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Sclerosi Multipla. Quale approccio alla malattia? Intervista a Enrico Montanari

di Marco Landucci

Per il direttore UC Neurologia Ospedale di Fidenza, membro della commissione per i farmaci della Sclerosi Multipla dell'Emilia Romagna, questa patologia "va inquadrata caso per caso e valutata sulla base di segni clinici e strumentali. Per questo, un solo parametro sia clinico che di Risonanza, non può essere considerato a se stante e quindi non deve portare a modifiche delle scelte terapeutiche”.

18 DIC - “La Sclerosi Multipla è una patologia infiammatoria-degenerativa complessa che va inquadrata caso per caso e valutata sulla base di segni clinici e strumentali ovvero indicatori di rischio e di prognosi. Per questo, un solo parametro sia clinico che di Risonanza, non può essere considerato a se stante e quindi non deve portare a modifiche delle scelte terapeutiche”, non ha dubbi Enrico Montanari, direttore UC Neurologia Ospedale di Fidenza che è anche membro della Commissione per i farmaci della Sclerosi Multipla dell'Emilia Romagna.

“La presenza di una nuova placca, per esempio, rilevata nel corso della Risonanza Magnetica di controllo – spiega Montanari - non necessariamente deve essere seguita da un cambiamento della terapia ma va inquadrata nel complesso delle valutazioni cliniche”. “E questa scelta - incalza il neurologo di Fidenza - potrà essere operata in virtù delle ricadute o della progressione della malattia e della attività di malattia specie alla RMN. E in questo quadro le Commissioni Regionali del Farmaco danno ai clinici la valutazione dei nuovi farmaci che vengono inseriti nei prontuari terapeutici regionali”.

Dottor Montanari, quali sono le principali criticità evidenziate nella gestione dei pazienti con Sclerosi Multipla nell’attuale scenario terapeutico?
La prima criticità che mi sento di evidenziare è quella dell’uso di un modello terapeutico che prevede l’escalation therapy. È un modello che segue una progressione prescrittiva, basato su un algoritmo in uso da tempo. Secondo questo schema, la prescrizione di un farmaco deve essere operata sulla storia clinica e sulla insorgenza della malattia per cui nelle forme iniziali e a bassa-media gravità è indicato procedere con farmaci considerati di Prima Linea, ovvero gli interferoni e il Glatiramer e ora i farmaci orali quali la Teriflunamide e il Dimetil-fumarato. Se il paziente è rispondente al farmaco si mantiene a lungo la terapia, altrimenti viene consigliato passare a un altro tipo di farmaco (switch). Le possibilità sono due: o si passa ad un farmaco sempre di Prima linea (switch orizzontale) o ad un farmaco di Seconda Linea quali Fingolimod e Natalizumab (switch verticale). E’ stato pensato un altro algoritmo definito con “Induction therapy” in cui la induzione con un farmaco di seconda linea dovrebbe prevenire la progressione per passare con un farmaco di prima linea al mantenimento del quadro clinico. Questi modelli (algoritmi) non tongono conto del concetto di attività della malattia, introdotto da Lublin nel 2013 quale modo di interpretare la malattia e di classificarla in base non più a standard clinici quali RRe Progression, ma solo a questa costante. Questo metodo di approccio impone al clinico un’ottima conoscenza degli aspetti clinico-strumentali per evidenziare e valutare la “attività di malattia”. E’ necessario conoscere i fattori di rischio e gli indicatori di prognosi e progressione. Nella scelta di un farmaco, egli deve essere pienamente consapevole della sua efficacia, dei suoi limiti e dei suoi meccanismi di azione. Anche per quanto riguarda gli esami strumentali, come la risonanza magnetica, il clinico neurologo deve essere a conoscenza delle potenzialità delle varie metodologie, proprio per orientare il neuroradiologo verso la ricerca di evidenze cliniche utili alla cura di quel determinato paziente. Questo metodo cambia il paradigma di azione e scelta del neurologo.
 
Come è stato l’impatto sulla definizione del Percorso Regionale di Diagnosi e Terapia della Sclerosi Multipla in Emilia-Romagna?
Difficile, ma a Parma siamo riusciti a realizzare un’esperienza positiva. Abbiamo lavorato in senso inverso: per circa un anno e mezzo, insieme con un team dell’Università Bocconi di Milano, abbiamo osservato come la pratica clinica cambiasse in relazione a quanto stabilito dai Percorsi Diagnostici Terapeutici e Assistenziali regionali (PTDA). In Emilia Romagna il PTDA è orientato sul paziente e non sul centro di cura: si basa su un confronto tra i bisogni del paziente e la risposta fornita dal centro di assistenza. Ma non ci siamo fermati qui. Abbiamo successivamente confrontato le evidenze raccolte a Parma con le disposizioni di un PTDA “classico”. Sono emersi elementi di valutazione che porteremo a livello regionale. Per il momento, comunque, possiamo dire che i centri dell’Emilia-Romagna che si occupano della Sclerosi Multipla fanno emergere tre modelli di organizzazione: una rete diffusa, centralizzazione delle cure (Bologna e Ferrara), integrazione fra centri e servizi territoriali (a Parma). Stiamo discutendo su come implementare questi tre modelli, scegliendo per ogni territorio quello più adatto.
 
Vedendo le raccomandazioni della Commissione Regionale del farmaco sembra di capire che i nuovi farmaci, che sono già sul mercato e che stanno per arrivare, dovrebbero attendere di avere dati di efficacia e sicurezza a lungo termine rispetto alle terapie consolidate prima di poter avere un’indicazione di primo utilizzo sui pazienti naive. È così?
In Emilia-Romagna è attiva una commissione per i farmaci della Sclerosi Multipla di cui fanno parte neurologi, farmacisti, personale delle Direzioni Sanitarie, rappresentanti dell’Associazione Italiana Sclerosi Multipla (AISM) e responsabili della commissione regionale del farmaco. Sono quindi rappresentati tutti gli attori che operano sulla Sclerosi Multipla: pazienti, clinici, decisori. Per quanto riguarda la formulazione di raccomandazioni cliniche, la commissione utilizza il metodo GRADE (Grade of Reccomendations Assessment, Development and Evaluation). La valutazione entra in dettaglio sui lavori registrativi a cui aggiunge le valutazione dei clinici e dei rappresentanti dei pazienti. Si ottiene un lavoro di approfondimento e di definizione clinica delle indicazioni dell’AIFA che rimane il punto di partenza. L’aspetto positivo di questo lavoro consiste nel fatto che vi è un lavoro di approfondimento e di presa coscienza da parte di clinici su tutti gli aspetti di un farmaco:efficacia,tollerabilità, sicurezza compliance, conoscenza del tipo di controllo nel tempo e di conseguenza vi è un arricchimento delle capacità operative dei centri. Un altro aspetto positivo risiede nel fatto che la commissione rivaluta le raccomandazioni anno per anno, sulla base delle evidenze cliniche raccolte sul territorio. Io credo che un’integrazione tra una filosofia più analitica, come quella adottata dalla Commissione, e un’apertura maggiore ai nuovi farmaci possa dare la risposta migliore alle esigenze del paziente e del clinico. Le considerazione riportare sul novo paradigma di cura legato alla “attività di malattia” più che sulle Linee riceve dal lavoro della Commissione un più piena attualità. Si cerca sempre di valutare l’impatto su pazienti “naive” anche criticamente. Non posso nascondere che vi sono anche elementi di discussione come quello legato al ritardo che si può avere rispetto ad altre Regione dove avviene una semplice accettazione dei deliberati dell’AIFA. Però credo che sia di salvaguardia del paziente approfondire ogni aspetto di un farmaco: dobbiamo fare in modo che i professionisti dei Centri abbiano piena padronanza del nuovo farmaco. Si crede inoltre che questo atteggiamento sia di “protezione” del farmaco stesso che non deve essere danneggiato da pratiche non precise. I nuovi farmaci devono rappresentare una preziosa risorsa per i pazienti con SM e lo devono essere ancor più nel tempo. La SM è una malattia “a lungo termine” e la terapia ne deve seguire i paradigmi. E’ quello che è stato fatto per la Teriflunamide e il Dimetil-Fumarato. La pratica clinica con le osservazioni dei clinici sulle proprie esperienze confermeranno o modificheranno queste prime raccomandazioni. In corso di opera i clinici dei Centri sapranno portare le proprie osservazioni e valutare il lavoro fatto dalla Commissione che preciso ha sempre preso le sue decisioni all’unanimità dopo accese discussioni. Dobbiamo dare atto alle Aziende farmaceutiche di fornire sempre più strumenti importanti sugli effetti del farmaco anche con strumenti di laboratorio e indicazioni specifiche sugli eventi che si presentano. Solo tramite un confronto puntuale e aggiornato si può raggiungere un utilizzo dello strumento farmaco in maniera utile per il paziente. Ne sono una dimostrazione l’ “estensione” dei lavori registrativi e l’uso dei protocolli “post-Marketing”.

Marco Landucci 

18 dicembre 2015
© Riproduzione riservata

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