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Il White Paper: ricerca, diagnosi e cura del tumore alla vescica


Si chiama White Paper ed è il documento stilato dalle Associazioni dei pazienti e dalle società scientifiche per fare il punto sul trattamento del tumore alla vescica. Ogni anno, questa patologia costa all’Europa quasi 5 miliardi di euro. È una malattia dimenticata, ma nel nostro Paese assorbe il 7% dell’intera spesa sanitaria. Servono team multidisciplinari.

07 FEB - Il numero di nuovi casi registrati ogni anno è così alto da rappresentare la quinta neoplasia del mondo occidentale. A causa delle numerose recidive è una delle patologie che maggiormente incide sulla spesa del Sistema Sanitario. Si tratta del tumore della vescica che colpisce, ogni anno, in Europa 175 mila persone e 27 mila in Italia. Nel 2012 la cifra investita per la cura di questo tumore è stata pari al 5% del costo totale di tutte le altre neoplasie.
 
E in Italia, dove si registrano dati epidemiologici preoccupanti, essendo il Paese con un’incidenza tra le più alte in assoluto di Europa, il costo annuo per la gestione della malattia rappresenta il 7% dell’intera spesa sanitaria.  Nonostante tutto, in 25 anni, la strada percorsa in materia di ricerca è stata breve. Per questo motivo, le associazioni dei pazienti e le principali società scientifiche coinvolte nel trattamento della malattia chiedono alle Istituzioni maggior impegno e lo fanno attraverso un documento, il White Paper. Innanzitutto, chiedono una forte sensibilizzazione dei cittadini sui fattori di rischio con la modifica di alcune leggi in materia di salute e sicurezza sul lavoro, poi l’istituzione di team multidisciplinari per il trattamento in grado di migliorare la qualità di vita dei pazienti e più risorse economiche, sia pubbliche sia private, da investire.
 
Chi ha aderito al progetto
L’iniziativa è stata presentata oggi a Roma su iniziativa di F.a.v.o. (Federazione italiana delle Associazioni di Volontariato in Oncologia), con la collaborazione di Aiom (Associazione Italiana di Oncologia Medica), Siu (Società Italiana di Urologia), Siuro (Società Italiana di Urologia Oncologica), Fincopp (Federazione italiana incontinenti e disfunzioni del pavimento pelvico) e Associazione PaLiNUro (Pazienti Liberi dalle Neoplasie Uroteliali), e con il contributo non condizionante di Ipsen e di Roche. Il documento fotografa temi come: prevenzione, diagnosi, trattamento, riabilitazione e reinserimento sociale. 
 
Un tumore dimenticato
“Il carcinoma della vescica – ha detto Francesco De Lorenzo, presidente di F.a.v.o. e di Ecpc (European Cancer Patient Coalition) - è ancora oggi un tumore dimenticato, nonostante rappresenti in Europa la quarta causa di morte per tumore nell’uomo e la decima nella donna. Il Documento che oggi abbiamo illustrato – ha aggiunto De Lorenzo – già presentato da Ecpc per sensibilizzare il Parlamento Europeo e la Commissione Europea, con riscontri incoraggianti sia sul piano dell’aggiornamento delle direttive comunitarie che su quello del potenziamento dell’attività di ricerca, intende sensibilizzare associazioni dei pazienti, curanti, istituzioni e opinione pubblica per fronteggiare le criticità che impediscono ai pazienti con tumore della vescica di ottenere i migliori risultati sia in termini di trattamenti terapeutici che di riabilitazione e facilitazione del ritorno a una vita autonoma e attiva.”
 
Le cause del carcinoma alla vescica
Il fumo rappresenta la causa più importante nello sviluppo del carcinoma della vescica con percentuali che, secondo le stime dell’Organizzazione Mondiale della Sanità, si aggirano intorno al 40-70% di tutti casi. Così come l’esposizione nei posti di lavoro ad alcune sostanze chimiche, come coloranti, diserbanti, idrocarburi, polveri e fumi metallici, rappresenta un fattore di rischio elevato: il 21-27% dei carcinomi della vescica nella popolazione maschile e l’11% in quella femminile sono da attribuirsi a cause professionali. Il White Paper raccomanda quindi: continuo impegno da parte dei Paesi Ue nella lotta al tabagismo promuovendo campagne di sensibilizzazione rivolte alla popolazione.
 
La situazione italiana
Piemonte, Campania, Lombardia e Isole sono le regioni che registrano il numero più elevato di nuovi casi e una più alta mortalità: tra le possibili ragioni, l’elevata età media della popolazione e il maggior rischio di esposizione professionale. Fattore indispensabile, come per le altre forme di tumore, risulta essere la diagnosi precoce: per 8 pazienti su 10 (80%) la sopravvivenza a cinque anni aumenta se la malattia viene diagnosticata in fase iniziale, a fronte di 1 paziente su 10 (10%) nel caso di diagnosi in stadio avanzato. Un ostacolo alla possibilità di individuare la malattia nei primi stadi è dato dall’eterogeneità dei sintomi che non sempre vengono riconosciuti. 
La diagnosi
“Un concreto passo in avanti a favore della diagnosi precoce è oggi possibile ricorrendo a una nuova metodica di diagnosi fotodinamica che, grazie a un mezzo di contrasto fotosensibile, permette di scoprire focolai di forme preneoplastiche invisibili a occhio nudo – ha sottolineato Vincenzo Mirone, professore Ordinario di Urologia presso l'Università Federico II di Napoli, e Segretario Generale della Società Italiana di Urologia - Rispetto alla normale cistoscopia a luce bianca, la cistoscopia con mezzo di contrasto a luce blu è in grado di evidenziare sulla parete vescicale delle microalterazioni neoplastiche, anche infinitamente piccole, che diversamente sfuggirebbero all’attenzione del chirurgo.” Anche le ricerche volte all’individuazione di marcatori tumorali promettono di dare una svolta significativa alla gestione di questa neoplasia, offrendo la possibilità di ulteriori metodologie per la diagnosi precoce ma anche per il monitoraggio post-trattamento e della recidiva.
 
Paese che vai, trattamento che trovi
La possibilità per il paziente di accedere a trattamenti oncologici innovativi, purtroppo, fa registrare ancora profonde disparità nei vari Paesi. Considerando le 37 nuove terapie introdotte nel quadriennio 2009-2013, gli Stati Uniti sono il Paese che ha garantito il più facile accesso (ben 31 trattamenti), mentre la Spagna ne ha messi a disposizione solo la metà. Per l’Italia, la percentuale si attesta attorno al 60%. Tali differenze, sono destinate a divenire ancora più marcate in vista dell’imminente cambio di paradigma introdotto dall’immunoterapia. È evidente la necessità che, sia a livello europeo sia a livello italiano, vengano fatti rapidi passi in avanti per garantire l’accesso dei malati a queste nuove promettenti terapie. 
 
Il tumore alla vescica e la qualità della vita
“La cistectomia radicale è una delle più traumatiche operazioni chirurgiche in ambito oncologico in termini di impatto sulla qualità di vita, esponendo il paziente a rischio di complicanze funzionali quali problemi della sfera sessuale e incontinenza urinaria. Interventi riabilitativi e terapeutici intrapresi con tempestività, sia sul versante dell’andrologia (per i problemi sessuali) sia sul versante dell’Urologia Funzionale (per i problemi della incontinenza) sono cruciali per consentire un recupero funzionale che può essere anche significativo – ha spiegato Roberto Carone, presidente della Società Italiana di Urologia e Direttore della Struttura Complessa di Neuro-Urologia della A.O.U. Città della salute e della scienza di Torino -. In particolare oggi in Italia possiamo contare sulla presenza di elevate competenze nell’ambito dell’urologia funzionale e della uro-riabilitazione, ma all’alto livello qualitativo non corrisponde una distribuzione sul territorio nazionale omogenea e quantitativamente adeguata. E’ auspicabile – ha concluso Carone - una maggiore interazione tra uro-oncologia e urologia funzionale, con la creazione di team multidisciplinari in grado, sulla base di competenze integrate, di assicurare il miglior percorso terapeutico per il paziente”. 

07 febbraio 2017
© Riproduzione riservata

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