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Obbligo vaccinale. Il Tar Lazio respinge il ricorso del Codacons contro la legge


Dichiarato in parte inammissibile e in parte respinto il ricorso al Tar con il quale il Codacons contestava gli atti ministeriali adottati in attuazione del decreto legge sull'obbligo vaccinale. Le contestazioni alle circolari attuative, tra le altri, quella sul termine ultimo entro cui presentare la documentazione di avvenuta vaccinazione, quella della trasformazione da facoltative in obbligatorie di alcune vaccinazioni, quella che introduce misure sanzionatorie, sono state ritenute "prive di consistenza", e quindi respinte. LA SENTENZA

16 MAR - È stato dichiarato in parte inammissibile e in parte respinto il ricorso al Tar con il quale il Codacons contestava gli atti ministeriali adottati in attuazione del decreto legge sull'obbligo vaccinale. L'associazione lamentava, tra l'altro, il superamento della distinzione tra vaccini obbligatori e raccomandati, la definizione della vaccinazione come requisito di accesso per i servizi educativi per l'infanzia e per le scuole dell'infanzia, l'introduzione di sanzioni nel caso di mancata vaccinazione e la mancata previsione di esami prevaccinali.
 
Per il Tar, è inammissibile l'impugnativa degli atti di proposta del Consiglio dei Ministri nonché gli atti istruttori presupposti al decreto vaccini, "trattandosi di atti di natura politica, pacificamente sottratti alla giurisdizione del giudice amministrativo". Cosa diversa per quanto riguarda le contestate circolari attuative che sono state ritenute prive di consistenza, e quindi respinte.
 
Per quanto riguarda la tempistica, il Codacons lamentava che il termine dell’11 settembre 2017 entro cui presentare la documentazione attestante l’avvenuta vaccinazione dei minori, era eccessivamente ristretto in considerazione della posizione di quei genitori che prima di poter procedere alla vaccinazione "debbono sottoporre i minori alle indagini prevaccinali". Sul punto, il Tar ha sottolineato l'inconsistenza di questa tesi dal momento che la legge stessa ha stabilito un regime transitorio che prevede la possibilità che i genitori rilascino autocertificazioni.
 
In seconda istanza, i ricorrenti lamentavano la trasformazione di molte vaccinazioni, prima soltanto raccomandate, in obbligatorie costringendo i genitori a sottoporre i bambini ad una "dose massiccia di vaccini", con possibili "ripercussioni sulla salute". Sul punto nella sentenza si precisa che il decreto-legge ha solo esteso l’obbligo, già previsto per alcune di esse - antidifterica, antitetanica, antipoliomielitica ed antiepatite virale B -, ad altre vaccinazioni per le quali, già dal 1999, era stata prevista l’offerta gratuita ed attiva alla popolazione. 
 
Passando poi agli esami prevaccinali, i giudici amministrativi ricordano come "né l’Organizzazione Mondiale della Sanità né altre istituzioni di rilevanza scientifica internazionale raccomandano l’effettuazione di test pre-vaccinali e neppure le più importanti società scientifiche europee o americane suggeriscono attualmente test genetici prima di effettuare le vaccinazioni".
 
Il Codacons, inoltre, affermava che il Ministero della Salute, rendendo obbligatori i vaccini anti-morbillo, anti-rosolia, anti-parotite e anti-varicella, non avrebbe preso in considerazione il fatto che per queste patologie, trasmissibili da virus attenuato, è stata dichiarata la possibilità di contagio da parte dei vaccinati nei confronti della collettività. "Nel caso delle vaccinazioni contro il morbillo - si legge nel dispositivo - la parotite e la rosolia, il rischio di contagio non è realistico né è mai stato documentato e che solo per quello della varicella risulta documentato il rischio di essere trasmesso alle persone che si trovano in stretto contatto con un soggetto vaccinato di recente. Anche qui fonte Oms 2012 nove casi in tutto il mondo in circa trenta anni di utilizzo del vaccino".
 
Infine, l'ultimo aspetto della seconda censura riguarda il fatto che, secondo la parte ricorrente, sarebbe stato ignorato il fatto che l’utilizzo della vaccinazione esavalente non risulta approvato dopo i 36 mesi di età e che l’uso del farmaco dopo i 36 mesi ha forti limitazioni, compreso il consenso informato, senza considerare gli effetti collaterali gravi, come messi in risalto da recente letteratura scientifica. Anche questo profilo viene ancora una volta smentito dal Tar laddove si spiega che i vaccini esavalenti attualmente autorizzati e commercializzati nel nostro Paese sono Hexyon, autorizzato a livello europeo dall’Ema il 17.04.2013; Infanrix hexa, autorizzato a livello europeo il 23.10.2000 e Vaxelis, autorizzato a livello europeo il 15.02.2016 e che "nessuno di essi riporta nell’indicazione autorizzativa un limite massimo di età".
 
"Non vi sono evidenze scientifiche che il sistema immunitario più maturo dei bambini più grandi possa rispondere in maniera meno efficiente alla vaccinazione e che i dati di farmacovigilanza disponibili non evidenziano segnali di insicurezza legati alla somministrazione di vaccini in combinazione contenenti antigeni acellulari della pertosse nel caso di bambini fino a dodici anni", si legge ancora nella sentenza.

 Con specifico riferimento poi all’affermazione secondo cui i vaccini possono causare autismo viene definito come "vago" il riferimento a “diversi studi” in specie "se si considera che il riferimento appare effettuato ad articoli su organi di stampa e non basato su evidenze scientifiche, al contrario di quanto contenuto nel Piano vaccini 2017/2019 che reca abbondante bibliografia scientifica nelle note da 9 a 31 e che reca uno specifico paragrafo intitolato 'Gli eventi avversi a vaccino' dove sono analizzate le eventuali reazioni avverse sia in una analisi testuale approfondita".
 
Quanto alla contestazione di sanzioni economiche nel caso del mancato adempimento dell'obbligo vaccinale, viene richiamata la sentenza della Corte Costituzionale dello scorso 18 gennaio laddove si evidenziava come la sanzione pecuniaria sia stata “significativamente ridotta rispetto alla misura prevista nel decreto-legge originario: da un minimo di 100 a un massimo di 500 Euro (in luogo di un minimo di 500 a un massimo di 7.500 Euro)”. Ma soprattutto “Il comma 5 dell'art. 1, recante la segnalazione dell'inadempimento alla procura della repubblica presso il tribunale per i minorenni, è stato soppresso".
 
G.R.

16 marzo 2018
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