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Cardiologia. A Verona, per la prima volta in Italia procedura “valve-in-valve” con tecnica “Basilica”


La tecnica pionieristica Bioprosthetic or native Aortic Scallop Intentional Laceration to prevent Iatrogenic Coronary Artery obstruction, eseguita da circa un anno nei centri a più alto volume degli Stati Uniti, è in grado di minimizzare sensibilmente il rischio di occlusione coronarica, la più grave complicanza dell’intervento di Tavi. L'intervento eseguito all'Ospedale Azienda ospedaliera universitaria veronese di Borgo Trento.

23 SET - Il team multidisciplinare di Cardiologi, Anestesisti e Cardiochirurghi dell’Azienda Ospedaliera Universitaria Integrata di Verona, guidato da Flavio Luciano Ribichini, Direttore dell’ Unità Operativa Complessa di Cardiologia dell’Azienda, ha eseguito per la prima volta in Italia presso il Polo Chirurgico dell’Ospedale di Borgo Trento, una procedura di TAVI “valve-in-valve” con tecnica Basilica (Bioprosthetic or native Aortic Scallop Intentional Laceration to prevent Iatrogenic Coronary Artery obstruction) su un paziente di 81 anni che aveva già precedentemente subito due interventi cardiochirurgici ed era ad altissimo rischio di complicanze.
 
L’intervento, eseguito l’11 settembre, è stato portato a termine con successo e senza complicanze dall’Heart Team guidato da Ribichini, coadiuvato da Gabriele Pesarini e l’anestesista Leonardo Gottin.
 
Il decorso post-operatorio, nonostante la complessità dell’intervento, è stato limitato a 48 ore con dimissione precoce direttamente a casa del malato il giorno 13 settembre. Infatti, data la minima invasività dell’intervento trans-catetere, il paziente può mobilizzarsi già il giorno successivo, riprendendo una vita normale senza bisogno di lunghi periodi di recupero post-operatorio o di riabilitazione post dimissione.
 
La cardiologia di Verona è uno dei centri Italiani a più alto volume per le procedure di sostituzione valvolare, sia chirurgica che endovascolare, e gode di un riconosciuto prestigio internazionale oggi ulteriormente confermato da questo nuovo traguardo.
 
“Il successo della nostra attività – ha commentato Ribichini che ha effettuato la procedura – è testimoniato dalla continua crescita della nostra casistica composta da pazienti di tutto il Veneto e da altre Regioni che si recano a Verona per farsi curare. Questo è il risultato di un’enorme esperienza fondata nel lavoro di gruppo, l’alta qualificazione dei professionisti integranti l’Heart Team, il confronto continuo con i centri Europei di più alto livello con i quali collaboriamo, e uno stretto registro di controllo di qualità condiviso anche con la Regione Veneto, un’eccellenza in Italia per quanto riguarda efficienza, organizzazione, oltre che qualità e accessibilità delle cure”. 
 
Il trattamento delle malattie della valvola aortica è possibile, da circa 10 anni, tramite l’impianto di una protesi per via endovascolare in anestesia locale attraverso un approccio mini-invasivo dall’inguine del paziente. Questa procedura, denominata TAVI transfemorale, costituisce un’opzione scientificamente consolidata alla tradizionale chirurgia a cuore aperto. Tuttavia, è noto che le bioprotesi chirurgiche vanno incontro negli anni a fenomeni degenerativi strutturali che richiedono la sostituzione delle stesse. Un’alternativa ragionevole al reintervento chirurgico standard, in particolare in pazienti anziani ad alto rischio di complicanze, è rappresentata dal posizionamento di una nuova valvola biologica all’interno della bioprotesi degenerata con la stessa tecnica TAVI, attraverso una procedura denominata “valve-in-valve”.
 
La vecchia protesi degenerata viene così “schiacciata” contro le pareti dell’aorta dalla nuova valvola protesica biologica aortica che viene posizionata al suo interno. Una possibile, sebbene poco frequente, complicanza della procedura “valve-in-valve” consiste nell’interferenza dei lembi originari della bioprotesi degenerata con l’anatomia del paziente che potrebbe comportare una riduzione dell’afflusso di sangue o addirittura l’occlusione delle arterie coronariche con conseguente rischio per il paziente.
 
Per ovviare a questa severa complicanza è stata recentemente inventata negli Usa la tecnica pioneristica Basilica che prevede la lacerazione intenzionale per via endoscopica dei lembi della bioprotesi degenerata al fine di impedirne l’ingombro nell’anatomia del paziente e il successivo impianto di una valvola con procedura “valve-in-valve” minimizzando sensibilmente il rischio di occlusione coronarica, come grave complicanza dell’intervento di TAVI

23 settembre 2019
© Riproduzione riservata

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