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Cancro al seno. Con screening mammografico rischio sovradiagnosi?

di Lisa Rapaport

L’obiettivo dello screening mammografico è quello di individuare le forme tumorali in una fase precoce, prima che siamo apprezzabili alla palpazione. Uno studio condotto in Danimarca ha messo in evidenza una correlazione positiva fra screening e aumento delle diagnosi. Ma questo aumento coinvolge anche tumori che non necessiterebbero di trattamenti aggressivi.

10 GEN - (Reuters Health) - Secondo uno studio condotto in Danimarca e pubblicato da Annals of Internal Medicine, lo screening per il cancro al seno può portare a un eccesso di diagnosi – anche di forme non aggressive – inducendo le donne a sottoporsi a trattamenti non sempre appropriati, come chirurgia, radioterapia e chemioterapia, con conseguenze anche gravi.
 
“I tassi di diagnosi di carcinoma duttale in situ (DCIS) sono aumentati notevolmente negli ultimi anni poiché più donne si sottopongono a mammografie di controllo – dice Karsten Juhl Jorgensen del Nordic Cochrane Center e del Rigshospitalet di Copenhagen, autore principale dello studio – Il nostro lavoro pone in evidenza questa correlazione. Una diagnosi di cancro al seno è un evento che cambia la vita di una donna e e della sua famiglia”. Obiettivo delle mammografie è rilevare tumori prima che possano essere percepiti alla palpazione fisica del seno, per un intervento precoce ed efficace.
 
Lo studio
Per analizzare l’efficacia delle mammografie eseguite in Danimarca, i ricercatori hanno esaminato i dati di più di 1,4 milioni di donne danesi tra i 35 e gli 84 anni, dal 1980 al 2010. I programmi organizzati di screening per il cancro al seno sono iniziati a Copenhagen nel 1991, a Funen nel 1993 e a Frederiksberg nel 1994 e hanno coperto in totale circa il 20% della popolazione. Altre regioni danesi hanno gradualmente introdotto tale screening a partire dal 2007. Lo screening non è risultato associato a una minore incidenza di tumori in fase avanzata. Inoltre, i ricercatori stimano che un tumore su tre di quelli diagnosticati a donne che si erano sottoposte a mammografia non avrebbe mai causato un evidente problema di salute o portato al decesso.
 
I commenti
“Anche se lo studio aggiunge evidenze convincenti del fatto che le mammografie di routine possono comportare un rischio di eccesso di diagnosi, ciò non significa che è il momento di cambiare le linee guida sullo screening”, osserva Otis Brawley, responsabile medico presso l’American Cancer Society, nell’editoriale che ha accompagnato la pubblicazione dello studio. Secondo le attuali linee guida statunitensi, le mammografie sono opzionali per le donne tra i 40 e i 44 anni, poi devono essere effettuate annualmente dai 45 ai 54 anni. Le donne a partire dai 55 anni dovrebbero passare a mammografie ogni due anni, continuando finché si mantengono in buona salute con un’aspettativa di vita di almeno un decennio. “Non si sta dicendo di non fare una mammografia, ma di usarla più efficacemente per salvare più vite possibile”, ha continuato Brawley, “Oltre allo screening, esistono altre misure preventive che le donne non dovrebbero trascurare, come mangiare bene, fare molto esercizio fisico e non ingrassare eccessivamente”.

Fonte: Annals of Internal Medicine 2017
 
Lisa Rapaport
 
(Versione Italiana Quotidiano Sanità/Popular Science)

10 gennaio 2017
© Riproduzione riservata

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