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Farmaci: la trasparenza è la regola. Corte Ue: “Documenti aziende, consegnati all’Ema per l’Aic, devono essere accessibili a tutti”


I giudici hanno confermato il principio che la trasparenza dev’essere la regola e hanno respinto i ricorsi di due aziende contro le decisioni di Ema che aveva consentito l’accesso a documenti contenenti informazioni presentate nell’ambito del procedimento relativo a domande di AIC di medicinali. “Un’opposizione all’accesso deve fornire spiegazioni circa la natura, l’oggetto e la portata dei dati la cui divulgazione arrecherebbe pregiudizio agli interessi commerciali”. LE SENTENZE

27 GEN - La Corte conferma il diritto di accesso ai documenti contenuti nel fascicolo di una domanda di autorizzazione all’immissione in commercio dei medicinali. È quanto ha stabilito la Corte di Giustizia europea nelle sentenze PTC Therapeutics International/EMA (C-175/18 P) e MSD Animal Health Innovation e Intervet International/EMA (C-178/18 P), pronunciate il 22 gennaio 2020.
 
La Corte di giustizia ha ribadito in sostanza il principio del più ampio accesso pubblico possibile ai documenti detenuti da istituzioni, organi, uffici e agenzie dell'Unione. Un'eccezione a tale principio può essere applicata per la tutela degli interessi commerciali solo se è dimostrato dal titolare / richiedente dell'autorizzazione all'immissione in commercio che la divulgazione di documenti comporterebbe il rischio di un danno concreto agli interessi commerciali delle persone interessate. La Corte di giustizia ha concordato con l'EMA che tale danno non è stato stabilito in relazione alla divulgazione dello studio clinico e delle relazioni tossicologiche in gioco. I giudici hanno confermato che la trasparenza deve essere la regola e che le eccezioni devono essere applicate e interpretate in modo restrittivo.
 
Il caso. La Corte è stata chiamata ad esaminare, per la prima volta, la questione dell’accesso ai documenti dell’Unione europea presentati nell’ambito di domande di autorizzazione all’immissione in commercio (in prosieguo: l’«AIC»). In tale occasione, essa ha respinto le impugnazioni proposte, da un lato, dalla PTC Therapeutics International e, dall’altro, dalla MSD Animal Health Innovation e dall’Intervet International avverso le sentenze del Tribunale che avevano respinto i loro ricorsi diretti all’annullamento delle decisioni con le quali l’Agenzia europea per i medicinali (EMA) aveva concesso l’accesso a documenti contenenti informazioni presentate nell’ambito del procedimento relativo a domande di AIC dei medicinali.
 
Entrambe le cause vertono sulla legittimità delle decisioni dell’EMA di concedere, in forza del regolamento n. 1049/2001 3 , l’accesso a vari documenti, ossia a talune relazioni su esperimenti tossicologici e a una relazione sulla sperimentazione clinica (in prosieguo: le «relazioni controverse»), presentate dalle ricorrenti nell’ambito delle loro domande di AIC riguardanti due medicinali, uno per uso umano (causa C-175/18 P) e l’altro per uso veterinario (causa C-178/18 P). Nella specie, dopo aver autorizzato l’immissione in commercio di detti medicinali, l’EMA ha deciso di divulgare a terzi il contenuto di tali relazioni, salvo alcuni omissis. Contrariamente alle ricorrenti, le quali sostenevano che tali relazioni dovevano beneficiare di una presunzione di riservatezza nel loro complesso, l’EMA riteneva che, ad esclusione delle informazioni già occultate, dette relazioni non avessero carattere riservato.
 
Per la Corte il ricorso a una presunzione generale di riservatezza costituisce soltanto una mera facoltà per l’istituzione, l’organo o l’organismo interessato, il quale conserva sempre la possibilità di procedere a un esame concreto e individuale dei documenti di cui trattasi per determinare se, in tutto o in parte, questi siano tutelati da una o più eccezioni previste all’articolo 4 del regolamento n. 1049/2001. Di conseguenza, la Corte ha respinto il motivo di impugnazione delle ricorrenti secondo cui le relazioni controverse beneficiavano di una presunzione generale di riservatezza, rilevando che l’EMA non aveva l’obbligo di applicare una siffatta presunzione a tali relazioni e che essa aveva effettuato un esame concreto e individuale delle stesse, il quale l’aveva condotta a occultarne taluni passaggi.
 
Inoltre, la Corte ha dichiarato che l’esistenza di un rischio di uso improprio dei dati contenuti in un documento al quale è richiesto l’accesso deve essere dimostrata e che una semplice affermazione non suffragata relativa a un rischio generico di un siffatto uso non può condurre a ritenere che tali dati rientrino nell’eccezione relativa alla tutela degli interessi commerciali, in assenza di qualsiasi altra precisazione, fornita dalla persona che chiede l’applicazione di tale eccezione, prima che l’istituzione, l’organo o l’organismo in questione adotti una decisione al riguardo, circa la natura, l’oggetto e la portata di detti dati, che possa fornire lumi al giudice dell’Unione sul modo in cui la loro divulgazione sarebbe idonea ad arrecare concretamente pregiudizio in modo ragionevolmente prevedibile agli interessi commerciali delle persone interessate dai medesimi dati.
 
Infine, la Corte è giunta alla conclusione, confermando il ragionamento seguito dal Tribunale dell’Unione europea, che i passaggi delle relazioni controverse che erano stati divulgati non costituivano dati che potevano rientrare nell’eccezione relativa alla tutela degli interessi commerciali.
 
Il commento dell’Ema.
“La trasparenza è una caratteristica importante delle operazioni dell'Agenzia. Accogliamo con favore le sentenze odierne e continueremo a lavorare per garantire la trasparenza dei medicinali nell'UE, nell'interesse dei pazienti e della salute pubblica ", ha affermato Guido Rasi, direttore esecutivo dell'EMA. "Vorrei ringraziare tutte le istituzioni dell'UE e le parti interessate esterne che hanno approvato pubblicamente le nostre politiche, nonché il nostro personale che ha difeso il nostro approccio alla trasparenza negli ultimi otto anni".

27 gennaio 2020
© Riproduzione riservata

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