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Biosimilari. Tar boccia delibera della Basilicata: “La logica del risparmio non può limitare la libertà prescrittiva del medico”


I giudici amministrativi della Basilicata annullano la delibera 492/2014 “Farmaci biosimilari – direttiva vincolante” con la quale la Regione vincolava il medico a privilegiare per i pazienti naive il biosimilare a prezzo più basso rispetto al corrispettivo biologico, ma anche a scegliere tra gli stessi originator quello di minor costo. Plauso dei pazienti: “La libertà prescrittiva non si tocca”. LA SENTENZA

04 DIC - Il principio del “vince quello che costa meno” non s’ha da fare perché sbarra la strada alla libertà prescrittiva del medico.
 
È questa in estrema sintesi la sentenza del Tar della Basilicata, sezione prima, depositata le scorse settimane, che ha annullato la delibera regionale 492/2014 “Farmaci biosimilari – direttiva vincolante” la quale imponeva  paletti rigidi ai medici allo scopo di contenere la spesa farmaceutica. 
 
Un vincolo che i giudici amministrativi hanno rimosso accogliendo il ricorso presentato da Italfarmaco Spa in cui si lamentava la violazione degli artt 32 e 117 della Costituzione e, appunto, del principi della libertà prescrittiva del medico. “Senza mettere in discussione l’equivalenza terapeutica dei farmaci biosimilari rispetto a quella dei biologici” i Giudici amministrativi hanno stabilito che la logica del costo economico contrasta con il principio della libertà prescrittiva che rimette al medico la valutazione finale del farmaco da adottare, in relazione alla patologia del paziente e alle caratteristiche della malattia.  
 
I Diktat della delibera regionale. Il provvedimento regionale tra obblighi prescrittivi  e incombenze burocratiche imponeva ai camici bianchi paletti rigidissimi alla prescrizione dei farmaci. Il medico era infatti vincolato, in caso di un reale vantaggio economico, a preferire il farmaco biosimilare al biologico originatore sia per i pazienti “drug naive” (ossia quelli mai trattati prima, o quelli per i quali i precedenti trattamenti farmacologici siano considerati dal medico sufficientemente distanti nel tempo) sia in sostituzione di altro farmaco (originator o biosimilare) che avessero mostrato problemi di tollerabilità o efficacia. La continuità terapeutica veniva comunque assicurata, ma a patto che il medico producesse “opportuna motivazione”. Ma non solo, anche il passaggio ad un altro originator doveva essere motivato alla direzione sanitaria di appartenenza e di competenza territoriale dell’assistito, con relazione ad hoc. E sempre motivata doveva essere la decisione di non utilizzare per i naive, il biosimilare o l’originator “al costo più basso”.
E ciliegina sulla torta, i Direttori generali di Ao e Asl avrebbero dovuto attivare tutte le procedure per il rispetto delle norme e per l’eventuale recupero di costi derivanti dai medici disubbidienti.
 
Il parere dei Giudici. A bloccare le imposizioni economicistiche sono arrivati i giudici amministrativi, secondo i quali la questione relativa all’autonomia prescrittiva ed alla somministrazione di farmaci va ricondotta nell’alveo della tutela della salute, e le limitazioni introdotte dal provvedimento regionale “peraltro sprovvisto di natura normativa” implicano una limitazione della facoltà del sanitario  di ricorrerete alla terapia ritenuta più adeguata imponendogli di privilegiare anche nella scelta tra farmaci biologici originator quello di costo economico minore, consentendogli solo la prescrizione di altro prodotto soltanto nell’ipotesi di inefficacia del primo oltretutto all’esito di una procedura aggravata.
 
“A ben vedere – hanno aggiunto poi i giudici – il contestato provvedimento regionale finisce per l’assumere portata lesiva dello stesso diritto della persona malata ad essere curata efficacemente, in quanto consente la prescrizione ai pazienti “naive”di farmaci diversi da quelli di minor costo terapeutico soltanto una volta che questi ultimi abbiamo comportato una inadeguata risposta clinica del paziente in termini di tollerabilità e/o efficacia”.
In tal modo il provvedimento impugnato trascura di considerare che questa “inadeguata riposta clinica” comporta pienamente un nocumento ai malati, quantomeno in termini di durata del decorso della patologia, e che può giungere anche al carattere dell’irreversibilità. 
 
Un plauso alla decisione del tribunale amministrativo è arrivato dai pazienti. Ridiamo al medico il suo ruolo, ha detto Antonella Celano,Presidente Apmar: “È l’unico che può agire secondo il sapere scientifico. È sacrosanto per le Regioni risparmiare, ma non a discapito dell’appropriatezza prescrittiva. Soprattutto la cura delle persone non deve passare attraverso  le logiche economicistiche”.
 
“Le Regioni devono capire che la libertà prescrittiva de medico non si tocca – ha detto– Associazione Persone con Malattie Reumatiche Onlus – così come non si tocca il diritto alla cura del paziente secondo il volere del medico.  Imponendo la logica del minor prezzo di non si consente al medico di avere tutti gli strumenti a disposizione per agire in scienza e coscienza. Ecco perché questa è una sentenza importante. Se il medico vuole prescrivere un  farmaco più caro rispetto a quello imposto dalla Regione, che ha diversi effetti terapeutici anche migliori, non si capisce perché non possa farlo. Ne si può trattare un farmaco già in prontuario come un off label. Inaccettabile dover giustificare la prescrizione”.
 
Per la presidente di Apmar, servono politiche per la salute adeguate che permettano al medico di svolgere il proprio lavoro secondo il proprio sapere scientifico. “Quello che noi pazienti abbiamo sempre sostenuto – ha concluso – è che la libertà prescrittiva del medico deve essere mantenuta e non ci sono delibere che tengano rispetto a questo principio. Non si possono considerare le cure ai pazienti solo come un costo, sono un investimento: curare oggi significa risparmiare domani. Curando una persona le si consente di essere attiva nel mondo del lavoro  senza pesare quindi sulla società”.

04 dicembre 2015
© Riproduzione riservata

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