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Ictus. L’attività fisica condiziona ripresa e qualità della vita

di Will Boggs

E' quanto emerso da uno studio statunitense a lungo termine pubblicato da Neurology.  Durante 12 anni di follow-up  su 18.117 persone, la quantità di attività fisica non è stata associata con il rischio di ictus, ma è stata associata con la probabilità di essere indipendenti tre anni dopo un ictus. 

12 APR - (Reuters Health) – Secondo uno studio statunitense a lungo termine – pubblicato da Neurology - essere fisicamente inattivi aumenta il rischio di perdere la capacità di eseguire le attività della vita quotidiana, sia prima, sia dopo un ictus.
 
Lo studio
Il team di ricercatori ha studiato 18.117 persone che partecipano al National Health and Retirement Study, con l’obiettivo di scoprire se l’indice di attività fisica e di massa corporea (BMI) possa prevedere la disabilità futura. Durante 12 anni di follow-up la quantità di attività fisica non è stata associata con il rischio di ictus, ma è stata associata con la probabilità di essere indipendenti tre anni dopo un ictus. Coloro che erano di partenza fisicamente inattivi avevano decisamente meno probabilità di essere indipendenti, a quel punto, rispetto a quelli che erano in partenza fisicamente attivi. L’obesità, al contrario, è stata associata ad un aumentato rischio di ictus ,ma non alla perdita di indipendenza durante il periodo di follow-up, a prescindere dal fatto che un individuo abbia subito un ictus.
 
“L’attività fisica riduce il rischio di dipendenza da altri sia per le attività basilari della vita quotidiana (per esempio, vestirsi e camminare in una stanza), sia per quelle più complesse (ad esempio la gestione del denaro o fare la spesa), più impegnative dal punto di vista cognitivo“, dice l’autrice principale dell’articolo, Pamela M. Rist, del Brigham and Women’s Hospital and Harvard T.H. Chan School of Public Health du Boston.“Queste attività della vita quotidiana possono rappresentare parametri importanti per determinare la qualità della vita dei pazienti con ictus, quindi è importante trovare i fattori che riducono il rischio di dipendenza da terzi per queste attività”.

Fonte: Neurology 2017
 
Will Boggs
 
(Versione italiana Quotidiano Sanità/Popular Science) 

12 aprile 2017
© Riproduzione riservata

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