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Nobel Medicina 2018 agli studiosi Allison e Honjo per ricerche su immunoterapia anticancro

di Maria Rita Montebelli

E’ la terapia anti-tumorale del terzo millennio, quella che ha per oggetto i checkpoint immunitari messi fuori uso dal tumore. L’immunoterapia è ormai molto più di una speranza, ma una realtà concreta che ha consentito a molti pazienti affetti da melanoma, tumore del polmone e del rene di sopravvivere ad un destino che sembrava ormai segnato e il premio Nobel per la medicina  2018 è andato, a tempo record, ai due ricercatori che con le loro ricerche pionieristiche hanno permesso questo progresso senza precedenti nella lotta ai tumori

01 OTT - E’ la quarta colonna della terapia anticancro, che si è aggiunta da una manciata di anni alla chemioterapia, alla radioterapia, alla chirurgia. Salutata con un certo scetticismo nei primi tempi, l’immunoterapia si sta rivelando, più che una semplice promessa, una sorprendente storia di successo nella lotta ai tumori.
E il premio Nobel per la fisiologia e la medicina quest’anno è andato proprio a due pionieri delle ricerche sull’immunoterapia: James P. Allison e Tasuku Honjo.
 
Il primo, immunologo all’Anderson Cancer Center dell’Università del Texas (Usa) ha scoperto una proteina (la CTLA-4, alla base del primo immunoterapico arrivato sul mercato, l’ipilimumab) che funziona come un ‘freno’ per il sistema immunitario ed ha avuto l’intuizione geniale che rimuovere questo freno avrebbe significato lasciar libero il sistema immunitario di scatenarsi contro le cellule tumorali. Un concetto tradotto poi in una terapia che viene attualmente utilizzata per trattare varie forme tumorali. Le prime ricerche su CTLA-4 sono degli anni ’90; lo studio clinico che ha dimostrato la grande efficacia di ipilimumab sul melanoma è del 2010.
 
Tasuku Honjo dell’Università di Kyoto, ha invece scoperto una proteina (PD-1), presente sulla superficie delle cellule T, che si è rivelata anch’essa funzionare come una sorta di freno, ma con un diverso meccanismo d’azione. Anche in questo caso, una scoperta epocale che è stata rapidamente tradotta in terapie anti-tumorali di successo. Lo studio clinico che ne ha dimostrato la grande efficacia su tumori in fase metastatica è del 2012.
 
Scoperte fondamentali nella lotta contro il cancro che, grazie al lavoro di questi due ricercatori può avvalersi di nuovi potentissimi farmaci che sfruttano le difese immunitarie dello stesso paziente.
 
Il sistema immunitario ha su tutte una proprietà basilare e fondamentale, quella di riuscire a distinguere il ‘self’ (le cellule dell’organismo) dal ‘non-self’ (batteri, virus e pericoli vari); un ruolo fondamentale a questo riguardo è giocato dai linfociti T, cellule dotate di recettori in grado di legarsi alle strutture ‘non-self’ e di scatenargli contro le difese immunitarie. Per avere una risposta potente è necessario l’intervento di proteine che fungano da ‘acceleratori’ delle cellule T; ma accanto a queste, altri gruppi di ricerca hanno scoperto che esistono anche delle proteine ‘freno’ che bloccando le cellule T impediscono una risposta immunitaria contro il nemico-cancro. Lo stato di salute è contraddistinto da un delicato equilibrio dinamico tra ‘acceleratori’ e ‘freni’; se prevalgono i primi, si rischia la distruzione autoimmune di cellule e tessuti; se a prevalere invece sono i ‘freni’, si rischia di lasciare il tumore padrone del campo.
 
Ed è proprio ai due scopritori dei freni che è andato il premio Nobel per la medicina di quest’anno; un premio assegnato in tempi record se si considera che le prime ricerche su queste proteine ‘freno’ sono degli anni  ’90 e che i trattamenti da queste derivati sono di una manciata di anni fa.
 
Anche l’Italia ha dato un contributo sostanziale alla ricerca clinica sull’immunoterapia con due star mondiali in questo campo,il professor Paolo Ascierto, dell’Istituto Nazionale Tumori, IRCCS Fondazione Pascale di Napoli e  il professor Michele Maio dell’Università di Siena.
 
Maria Rita Montebelli
 
 

 


01 ottobre 2018
© Riproduzione riservata

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