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Mieloma multiplo. Trapianto autologo terapia più efficace per i pazienti giovani con diagnosi precoce. Una ricerca italia su Lancet Haematologya. A colloquio con Angelo Palmas

di Elisabetta Caredda

L’obiettivo dello studio era confrontare l’utilizzo della chemioterapia ad alte dosi e il successivo trapianto autologo con l’impiego combinato di chemioterapia convenzionale con dei farmaci di nuova generazione. “Dallo studio è stato riscontrato che la chemioterapia ad alte dosi con trapianto autologo di cellule staminali, e quindi la strategia terapeutica standard, consente un più duraturo controllo della malattia nel tempo e con risposte di alta qualità rispetto a terapie di intensificazione con farmaci di nuova generazione”, spiega Palmas, direttore dell’ematologia del San Francesco di Nuoro e coautore dello studio. LO STUDIO

07 MAG - Il trapianto autologo di cellule staminali ematopoietiche continua ad essere la migliore terapia standard per il paziente giovane affetto da mieloma multiplo, in particolar modo all’inizio della malattia. Lo dimostra uno studio scientifico pubblicato su The Lancet Haematologya a fine aprile, che vede tra gli autori anche l’ematologo Angelo Palmas, Direttore dell’ematologia del San Francesco di Nuoro.

“Questa attività di ricerca - spiega Palmas al nostro giornale - è stata condotta a livello internazionale nel contesto dell’European Myeloma Network (EMN) che utilizza il protocollo EMN02/HO95MM, ed ha previsto uno studio di fase 3, randomizzato, multicentrico ed open-label, ossia “in aperto”, in cui il paziente partecipe alla fase sperimentale era a conoscenza della terapia di somministrazione. Il progetto, a partire da febbraio 2011 ad aprile 2014, ha visto il reclutamento di oltre 1500 pazienti e la partecipazione di 15 paesi europei e 57 centri ematologici italiani”.

L’obiettivo di questo studio è stato quello di analizzare se la strategia terapeutica basata sull’utilizzo della chemioterapia ad alte dosi e il successivo trapianto autologo di cellule staminali ematopoietiche possa continuare ad essere considerata lo standard più efficace per i pazienti con mieloma multiplo all’inizio della malattia, di età inferiore ai 65 anni, o se l’impiego combinato di chemioterapia convenzionale con dei farmaci di nuova generazione possa risultare ancora più efficace.

A mettere in discussione la strategia terapeutica standard è stato infatti proprio l’emergere dell’utilizzo di farmaci di nuova generazione, come gli inibitori mirati della crescita tumorale, ad esempio il bortezomib, ed agenti immunomodulatori, come la Lenalidomide, nella terapia di consolidamento e di preparazione della fase di trapianto di cellule staminali ematopoietiche autologo, nonché come utilizzo nelle terapie di mantenimento. La loro introduzione nel processo del trapianto, si è visto dalla letteratura, ha consentito di migliorare le risposte dell’organismo di pazienti colpiti dal mieloma multiplo e di prolungare la loro sopravvivenza.

Sui risultati del progetto Palmas evidenzia: “In particolar modo, dallo studio è stato riscontrato che la chemioterapia ad alte dosi con trapianto autologo di cellule staminali, e quindi la strategia terapeutica standard, consente un più duraturo controllo della malattia nel tempo e con risposte di alta qualità rispetto a terapie di intensificazione con farmaci di nuova generazione. Ciò è stato rilevato nei pazienti giovani seguiti all’inizio della manifestazione della malattia”.

Per quanto riguarda i pazienti con ricaduta della patologia, l’ematologo aggiunge: “Rispetto a quanto evidenziato dallo studio EMN02, il trattamento del Mieloma può già avvalersi di nuovi farmaci come ad esempio gli anticorpi monoclonali (Daratumumab ed Elotuzumab) e gli inibitori del proteasoma di nuova generazione (Carfilzomib e Ixazomib), ormai utilizzati nella pratica clinica per i pazienti recidivanti e refrattari con ottimi risultati, che prestissimo utilizzeremo in prima linea”.

“A tal proposito – continua il Direttore di ematologia - sono in corso studi randomizzati che utilizzano i nuovi farmaci in combinazione e che potrebbero presto diminuire l’uso del trapianto autologo, almeno in alcune categorie di pazienti, come anche per i pazienti anziani non più candidabili alla chemioterapia ad alte dosi, se si confermassero i risultati soddisfacenti osservati nei pazienti in fase più avanzata di malattia”.

Sull’attività trapiantologica del reparto che dirige all’ospedale del San Francesco di Nuoro, Palmas ci accenna: “Per quanto ci riguarda l’attività di trapianto autologo è iniziata nel 1992, con la guida del dottor Attilio Gabbas. Da allora abbiamo praticato oltre 400 trapianti, e attualmente si praticano una ventina di trapianti all’anno”.

In merito alle eventuali difficoltà riscontrate nelle attività di reparto a causa dell'epidemia di covid-19, l’ematologo spiega: “Si cerca di proseguire l’attività senza penalizzare i pazienti. L’attività di ricovero e trapianti è confermata, con qualche piccolo ritardo nelle prime settimane. Si esegue il Tampone COVID prima di iniziare le chemioterapie. Confermato anche il DH con pre-triage telefonico il giorno prima dell’appuntamento e triage e controlli della TC all’ingresso in ospedale. E’ ridotto l’ambulatorio ma suppliamo con contatti e controllo degli esami praticati dai pazienti via mail e telefono”.
 
Elisabetta Caredda

07 maggio 2020
© Riproduzione riservata

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