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Trasfusioni: il progresso della ‘medicina senza sangue’ ispirato anche dai Testimoni di Geova

di Maria Rita Montebelli

Mentre ai congressi di chirurgia e di anestesiologia cominciano a comparire gli stand dei Testimoni di Geova e, a livello mondiale, i Testimoni mettono in piedi reti di Servizi di Informazione Sanitaria, esimi chirurghi e anestesisti, si industriano per affinare le tecniche di risparmio del sangue, anche per interventi molto complessi quali trapianti, chirurgia epatica, dissezioni aortiche. E ammettono che questi progressi sono stati in parte ispirati alla necessità di prendersi cura di questi pazienti che rifiutano il ricorso alle trasfusioni.

04 LUG - I testimoni di Geova abbracciano la causa della scienza. Di quella almeno che propone tutta una serie di strategie medico-chirurgiche alternative alle trasfusioni di sangue, che il loro credo religioso non consente di accettare.
 
Partendo da questi presupposti, ha preso dunque le mosse a livello mondiale una rete (in Italia è presente a Roma) di Servizi di Informazione Sanitaria, mentre in alcuni congressi, come quello della SIAARTI (Società Italiana di Anestesia, Analgesia, Rianimazione e Terapia Intensiva) tenutosi lo scorso ottobre a Palermo e a quello delle società scientifiche di chirurgia a Roma, sono spuntati degli stand dei Testimoni di Geova. Obiettivo: fornire e acquisire informazioni aggiornate sulla ‘medicina senza sangue’.
 
Tra le case history, messe in evidenzia, quella del dottor Vincenzo Scuderi che, lo scorso gennaio ha effettuato un intervento in urgenza per una dissecazione aortica su una Testimone, senza ricorrere all’impiego di sangue.
 
La SIAARTI dal canto suo, ha già affrontato con metodo la questione, organizzando un Gruppo di Lavoro per il documento sul rifiuto all’emotrasfusione del Gruppo di Studio per la Bioetica, nel quale vengono delineate delle linee guida per gli anestesisti sull’argomento e dove si ribadisce che ‘il diritto all’autodeterminazione in relazione ai trattamenti sanitari è un diritto fondamentale della persona, garantito dalla Costituzione (art. 2,12 e 32), dalla Dichiarazione Universale dei Diritti dell’Uomo, dalla  Convenzione di Oviedo e dalla Carta dei diritti fondamentali dell’Unione Europea’.
 
Mettere a punto delle tecniche che consentano di risparmiare il ricorso alle trasfusioni ha naturalmente ricadute anche più vaste e importanti che interessano l’intera comunità dei pazienti. “L’esperienza maturata con i Testimoni di Geova – afferma il professor Ugo Boggi, ordinario di chirurgia generale all’Università di Pisa , associato aggiunto di chirurgia generale all’Università di Pittsburg  e presidente eletto della SITO, Società Italiana dei Trapianti d’Organo – ci ha motivati ad affinare le tecniche di risparmio del sangue e di gestione post-operatoria per limitare la necessità del supporto trasfusionale. Un percorso che ha recato benefici a chi aveva espresso il rifiuto alle trasfusione, ma che ha consentito di risparmiare il ricorso alle trasfusioni anche in molti altri pazienti consenzienti”.
 
Il trapianto di fegato è in assoluto quello più complesso e ad elevato rischio di sanguinamento. Eppure in migliaia di casi si riesce ad evitare il ricorso alle trasfusioni, grazie a tecniche di microchirurgia che controllano il sanguinamento vaso per vaso. “Devo ringraziare i Testimoni di Geova – ammette il professor Umberto Cillo, ordinario di chirurgia generale epatobiliare e del centro trapianti di fegato dell’Azienda Ospedaliera di Padova e attuale presidente della SITO – perché ci hanno permesso di aprirci a qualcosa a cui non prestavamo tanta attenzione 10-15 anni fa, cioè al tema del risparmio del sangue”.
 
Secondo fonti dei Testimoni, sono attualmente oltre 5 mila i medici italiani che trattano pazienti Testimoni senza ricorrere alle emotrasfusioni; ogni anno nel nostro Paese sono circa 16 mila invece i pazienti Testimoni trattati con tecniche medico-chirurgiche alternative alle trasfusioni.
 
Maria Rita Montebelli

04 luglio 2019
© Riproduzione riservata

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