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Diabete. Dalla telediabetologia al monitoraggio continuo, la lotta alla malattia è high tech. Ma le norme italiane non stanno al passo


La tecnologia cambia il modo di fare medicina e in particolare diabetologia, e in Italia il sistema è già realtà. Questo uno temi clou della X Conferenza internazionale su Advanced Technologies & Treatments for Diabetes che si è tenuta a Parigi. Il problema è che il consiglio del medico ad oggi in Italia legalmente non può essere fatto senza che prima vi sia stato un consulto diretto one to one con il paziente e così la telemedicina non può essere sviluppata in tutte le sue potenzialità.

21 FEB - Monitoraggio continuo del glucosio, sensori impiantabili e big data: così la tecnologia cambia il modo di fare medicina e in particolare diabetologia, e in Italia il sistema è già realtà. Questo uno temi clou della X Conferenza internazionale su Advanced Technologies & Treatments for Diabetes (Attd) che si è tenuta a Parigi.
 
Il primo sensore impiantabile in commercio arriverà a durare anche un anno
Tra i device high tech più discussi durante la maratona di quattro giorni parigina c'è il primo sensore impiantabile in grado di monitorare i livelli di glucosio nel sangue per 90 giorni consecutivi: si chiama Eversense ed è da poco sul mercato nostrano ma già si parla dell'estensione della durata del monitoraggio a 180 giorni con lo scopo di arrivare a 360 nel giro di poco tempo.
 
“I vantaggi del sensore impiantabile sono molteplici: in primis, tutti gli studi fatti finora dimostrano che i sensori del glucosio sono efficaci in maniera proporzionale al tempo in cui il paziente è disposto a indossarli, per cui un sistema sottocutaneo si traduce in una maggiore possibilità che si ottengano i risultati voluti come la diminuzione delle ipoglicemie e delle oscillazioni glicemiche - spiega a Quotidiano Sanità Luigi Laviola, Professore all'Università di Bari, dipartimento di endocrinologia e malattie metaboliche D.e.t.o. - Inoltre, il trasmettitore, che viene fatto aderire alla parte superiore del braccio in corrispondenza del sensore, può essere rimosso in caso di necessità e poi nuovamente applicato “come un cerotto” e riprende a funzionare. Ovviamente non verranno registrati i dati nell'arco di tempo in cui viene rimosso ma sicuramente la procedura non risulta traumatica per il paziente”.
 
Sensore, trasmettitore e app
Sensore impiantabile, trasmettitore e app sono i tre elementi chiave che costituiscono il sistema Senseonics Eversense. Il sensore è lungo 15mm con una spessore di 3mm e richiede un inserimento sottocute con una veloce procedura ambulatoriale che prevede un taglietto di 5-8 mm. L'incisione viene poi chiusa con un cerotto, in corrispondenza del quale viene applicato un trasmettitore removibile che manda le informazioni raccolte dal sensore ad un'apposita applicazione leggibile sullo smartphone.
 
“I sensori tradizionali attualmente disponibili, per quanto miniaturizzati, vanno applicati sulla pelle con un aghetto che va sottocute, vanno indossati e quindi sono visibili, inoltre la hanno una durata limitata di tempo nell'ordine dei giorni e il cambio comporta uno stress per il paziente - spiega Laviola - In particolare gli atleti che sudano molto o chi pratica sport acquatici o sport di contatto come rugby o basket, solitamente tende a togliere i sensori perché quelli tradizionali non possono andare in acqua e comunque sporgono, mentre l'impiantabile è completamente invisibile”.
 
I centri in Italia
In Italia sono attualmente quattro i centri che mettono la tecnologia a disposizione ma la lista dei papabili aderenti al progetto è molto più lunga: “i primi contatti che abbiamo attivato sono con ospedali siti a Padova, Bari, Olbia e Catanzaro, ma stiamo prendendo informazioni su almeno una settantina di altri centri e l'obiettivo è arrivare a breve almeno a quaranta”, spiega l'amministratore delegato di Roche Diabetes Care Italia Massimo Balestri. Ad oggi, il sistema è disponibile in Italia, ma non c'è una trattativa a livello nazionale, “una terapia può arrivare a costare alcune migliaia di euro all'anno, analogamente al costo di un continuous monitoring utilizzato costantemente - afferma Balestri - per questo motivo, per favorire l'ingresso del prodotto all'interno dell'offerta del Ssn, dobbiamo iniziare a valutare ipotesi come il co-payment, o l'attivazione di una sorta di “contratto” con pagamento mensile come alternativa all'acquisto del device”. L'idea attuale è quella di creare dei veri e propri centri di “expertise”, per questo “stiamo identificando le Asl da coinvolgere per “addestrarle” all'utilizzo del sistema”, spiega Balestri.
 
Limitazioni dell'high tech
L'indicazione pediatrica del prodotto è già stata chiesta ed è prevista nel 2018, per il resto della popolazione diabetica, invece, non è stato indagato l'impatto dell'età nella riuscita dell'utilizzo della tecnologia. E' fondamentale sottolineare che “ad oggi questi sensori non sostituiscono completamente la misurazione tradizionale - spiega Laviola - Chi li indossa deve continuare a “pungersi il dito” almeno una o due volte al giorno per tutto il periodo di monitoraggio, per poi inserire i valori registrati nel nuovo sistema, che dev'essere necessariamente calibrato costantemente. Lo stesso dev'essere fatto quando ci sono variazioni rapide della glicemia, questo perché la misurazione della glicemia con i sensori avviene nel tessuto sottocutaneo e la misurazione non è esattamente sovrapponibile al valore di glicemia nel sangue. E' chiaro che per una persona abituata a farsi 10 o 12 punture al giorno, passare a una o due è comunque sicuramente un notevole passo avanti nel miglioramento della qualità di vita. Uno dei principali obiettivi di questi strumenti è alleviare il carico psicologico del diabete anche attraverso alla non invasività totale e sicuramente questi strumenti vanno in questa direzione”.
 
L'utilizzo dei big data
Il continuos monitoring permette di collezionare una notevole quantità di dati: ad oggi la maggior parte dei sensori di ultima generazione disponibili sul mercato permettono di raccogliere i dati e organizzarli in maniera logica, e trasmetterli a un software in cloud e quindi renderli accessibili a qualsiasi area del globo. I sistemi sono anche in grado di mandare degli alert in caso di necessità ed essere collegati a un team diabetologico; in questo modo il medico può periodicamente, o su richiesta, verificare le condizioni del paziente ed eventualmente intervenire.
 
“Ci sono sistemi in sperimentazione avanzata che hanno anche il collegamento diretto con il 118 - spiega Laviola - Se un paziente con glicemia bassissima perde coscienza, il sistema rileva questa glicemia e se il paziente non interviene entro un certo tot di tempo viene automaticamente mandato un segnale al 118 che interviene grazie alla localizzazione dell'indirizzo del paziente mediante google maps”. L'Università di Bari attualmente sta sviluppando la telemedicina: c'è una control room attiva 24 ore su 24 in cui i medici a rotazione monitorano l'andamento delle glicemie, e rispondono ad eventuali chiamate che derivano da questi sistemi informatici.
 
Una buco a livello burocratico
La condivisione a distanza di dati consente al medico di conoscere in tempo reale la situazione del paziente. Il problema è che il consiglio del medico ad oggi in Italia legalmente non può essere fatto senza che prima vi sia stato un consulto diretto one to one con il paziente. “Qualunque cosa io dica a distanza, se questo comporta una modifica della terapia di questa persona, sto compiendo un atto medico e questo tecnicamente non è consentito “a distanza”. Non è normato”, afferma Laviola. La potenzialità di sfruttare la telemedicina in generale, e la telediabetologia in particolare, ad oggi ce l'hanno molti centri, ma è ancora carente la possibilità che questo abbia una cornice di riconoscimento anche legale burocratico.
 
“Siamo in attesa di normative della comunità europea che riconoscano questo tipo di comportamento - spiega Laviola - Nei nuovi Lea, per la prima volta, compare qualcosa sulla telemedicina, e questo è un primo passo che spero porterà in pochi anni ad una diversa organizzazione del lavoro in tal senso”.  

21 febbraio 2017
© Riproduzione riservata

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