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ESC/2 Prevenire l’infarto con gli antibiotici?

di Maria Rita Montebelli

Troppo presto per dirlo (e gli studi condotti finora non hanno dato risultati positivi), ma una ricerca presentata al congresso congiunto ESC/WCC ha riacceso l’interesse sull’argomento. Le placche coronariche degli infartuati contengono batteri pro-infiammatori e il loro microbioma intestinale ha una composizione diversa da quella dei soggetti con angina stabile. La produzione di metaboliti pro-infiammatori da parte di queste popolazioni batteriche potrebbe dunque contribuire a instabilizzare le placche coronariche, a provocarne la rottura e la successiva trombosi, cioè l’infarto. Uno studio di grande interesse che potrebbe inaugurare un nuovo filone di ricerca, mirato alla prevenzione dell’infarto magari anche con un antibiotico.

04 SET - I microbi potrebbero contribuire a rendere instabili le placche coronariche e dunque a provocare un infarto. A suggerirlo è una ricerca italiana presentata a Parigi al congresso della società europea di cardiologia (ESC) e del mondiale di cardiologia.
I batteri che si annidano nelle placche dei soggetti infartuati sono molto diversi da quelli del microbioma intestinale ed hanno una vocazione squisitamente pro-infiammatoria. I soggetti colpiti da sindrome coronarica acuta inoltre presentano una composizione del microbioma intestinale diversa da quella dei pazienti con angina stabile.
 
Sono tanti i fattori che contribuiscono a modellare il sistema immunitario, il metabolismo e la fisiologia cellulare. Tra questi, la dieta, l’inquinamento atmosferico, l’età, l’abitudine al fumo, la terapia farmacologica. Ma la loro azione, come hanno dimostrato ricerche condotte in passato, è mediata dal microbioma intestinale. L’ipotesi di fondo di questa nuova ricerca è dunque che il microbioma dell’intestino possa contribuire a instabilizzare le placche coronariche.
 
Per verificare questa ipotesi, Eugenia Pisano, Giovanna Liuzzo e colleghi dell’Università Cattolica del Sacro Cuore di Roma, hanno arruolato 30 pazienti con sindrome coronarica acuta e 10 soggetti con angina stabile. Di tutti sono stati isolati e analizzati i batteri del microbioma intestinale, da campioni di feci. I batteri delle placche coronariche sono stati invece recuperati, estraendoli dai palloncini utilizzati per l’angioplastica.
Dal confronto tra i batteri dell’intestino e quelli della placca sono emerse popolazioni differenti; i batteri fecali avevano una composizione eterogenea, con una prevalenza di Bacteroides eFirmicutes; le placche coronariche contenevano invece soprattutto microbi con fenotipi pro-infiammatori, appartenenti alle specie dei Proteobacteria e degli Actinobacteria.
Ciò sembra suggerire che i batteri pro-infiammatori, presenti nelle placche aterosclerotiche coronariche potrebbero scatenare a questo livello una risposta infiammatoria e la rottura della placca.
 
Notevoli le differenze di composizione del microbiota intestinale tra i soggetti con sindrome coronarica acuta e quelli con angina stabile; nei primi prevalgono Firmicutes, Fusobacteria e Actinobacteria; nei secondiBacteroides e Proteobacteria. “Le diverse sostanze chimiche prodotte da questi batteri – riflette la dottoressa Pisano – potrebbero influenzare l’instabilizzazione della placca e giocare un ruolo nell’infarto che ne consegue. Almeno in un sottogruppo di pazienti, alcuni trigger infettivi potrebbero giocare un ruolo diretto nella instabilizzazione della placca. Il microbiota dell’intestino e delle placche potrebbero avere un ruolo patogenetico nel processo di instabilizzazione della placca e potrebbe dunque rivelarsi un target terapeutico. Sarà necessario verificare con ulteriori studi se questi metaboliti batterici possano influenzare la stabilità delle placche e se una terapia antibiotica sia realmente in grado prevenire un attacco cardiaco, almeno in alcuni pazienti.”.
 
Maria Rita Montebelli

04 settembre 2019
© Riproduzione riservata

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