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La Società di Scienze Farmacologiche Applicate (Ssfa) diventa Società Italia di Medicina Farmaceutica (Simef)


La Società di Scienze Farmacologiche Apllicate (Ssfa) cambia nome in Società Italiana di Medicina Farmaceutica (Simef). Non solo un cambio nominativo, ma anche una diversa impostazione strategia alla base della decisione. Quando la Società fu fondata, negli anni Sessanta del secolo scorso, non esistevano la sperimentazione clinica, gli studi controllati, i farmacologici si occupavano solo di ricerca preclinica

03 MAG - Lo scorso 10 aprile, durante l’assemblea dei Soci della Società di Scienze Farmacologiche Applicate (Ssfa), a grande maggioranza, è stato approvato il cambio di denominazione sociale: la Ssfa è diventata Simef, Società Italiana di Medicina Farmaceutica. Non è solo un cambio di nome ma anche di strategia e di rapporti con le altre società scientifiche. Ne abbiamo parlato con Marco Romano, presidente di Simef.

“Abbiamo preso questa decisione - spiega Marco Romano, presidente di Simef - dopo averci riflettuto per oltre un anno coinvolgendo il passaggio da un consiglio direttivo all’altro nel corso del 2017. All’inizio c’era qualche consigliere contrario perché la nostra è una società con più di 50 anni di storia; la Ssfa è stata fondata nel 1964 quindi è ben consolidata nella mente (e nel cuore) di chi si occupa di ricerca clinica. Cambiare denominazione vuol dire perdere un brand cui siamo molto affezionati.La Sssfa non risponde più a ciò che siamo adesso, perché dalla sua fondazione ad oggi è cambiato tutto. La società che presiedo è stata fondata da farmacologici che si occupavano di ricerca preclinica prevalentemente nelle  aziende farmaceutiche e provenivano anche dall’accademia. A quei tempi, parliamo degli anni Sessanta, non esisteva ancora la sperimentazione clinica e non c’erano di conseguenza nemmeno le good clinical practice (Gcp) che sono arrivate negli anni Ottanta. Non esistevano gli studi controllati, randomizzati in doppio cieco per cui la Ssfa raccoglieva soltanto farmacologi che si occupavano di ricerca preclinica. Nel corso dei decenni successivi il nome Ssfa è rimasto immutato anche se le cose stavano cambiando completamente; alla fine degli anni 70 e negli anni 80 sono stati introdotti i clinical trials, sono arrivate le Gcp, si è cominciato a fare sperimentazione clinica, che prima non si faceva, e sono emerse nuove figure professionali”.

“Il socio Ssfa - spiega Romano - oggi è qualcuno che opera nella medicina farmaceutica all’interno di aziende medio-grandi o nelle piccole biotech o nelle tante Cro che si sono sviluppare negli ultimi 20 anni. E’ una figura che si occupa esclusivamente di ricerca clinica, di farmaci e/o dispositivi medici una volta che vengono studiati nell’uomo. La medicina farmaceutica include il medical affairs, tutte le figure di tipo medico, ma non solo. Anche i farmacologi e coloro che sono specializzati in varie branche della medicina come onco logia, cardiologia etc e che si occupano di portare nuovi farmaci alla registrazione. Fanno parte anche figure professionali non di tipo medico, come i clinical monitor (Cra), i project manager, chi si occupa di statistica ma anche chi segue gli affari regolatori o la farmacovigilanza; sostanzialmente tutti coloro che lavorano nella medicina farmaceutica al fine di sviluppare nuovi farmaci dalla fase 1, quindi dall’utilizzo nel volontario sano, fino alla fase 3b e alla commercializzazione. Quindi il cambio di nome riflette il profondo mutamento cui è andata incontro la società scientifica e ciò che siamo diventati oggi”.

Si profila anche un cambio strategico in quanto: “Il cambio di nome - prosegue il presidente Simef - dovrebbe facilitare i rapporti con le altre società scientifiche, non tanto quelle storicamente collegate alla Ssfa come Sif, Sitox, Siar, etc. ma soprattutto quelle cliniche. Deve essere chiaro che all’interno di Simef c’è il know how e la storia nel campo della metodologia dei trials clinici. Abbiamo le competenze per essere di supporto ai medici e agli sperimentatori, un ruolo oggi sempre più importante.L’interlocutore obbligatorio quando si parla di ricerca clinica, ora più che mai, dovrebbe essere sempre Simef perché tra gli obiettivi la nostra società ha proprio la formazione - dei giovani, di chi lavora nelle Cro e nelle aziende - ma anche e soprattutto la preparazione dei medici. Questi ultimi, che lavorano negli ospedali e non, devono essere istruiti a fare sperimentazione clinica. Hanno però bisogno di una formazione specifica per fare gli sperimentatori, a maggior ragione considerando l’arrivo a breve del nuovo regolamento europeo, delle specifiche richieste introdotte dal decreto Lorenzin; questa preparazi one potrà essere loro utile per lavorare come sperimentatori nei trials clinici, in tutte le aree terapeutiche, soprattutto in quelle più complicate come l’oncologia o il Snc”.

03 maggio 2018
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