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Cannabis terapeutica: l’efficacia sui disturbi mentali è ancora da dimostrare

di Camilla de Fazio

È stato suggerito che i cannabinoidi potessero svolgere un ruolo terapeutico nei pazienti affetti da disordini psichiatrici. Un’analisi di oltre 80 ricerche scientifiche mostra invece che non ci sono abbastanza prove a supporto dell’azione terapeutica del THC nel trattare i sintomi di malattie mentali.

18 NOV - Secondo una meta-analisi condotta da un gruppo di ricercatori australiani e pubblicata sulla rivista The Lancet Psychiatry, sono necessari ulteriori studi clinici prima di approvare l’uso di medicinali a base di cannabinoidi per il trattamento di disturbi mentali. Sembra infatti che le ricerche condotte finora non abbiano dimostrato l’efficacia del THC e del CBD nel ridurre i sintomi psichiatrici ed anzi, a volte queste molecole sembrano aggravarli.
 
I ricercatori hanno analizzato 83 ricerche per un totale di 3.000 partecipanti. Gli studi, pubblicati e non, sono stati condotti tra il 1980 e il 2018, di questi 40 erano trial controllati randomizzati. L’obiettivo era di valutare l’impatto dei cannabinoidi su sei condizioni mentali: depressione (42 studi), ansia (31 studi), disturbo da deficit di attenzione/iperattività (3 studi), sindrome di Tourette (8 studi), disturbo da stress post-traumatico (12 studi) o psicosi (11).
 
La maggior parte degli studi che fornivano dati su ansia e depressione, erano in realtà condotti per valutare l’efficacia del THC, da solo o combinato con il CBD, su altre condizioni patologiche, come la sclerosi multipla. Queste ricerche suggeriscono che la somministrazione di THC sia associata ad un miglioramento dei sintomi di ansia e depressione, ma, come osservano gli autori, questo risultato potrebbe essere dovuto a un miglioramento delle condizioni mediche del paziente. Occorrono dunque ulteriori ricerche che valutino l’effetto dei cannabinoidi esclusivamente su ansia e depressione.
 
Il THC terapeutico sembra invece peggiorare i sintomi psicotici negativi e non avere nessun effetto sulle altre condizioni mentali esaminate, se comparato al placebo. “I medici e i consumatori dovrebbero essere avvertiti della scarsa quantità e qualità delle prove a supporto dell’efficacia dei cannabinoidi nel trattamento dei disturbi mentali e dei potenziali rischi di effetti collaterali”, ha commentato la Professoressa Louisa Degenhardt, del National Drug and Alcohol Research Centre di Sydney, autrice principale della pubblicazione. E ha aggiunto: “fino a quando non saranno disponibili prove da studi randomizzati controllati, non è possibile elaborare linee guida cliniche sull’uso dei cannabinoidi nei disturbi di salute mentale”.
 
Camilla de Fazio

18 novembre 2019
© Riproduzione riservata

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