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EASD/ Alcuni lavori triplicano il rischio di sviluppare diabete tipo 2

di Maria Rita Montebelli

Uno studio svedese dimostra che in alcune categorie lavorative  il rischio di diabete è triplicato rispetto alla popolazione generale. Ad alto rischio gli impiegati dell’industria manifatturiera, dei servizi di pulizie, gli autisti e le aiuto-cuoche. Ma ci sono casi in cui il lavoro sembra proteggere da questo rischio. E’ il caso di professori universitari, architetti e ingegneri civili tra gli uomini; fisioterapiste, igieniste dentali, scrittrici, creative e artiste tra le donne. Elementi da considerare per strutturare interventi di prevenzione mirati sul posto di lavoro. Ma anche da tener presenti quando si pensi di estendere l’età lavorativa. Il pensionamento ritardato per alcuni lavoratori potrebbe rappresentare un vero fattore di rischio

19 SET - Anche il lavoro può rappresentare un importante fattore di rischio per diabete di tipo 2. A rivelarlo è uno studio del Karolinska Institutet di Stoccolma presentato a Barcellona al congresso dell’EASD e pubblicato in contemporanea sulla rivista Diabetologia.  Il rischio è aumentato per i lavoratori dell’industria manifatturiera, per quelli del settore delle pulizie e dei trasporti. Loro rischiano il diabete tre volte di più rispetto ad altre categorie di lavoratori, quali fisioterapisti e professori universitari.
Le differenze di rischio sarebbero apparentemente legate, secondo gli autori, ad uno stile di vita sbagliato, che potrebbe essere corretto attraverso interventi mirati sul posto di lavoro, volti a ridurre il peso e ad aumentare il livello di attività fisica.
 
Studi precedenti avevano imputato l’aumento di rischio di diabete ad un basso livello socio-economico, ma fino alla pubblicazione di questa ricerca si sapeva veramente poco del ruolo svolto dall’attività lavorativa come fattore di rischio. “Inostro studio – afferma Sofia Carlsson, Institute of Environmental Medicine, Karolinska Institutet, Stoccolma – è andato a valutare l’esistenza di possibili associazioni tra rischio di diabete di tipo 2 e i 30 lavori più comuni”.
 
Attingendo ai dati dello Swedish Total Population Register, gli autori dello studio hanno individuato tutti gli svedesi nati tra il 1937 e il 1979. Quelli in attività lavorativa tra il 2001 e il 2013 e per almeno due anni consecutivi (4.550.892 soggetti) sono stati utilizzati come popolazione da studiare.
Sono stati quindi registrati tutti i nuovi casi di diabete (201.717, dai 35 anni in su) comparsi nell’arco di un follow up dal 2006 a fine 2015 (utilizzando i National Patient and Prescribed Drug Registers). Le informazioni su peso, altezza, livello di fitness e fumo sono state desunte dai registri militari (per gli uomini) e dal quelli delle nascite per le donne.
 
Lo studio ha rivelato la presenza di differenze importanti tra i diversi gruppi di lavoratori. La prevalenza complessiva di diabete nella popolazione svedese attiva da un punto di vista lavorativo nel 2013 è risultata del 4,2% (5,2% tra i maschi, 3,2% tra le femmine), con grandi differenze a seconda del lavoro svolto: 7,8% tra i lavoratori dell’industria manifatturiera, 8,8% tra gli autisti contro il 2,5% degli informatici. Per quanto riguarda le donne, l’incidenza più elevata di diabete è stata registrata tra le lavoratrici dell’industria manifatturiera (6,4%), tra le aiuto-cuoche (5,5%) e le impiegate nei servizi di pulizia (5,1%); la prevalenza più bassa è stata riscontrata tra le manager specializzate.
 
L’incidenza, come prevedibile, è risultata in generale più elevata tra gli over-55; in particolare, in questa fascia d’età la prevalenza del diabete è risultata del 14,9% per i lavoratori dell’industria manifatturiera, del 14,2% tra gli autisti di motoveicoli e del 13,1% tra gli impiegati d’ufficio. Per quanto riguarda le donne over 55, la prevalenza di diabete più elevata si conferma quella delle lavoratrici dell’industria manifatturiera (10,7%), delle aiuto-cuoche (8,7%) e le impiegate nei servizi di pulizia (8,3%).
 
Le categorie lavorative a minor rischio di diabete sono risultate essere tra i maschi quelle dei professori universitari, architetti e ingegneri civili. Tra le donne, fisioterapiste, igieniste dentali, scrittrici, creative e le artiste sono risultate quelle a più basso rischio.
 
Ulteriori analisi hanno rivelato che, rispetto alla popolazione svedese generale, i lavoratori dell’industria manifatturiera presentano un aumento del 49% del rischio di sviluppare diabete, mentre per le lavoratrici di questa categoria l’aumento del rischio arriva all’80%. I professori universitari e di college hanno invece un rischio di diabete ridotto del 46%; per fisioterapiste e igieniste dentali la riduzione del rischio è simile, dell’ordine del 45%.
 
L’analisi dei dati raccolti ha mostrato la presenza di una significativa associazione tra indice di massa corporea (BMI) e incidenza di diabete di tipo 2 in entrambi i sessi. “I soggetti impiegati in lavori a maggior rischio di diabete – commentano gli autori – presentano una diversa prevalenza dei fattori di rischio legati allo stile di vita, rispetto al resto della popolazione: sono spesso in sovrappeso, sedentari e fumano “.
 
Si conferma anche l’associazione tra basso livello socio-economico e diabete di tipo 2, ma il tipo di attività lavorativa emerge come un indicatore di rischio di diabete molto più specifico. E lo diventa sempre di più man mano che l’età lavorativa sale. “Questo – commentano gli autori, potrebbe diventare un problema serio soprattutto in quelle nazioni che spostano sempre più avanti l’età della pensione. Da una parte, almeno per alcune attività, aumenta il peso del lavoro come fattore di rischio, dall’altra il diabete potrebbe ostacolare il prolungamento dell’età lavorativa.
 
Il tipo di lavoro svolto insomma potrebbe essere utilizzato come indicatore di rischio per il diabete di tipo 2 e per individuare gruppi di lavoratori ai quali indirizzarsi con interventi mirati. Gli autori sperano che questo studio possa ispirare i datori di lavoro ad implementare dei programmi di prevenzione tagliati su misura per la loro forza lavoro.
 
Maria Rita Montebelli

19 settembre 2019
© Riproduzione riservata

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