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Infezioni urinarie. Nei bambini con catetere non bastano i test per identificarle


Un ampio studio condotto su oltre 2.000 campioni ha evidenziato come i test di coltura delle urine, nei bambini che ricorrono a catetere intermittente, non siano in grado di rilevare tutte le infezioni. Per gli autori è necessario che vengano individuati marker più specifici

05 APR - (Reuters Health) – Nei bambini con vescica neurogena, che richiedono l’inserimento di un catetere intermittente, i batteri della specie enterococcus potrebbero crescere nelle urine senza determinare piuria, tipica delle infezioni batteriche, e senza che i risultati del test dell’esterasi leucocitaria siano positivi. A riferirlo, sulle pagine di Pediatrics, è un team di ricercatori coordinato da Catherine Forster, del Cincinnati Children’s Hospital, secondo il quale, indipendentemente dai risultati delle analisi delle urine, la coltura delle urine dovrebbe essere eseguita su tutti i bambini sintomatici.

Lo studio
Per verificare l’eventuale associzione tra piuria – presenza di materale purulento nelle urine – e il tipo di patogeno a livello urinario nei bambini con cateterismo intermittente, i ricercatori hanno analizzato 2.420 analisi delle urine e i risultati delle colture urinarie nei pazienti pediatrici con vescica neurogena. Forster e colleghi hanno così scoperto che la crescita delle specie di enterococcus a livello delle urine era associata a una probabilità inferiore di sviluppare piuria o di essere positivi al test dell’esterasi leucocitaria, mentre un’infezione da Proteus mirabilis sarebbe associata a maggiori probabilità di piuria microscopica e di avere un risultato positivo al test dell’esterasi leucocitaria. Infine, la presenza del batterio P. aeruginosa sarebbe associata a un aumento della positività del test dell’esterasi, ma non a piuria.

Le evidenze
“Da questi risultati si evince che gli attuali marcatori di infezione del tratto urinario sono insufficienti per diagnosticare la presenza di batteri nelle urine in questa popolazione di pazienti, per i quali dovrebbero essere identificati markers più specifici”, scrivono gli autori.

Fonte: Pediatrics

Reuters Staff

(Versione italiana Quotidiano Sanità/Popular Science)

05 aprile 2018
© Riproduzione riservata

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