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I diabetologi: “A volte ‘fare meno’ è meglio ma i pazienti si spaventano”


Il 70% dei diabetologi dichiara di evitare le 5 pratiche inappropriate individuate dall’Associazione Medici Diabetologi in collaborazione con Slow Medicine. Ma in oltre 1 caso su 10 si segnalano difficoltà dovute a ostacoli organizzativi e alle possibili obiezioni dei pazienti, che si sentono privati di una cura. Fondamentale migliorare il dialogo con gli assistiti per renderli protagonisti e attori consapevoli del percorso di cura.

06 GIU - “A due anni dalla loro pubblicazione, le 5 pratiche da evitare in diabetologia, individuate da AMD insieme a Slow Medicine, sono passate al vaglio di una survey condotta su 422 diabetologi per ricostruirne l’effettivo impatto nella pratica clinica quotidiana. Non utilizzare la terapia insulinica “al bisogno” (sliding scale) per il trattamento dell’iperglicemia nel paziente ricoverato in ospedale; non prescrivere di routine l’auto misurazione domiciliare quotidiana della glicemia nelle persone con diabete tipo 2 in trattamento con farmaci che non causano ipoglicemia; non effettuare lo screening indiscriminato delle complicanze croniche del diabetico con modi e tempi diversi da quelli indicati dalle linee guida nazionali; non trattare in modo indiscriminato i pazienti diabetici con farmaci antiaggreganti piastrinici; non eseguire nei pazienti diabetici il dosaggio routinario di c-peptide ematico”. Queste le 5 pratiche ad alto rischio di in appropriatezza che erano state stilate con l’obiettivo di "favorire una specifica assistenza diabetologica più sostenibile, sobria, rispettosa e giusta, in linea con l’approccio del “fare di più non significa fare meglio” che Slow Medicine porta avanti in Italia, ispirandosi al progetto statunitense del Choosing Wisely".
 
“La proposta di evitare 5 pratiche inappropriate è stata accolta con interesse e messa in pratica dai diabetologi (lo dichiara il 68,4% degli intervistati)”, commenta Maria Franca Mulas, coordinatrice del Gruppo di studio AMD Diabetologia Misurata, che ha lavorato alla stesura delle pratiche e ha condotto la survey per conoscerne l’impatto presso i colleghi. “Le difficoltà applicative, rilevate nell’11,8% delle risposte, sono originate soprattutto dall’aspettarsi obiezioni del paziente (24%), che può vivere la decisione del medico di evitare un trattamento o un esame come mancanza d’accuratezza nei suoi confronti, e da barriere organizzative (36,4%). Il 95% dei medici ritiene comunque che l’indicazione di evitare le 5 pratiche possa essere implementata nel proprio servizio, l’80% dichiara la sua disponibilità alla pubblicazione di un poster, il 62% parteciperebbe a un progetto per l’esclusione delle 5 pratiche dalle prassi lavorative. Significativo, inoltre, che il 90% degli intervistati consideri la sostenibilità un problema di pertinenza del diabetologo”.
 
“La consapevolezza di essere attori della realizzazione di un sistema sanitario sostenibile e, al contempo, la difficoltà dettata da barriere organizzative e di comunicazione che gli stessi partecipanti dichiarano, indicano una forte esigenza di competenze per migliorare il dialogo con i pazienti, tra gli operatori, con il ‘Sistema Sanitario’. Servirebbe quindi un percorso formativo che permetta ai diabetologi di comunicare più efficacemente, conciliando aspetti scientifici, prassi cliniche e gli imprescindibili bisogni, anche psicologici, dei pazienti che vanno resi quanto più possibile consapevoli delle scelte terapeutiche”, conclude Mulas.
 
“I diabetologi hanno ormai preso coscienza del fatto di avere una precisa responsabilità non solo clinica ma anche organizzativa”, evidenzia Giuliana La Penna, referente del Gruppo Diabetologia Misurata nel CDA AMD. “La sostenibilità che il nostro Gruppo di lavoro persegue consiste nel disinvestire da sprechi e inefficienze per riallocare risorse a beneficio dei servizi che, sulla base delle evidenze scientifiche, sono davvero utili. La survey sull’impatto delle 5 pratiche inappropriate ha messo a fuoco due problemi cruciali: barriere organizzative e resistenze dei pazienti. Il nostro lavoro si sta concentrando proprio su questi due fronti: migliorare il rapporto con le direzioni aziendali per dimostrare loro che i diabetologi sono impegnati a incrementare l’efficienza dei modelli organizzativi, e mettere il paziente al centro del percorso di cura, formandolo ed educandolo a comprendere le motivazioni delle scelte terapeutiche. Appropriatezza, sostenibilità ed eticità sono per noi parole chiave di un processo ormai irreversibile, pena la sopravvivenza stessa del sistema sanitario”.
 
“La partecipazione a un progetto di respiro internazionale sulla sostenibilità della medicina sposa uno degli orientamenti strategici più importanti della nostra Associazione: rendere quanto più appropriata la cura delle cronicità”, dichiara Nicoletta Musacchio, Presidente AMD. “Collaborando da 4 anni con Slow Medicine nella stesura delle 5 pratiche inappropriate in diabetologia e nella conduzione di una survey che ne verificasse l’impatto, abbiamo voluto dare al progetto un contributo specifico per l’ambito di pertinenza della nostra professione”.

06 giugno 2016
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