Una persona su quattro perde il lavoro entro un anno dall’infarto
di Maria Rita Montebelli
Preoccupanti i risultati di uno studio danese appena pubblicato su JACC . Nonostante la maggior parte dei pazienti infartuati ritorni al lavoro a distanza variabile dall’evento acuto, il 24% di loro si ritira definitivamente dall’attività lavorativa entro un anno dalla ripresa del lavoro. Le fasce d’età più a rischio per questa disoccupazione di ritorno sono i trentenni e i sessantenni.
05 OTT - Una persona su quattro è costretta ad abbandonare il lavoro entro un anno dall’infarto. Una notizia preoccupante che viene dalla civilissima Danimarca. Studi condotti in passato si erano limitati a osservazioni sul breve termine, valutando la percentuale di infartuati che riusciva a tornare alle occupazioni precedenti; in questo caso gli autori hanno allargato la finestra temporale sul lungo termine e i risultati non sono stati, come visto, affatto confortanti.
Il lavoro, pubblicato su JACC ha preso in esame 22.394 infartuati che risultavano avere un’occupazione lavorativa prima dell’evento; il 91% di questi tornava al lavoro entro un anno dall’evento acuto. Tuttavia, entro i 12 mesi successivi alla ripresa dell’attività lavorativa, il 24% abbandonava definitivamente il lavoro, non è noto se volontariamente o meno.
“La possibilità di mantenere il posto di lavoro dopo un infarto – spiega il primo autore dello studio,
Laerke Smedegaard, Herlev & Gentofte University Hospital, Hellerup (Danimarca) – è fondamentale per la qualità di vita, l’autostima, la stabilità emotiva e finanziaria. Per questo, i risultati di questo studio sono cruciali non solo per i pazienti danesi ma soprattutto per quelli che vivono in Paesi che non hanno lo stesso livello di
welfare della Danimarca”.
I soggetti più colpiti da questa disoccupazione ‘di ritorno’ appartengono a due fasce d’età: 30-39 anni e 60-65 anni; a preoccupare evidentemente sono soprattutto i primi, che almeno sulla carta avrebbero davanti l’intera vita lavorativa.
“Questi risultati – affermano gli autori – suggeriscono che la riabilitazione cardiaca dopo un infarto dovrebbe focalizzarsi anche nell’aiutare i pazienti a rimanere abili dal punto di vista lavorativo nel lungo termine”. Anche perché, nonostante il proverbiale welfare danese, gli infartuati che si ritirano dal lavoro presentano un basso stato socio-economico.
Maria Rita Montebelli
05 ottobre 2017
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