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Presenza del SARS-CoV-2 nel liquido seminale: mito o realtà?

di E.Baldi, G.Corona, F.Lombardo

L’analisi approfondita della letteratura esclude la possibilità concreta di una localizzazione virale nel liquido seminale e quindi di problemi correlati ad una trasmissibilità o contaminazione durante il processo di crioconservazione e di fecondazione assistita. Occorre, tuttavia, ricordare che i dati attuali sono condotti su casistiche limitate. È necessaria pertanto la conferma di tali evidenze su un numero maggiore di soggetti

12 GIU - La diffusione pandemica dell’infezione da COVID-19 ha messo a dura prova, negli ultimi mesi, il nostro Paese ed in particolare il Sistema Sanitario Nazionale (SSN). L’ultimo bilancio pubblicato dall’Istituto Superiore di Sanità conta 234.119 casi positivi con oltre 32.000 decessi e un indice di letalità del 13.8%.
 
Nonostante la situazione stia progressivamente migliorando, almeno nel nostro Paese, il virus è ancora presente e le direttive di prevenzione e distanziamento sociale rappresentano strumenti fondamentali per evitare il ritorno ad una situazione di nuovo incremento dei contagi. Sebbene in Europa il quadro sia molto simile, esistono ancora della realtà più complicate come quella che sta vivendo in modo particolare l’America meridionale.
 
Il tutto è reso ancora più difficile dalla mancanza di una terapia antivirale realmente efficace o dall’assenza di un vaccino che giustificano una situazione di incertezza, specie in previsione della stagione autunnale.
 
I dati epidemiologici documentano una netta prevalenza di casi registrati nel sesso maschile quando paragonati a quelli documentati nel sesso femminile. Le ragioni di tale associazione non sono ancora del tutto note ma la presenza di recettori ACE2 (Angiotensin-converting enzyme 2) e in misura più incerta della proteina TMPRSS2 (transmembrane protease serine 2), utilizzati dal virus per la sua internalizzazione cellulare, nel tratto genitale maschile, ed in particolare nei tubuli seminiferi, sulle cellule di Leydig e su quelle del Sertoli, ha spinto i ricercatori ad ipotizzare un possibile coinvolgimento testicolare nella infezione da SARS-CoV-2.
 
In effetti, la barriera testicolare può non rappresentare un ottimale mezzo di contenimento virale, specie in presenza di una localizzazione sistemica e di un processo infiammatorio locale. Complicanze orchitiche sono state riportate per altri coronavirus e dati preliminari confermano un possibile danno testicolare anche legato all’infezione dal SARS-CoV-2.
 
Tali evidenze hanno suscitato grande discussione nella comunità scientifica andrologica internazionale in merito ad un eventuale passaggio del virus nel liquido seminale. Tale possibilità, oltre a costituire una potenziale ulteriore fonte di trasmissione del virus, ha destato particolare allarmismo, specie tra gli operatori coinvolti nella medicina della riproduzione e nella crioconservazione del liquido seminale.
 
In particolare, la crioconservazione del liquido seminale è oramai una pratica consolidata e divenuta di routine nei pazienti oncologici che devono affrontare una terapia con agenti citotossici o una radioterapia che coinvolga il tessuto testicolare nel campo d’irraggiamento. La raccolta del liquido seminale e la sua conservazione in specifiche banche garantiscono a questi pazienti la possibilità di una fertilità futura, attraverso tecniche di fecondazione assistita, che sarebbe per lo più preclusa dopo i trattamenti sopra ricordati.
 
La Società Italiana di Andrologia e Medicina della Sessualità (SIAMS), una delle più autorevoli società internazionali, presieduta dal Dott. Giovanni Corona, ha istituito un gruppo di studio, coordinato dai Prof. Francesco Lombardo, dell’Università “Sapienza” di Roma e Prof.ssa Elisabetta Baldi dell’Università di Firenze per meglio chiarite il tema.
 
I risultati di tale lavoro sono stati oggetto di una pubblicazione sul Journal of Endocrinological Investigation che esprime la posizione ufficiale della nostra Società.
 
Sebbene un articolo pubblicato su JAMA Network Open abbia riportato la presenza del virus in un gruppo di soggetti ricoverati in un centro Covid in Cina, suscitando timori sulla sua possibile trasmissione per via sessuale, l’analisi accurata del lavoro ha portato alla luce una serie di problematiche metodologiche che lo rendono, ad oggi, non completamente attendibile. In sintesi, la ricerca è stata Condotta nell’unico ospedale COVID-19 di Shangqiu e, pur non essendoci alcuna descrizione del Gruppo di studio, è presumibile immaginare che si tratti dei casi più gravi di COVID-19 (gli autori dichiarano di avere escluso dal gruppo di studio 12 soggetti in coma o vicini all’exitus).
 
Tutto ciò po' aver influenzato il risultato, in quanto una forma più severa di patologia potrebbe indicare una più alta carica virale nel sangue e una più alta possibilità di raggiungere altri organi e fluidi biologici, incluso il seme; peraltro questo può portare ad un maggior grado di inquinamento ambientale; infatti, la raccolta del liquido seminale viene effettuata per masturbazione, che non può certo essere considerata una procedura sterile.
 
Vi può, pertanto, essere la possibilità che gli autori abbiano registrato falsi risultati positivi dovuti alla contaminazione con goccioline provenienti dall’apparato respiratorio. Ma un limite ancora più importante di questo lavoro è legato al fatto che la metodologia impiegata per la identificazione del SARS-CoV-2 nel liquido seminale non è specificata e meno che mai dettagliata. Infatti, gli autori dichiarano che hanno impiegato la RT-PCR per identificare l’RNA virale nei tamponi nasali e faringei, ma non dicono nulla sul seme.
 
Noi possiamo solo ipotizzare che abbiano impiegato la stessa metodica, ma come è stato estratto l’RNA virale? Qual è il limite di rivelabilità (limit of detection) (LoD), i geni targets, il cycle threshold (Ct) e i valori di positività del loro metodo? Una real time PCR con un’alta sensibilità (basso LoD), capace di identificare piccolissime quantità di virus, potrebbe spiegare i risultati positivi di questo studio.
 
Pertanto, una descrizione accurata del metodo sarebbe di grandissima importanza in quanto, essendo, ad oggi, l’unico studio che ha rilevato la presenza di SARS-CoV-2 nel liquido seminale, sarebbe importante capire se i loro metodi di estrazione e/o amplificazione siano migliori di quelli impiegati in altri studi che non hanno rilevato la presenza del virus.
 
In conclusione, fino a che i colleghi cinesi non avranno esaurientemente risposto alle domande, l’analisi approfondita della letteratura esclude la possibilità concreta di una localizzazione virale nel liquido seminale e quindi di problemi correlati ad una trasmissibilità o contaminazione durante il processo di crioconservazione e di fecondazione assistita. Occorre, tuttavia, ricordare che i dati attuali sono condotti su casistiche limitate. È necessaria pertanto la conferma di tali evidenze su un numero maggiore di soggetti.
 
Inoltre, la possibile localizzazione testicolare del virus, impone la necessità che tutti i pazienti guariti dopo un’infezione da Sars- Cov2 (COVID-19) siano attentamente monitorati attraverso una valutazione andrologica periodica per escludere un possibile danno testicolare sia sulla fertilità che sulla produzione ormonale.

Elisabetta Baldi
Coordinatrice Commissione Banca del Seme della Società Italiana di Andrologia e Medicina della Sessualità, Professore Associato in Patologia Clinica, Università di Firenze

 
Giovanni Corona
Presidente della Società Italiana di Andrologia e Medicina della Sessualità, Dirigente Medico di Endocrinologia, Ospedale Maggiore-Bellaria di Bologna

 
Francesco Lombardo
Coordinatore Commissione Banca del Seme della Società Italiana di Andrologia e Medicina della Sessualità, Professore Associato in Scienze Tecniche Mediche Applicate, Università di Roma “Sapienza”


12 giugno 2020
© Riproduzione riservata

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