenzie regolatorie, e lo dicono espressamente nelle loro linee guida, non vogliono che la qualità di una molecola venga giudicata su test condotti sul prodotto finale, ma che tutte le fasi del processo siano ben comprese affinché si possa controllare la qualità del prodotto. È quello che l’Fda chiama Quality by design. Basandosi su questo processo tutti vincono.
 
Ester Maragò

01 dicembre 2015
© Riproduzione riservata

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