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Bevande zuccherate e rischio di morte prematura, c’è un legame

di Linda Carroll

Un ampio studio coreano, che ha valutato oltre 400 mila adulti, ha registrato una correlazione tra consumo di analcolici e bevande zuccherate e l’aumento del rischio di morte prematura. Tuttavia, avvertono i ricercatori, vi sono altri fattori che potrebbero celarsi dietro l’associazione osservata

05 SET - (Reuters Health) –Le bevande analcoliche, addolcite con zucchero o dolcificanti artificiali, possono aumentare il rischio di morte prematura. Stando a quanto riportato online il 3 settembre su JAMA Internal Medicine, in uno studio che ha seguito più di 400.000 adulti europei per oltre 16 anni il rischio di morte prematura è risultato aumentato in chi consumava due o più bicchieri al giorno di analcolici.
 
“I nostri risultati sulle bevande analcoliche zuccherate forniscono un ulteriore supporto alla limitazione del consumo e alla loro sostituzione con altre bevande più salutari, preferibilmente acqua”, dice il coautore dello studio Neil Murphy, ricercatore presso la International Agency for Research on Cancer. “Per gli analcolici addolciti artificialmente, abbiamo bisogno di comprendere meglio i meccanismi che potrebbero essere alla base di questo legame e si spera che ricerche come la nostra stimoleranno questi sforzi”.

“Di per sé, le bevande analcoliche potrebbero non essere alla radice dell’associazione”, precisa Murphy. “I nuovi risultati non intendono dire che gli analcolici causano il decesso precoce, perché “in questi tipi di studi (epidemiologia osservazionale) vi sono altri fattori che potrebbero celarsi dietro l’associazione osservata”, prosegue il ricercatore. “Ad esempio, un elevato consumo di analcolici potrebbe essere un indicatore di un’alimentazione non salutare nel suo complesso”.

Lo studio. 
Per osservare più da vicino un possibile legame tra bevande analcoliche e mortalità prematura, Murphy e colleghi sono ricorsi ai dati della European Prospective Investigation into Cancer and Nutrition, uno studio multinazionale che ha reclutato partecipanti dal 1992 al 2000. Lo studio ha valutato l’alimentazione, incluso il consumo di bevande analcoliche, all’inizio del periodo di osservazione. I partecipanti hanno anche compilato questionari con domande su fattori come livello di istruzione, fumo, consumo di alcool e attività fisica.
Dopo l’esclusione di partecipanti con patologie pregresse come tumori, cardiopatie e diabete all’inizio dello studio, e di quelli che non avevano fornito dati sul consumo di analcolici, i ricercatori hanno valutato 451.743 soggetti, che hanno partecipato allo studio per una media di 16,4 anni. L’età media all’inizio era 51 anni. Durante lo studio, 41.693 partecipanti sono deceduti.

Le evidenze
. Quando i ricercatori hanno analizzato i dati, considerando i fattori in grado di aumentare il rischio di decesso, come indice di massa corporea e fumo, hanno scoperto che coloro che avevano bevuto due o più bicchieri di bevande analcoliche al giorno mostravano il 17% in più delle probabilità di morire precocemente rispetto a quelli che avevano consumato meno di un drink analcolico al mese.

Chi aveva consumato due o più bicchieri di analcolici addolciti con zucchero al giorno presentava l’8% in più delle probabilità di morire precocemente rispetto a chi aveva bevuto meno di un bicchiere al mese e chi aveva consumato due o più bicchieri di analcolici con dolcificanti artificiali aveva il 26% in più delle probabilità di morire prematuramente rispetto a chi ne aveva bevuto meno di un bicchiere al mese. I ricercatori riconoscono che vi erano differenze tra i due gruppi che andavano al di là del consumo di analcolici.

“I grandi consumatori di analcolici avevano BMI più alti ed erano in gran parte fumatori”, sottolinea Murphy. “Abbiamo effettuato aggiustamenti statistici nelle nostre analisi per BMI, abitudini di fumo e altri fattori di rischio per mortalità che potrebbero aver falsato i risultati e le associazioni positive sono rimaste. Tuttavia, non possiamo escludere che questi fattori abbiano influenzato i risultati, quindi non possiamo affermare che le associazioni che osserviamo siano causali”.

Fonte: JAMA Internal Medicine 2019
 

Linda Carroll
 

(Versione italiana Quotidiano Sanità/Popular Science)

05 settembre 2019
© Riproduzione riservata

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