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Sonno: le alterazioni sono collegate all’aumento della proteina beta-amiloide

di Will Boggs

Le alterazioni del sonno sembrano correlate con un aumento della proteina beta-amiloide nel liquido cerebrospinale. Un incremento, a sua volta, correlato ad un maggiore rischio di malattia di Alzheimer. A dimostrarlo un gruppo di ricercatori statunitensi in uno studio pubblicato da Annals of Neurology.

16 GEN - (Reuters Health) – Aumento della proteina beta-amiloide nel liquido cerebrospinale (CSF) e alterazioni del sonno sono collegati. Infatti, l’interruzione del sonno sembra aumenti i livelli di beta-amiloide del liquido cerebrospinale. Aumento che a sua volta è stato associato ad un più elevato rischio di malattia di Alzheimer. Questo è quanto emerge da uno studio condotto negli Usa e pubblicato da Annals of Neurology.
 
“Abbiamo dimostrato che la deprivazione del sonno fa crescere il livello della beta-amiloide nel cervello e che il meccanismo di questo aumento consiste nella sovrapproduzione piuttosto che nell’eliminazione di questa proteina”, dice Brendan P. Lucey della Washington University School of Medicine di St. Louis, nel Missouri.
 
“Il nostro studio non esclude meccanismi di clearance, ma la produzione di beta-amiloide è il fattore necessario e critico che porta a un aumento dei livelli di questa sostanza durante la veglia prolungata”. Studi recenti hanno suggerito che il sonno potrebbe essere un modulatore della patologia della malattia di Alzheimer, ma fino ad ora non era chiaro se il sonno alterasse la produzione o la clearance dell’amiloide beta o entrambi.
 
Lo studio
Lucey e colleghi hanno raccolto campioni di Csf in serie per misurare la cinetica dell’amiloide beta durante 36 ore di deprivazione del sonno, sonno indotto dal farmaco e sonno normale in 8 partecipanti. Le concentrazioni medie di beta-amiloide 38, 40 e 42 del liquido cerebrospinale durante la notte sono aumentate del 30% rispetto ai livelli basali in soggetti svantaggiati rispetto ai controlli e alle condizioni di sonno indotte dal farmaco.
 
I livelli di beta-amiloide nel Csf non differivano tra il sonno indotto dal farmaco e le normali condizioni di sonno. I rapporti di beta-amiloide 38/40 e 42/40 erano piatti durante il periodo di campionamento per tutti i gruppi, indicando che i peptidi avevano tassi di rotazione frazionale equivalenti. I tassi di rotazione frazionaria e i tempi di ritardo non differivano significativamente tra le varie condizioni, pertanto i ricercatori ipotizzano una mancanza di impatto del pattern del sonno sui processi di clearance globale dei peptidi cerebrali. Poiché il tasso di produzione è direttamente proporzionale alla concentrazione nel loro modello, i ricercatori concludono che i tassi di produzione dell’amiloide durante la notte aumentano del 30% con la privazione del sonno.
 
I commenti
Questo studio, secondo Lucey, si aggiunge ad una letteratura in crescita a sostegno del disturbo del sonno come un importante fattore di rischio per la malattia di Alzheimer e che questo rischio è assai più probabilmente mediato attraverso un meccanismo di produzione della beta-amiloide.
 
“È importante sottolineare che le nostre scoperte – dicono i ricercatori -non mostrano che il trattamento dei disturbi del sonno altererà il rischio futuro di demenza di Alzheimer”.
 

Fonte: Ann Neurol

Will Boggs

(Versione italiana Qutidiano Sanità/Popular Science)


16 gennaio 2018
© Riproduzione riservata

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