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Parkinson. Dai geni “segnali” per capire sviluppo disturbi psichiatrici

di Lorraine L. Janeczko

Le informazioni genetiche, unitamente ai dati clinici, potrebbero aiutare ad individuare chi, tra i malati di Parkinson, è a rischio di sviluppo del disturbo del controllo degli impulsi (ICD). Lo rivela uno studio pubblicato sulla rivista scientifica Journal of Neurology, Neurosurgery and Psychiatry. Questo disturbo psichiatrico, è risultato molto comune nei pazienti affetti da Parkinson trattati con la terapia sostitutiva a base di dopamina.

03 MAG - (Reuters Health) -  “E’ il primo studio che valuta il fattore ereditario dell’ICD in una coorte di pazienti con Parkinson, ed è anche un primo passo verso l’individuazione di una cura personalizzata della malattia. Abbiamo dimostrato la possibilità, nell’immediato futuro, di identificare i pazienti trattati con dopaminergici, che sono ad alto rischio di sviluppo del disturbo del controllo e quindi di poter agire con una prevenzione ad hoc”. È quanto ha dichiarato il primo ricercatore dello studio, Jean-Christophe Corvol, del Brain and Spinal Cord Institute of Pitie-Salpetriere Hospitalin, Parigi. “L’ereditarietà dell’ICD – aggiunge – è risultata estremante alta (circa il 50%) nei pazienti trattati con gli agonisti dopaminergici, a dimostrazione del rapporto che esiste tre questo disturbo e i fattori genetici. Un dato che era stato già osservato nella popolazione generale”.
 
Secondo il team di ricercatori che ha pubblicato lo studio, un panel di 13 polimorfismi a singolo nucleotide (SNP) aumenta in maniera significativa la prevedibilità dell’ICD. Spiegano: “Abbiamo delle evidenze che dimostrano come la variante rs6313 dell’HTR2A sia un fattore di rischio indipendente per lo sviluppo del disturbo; per la prima volta, inoltre, si è visto anche come i polimorfismi OPRK1 e DDC siano associati ad un’incidenza dell’ICD nei pazienti con Parkinson”.

Esaminati 276 pazienti
Corvol e la sua équipe hanno utilizzato il database del Parkinson’s Progression Markers Initiative (PPMI), uno studio multicentrico longitudinale – attualmente in corso – messo a punto per identificare i biomarcatori del Parkinson e della sua progressione in nuovi pazienti e in quelli farmaco-naive.
Lo studio, finanziato dalla Fondazione per la Ricerca sul Parkinson guidata dall’attore Michael J. Fox , ha coinvolto 276 pazienti con un’età media di 65 anni e una diagnosi di malattia da 6 mesi e mezzo, risultati negativi allo screening per l’ICD e con dati genetici sulla gamma ed esoma dei genotipi NeuroX. L’86% dei pazienti è trattato con terapia sostitutiva a base di dopamine; di questi un 40% con gli agonisti dopaminergici.

L’incidenza dell’ICD, valutata tramite un apposito questionario, ha preso in considerazione tutte le possibili manifestazioni tra cui quelle compulsive di tipo motorio o comportamentali, come il gioco d’azzardo, la cleptomania, o il disturbo alimentare… L’ereditarietà dell’ICD è stata stimata attraverso un’analisi delle probabilità massime in base ai dati della sequenza dell’esoma utilizando le 13 varianti gentiche.

Il 19% dei pazienti ha manifestato il disturbo del comportamento durante il follow-up. Nei pazienti sotto trattamento con gli agonisti dopaminergici il rischio è aumetanto significativamente (ereditarietà del 57%) rispetto a quelli trattati con la terapia classica che avevano iniziato il trattamento con dopamina. Attraverso la sequenza dell’esoma e i dati del genotipo NeuroX, gli autori hanno identificato tutti gli SNP aventi un valore di minor frequenza allelica (MAF >0.2), selezionando 15 geni autosomali, ossia quei cromosomi che non contengono informazioni genetiche specifiche alla caratterizzazione sessuale dell’individuo. Aggiungendo questi dati genetici si è osservata una crescita significativa della prevedibilità dell’ICD (area sotto al curva -AUC = 76%) rispetto a quella estratta utilizzando solo i dati clinicicome variabile (AUC = 65%, p=0.002). Il modello su base genetica è risultato più preciso nei pazienti che avevano iniziato una terapia con agonisti dopaminergici (AUC = 87%). I maggiori indicatori genetici sono risultati essere l’OPRK1, HTR2A e il DDC.

Fonte: J Neurol Neurosurg Psychiatry 2016

Lorraine L. Janeczko

(Versione italiana Quotidiano Sanità/Popular Science)

03 maggio 2016
© Riproduzione riservata

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