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Forum QS e Popular Science. Ricerca clinica indipendente: dopo l’esperienza Covid un forte appello alla politica perché ne faccia un driver del Paese. Rivedi la puntata di ieri

di Lucia Conti

L’emergenza Covid-19 ha dimostrato la capacità dell’Italia di realizzare studi clinici di qualità, in tempi stretti, grazie alla collaborazione tra Istituzioni, Aifa, centri di ricerca e Industria. Un patrimonio che non va gettato via, secondo Frattini (Fondazione Roche), Martini (Fondazione ReS), Perrone (Irccs Pascale di Napoli), Porrini (Roche), Leonardi (Ministero della Salute), Popoli (Iss), Pinto (Irccs S. Maria Nuova di Reggio Emilia) e Garavaglia (Fondazione Roche), ospiti ieri del forum promosso dal nostro giornale e da Popular Science

24 LUG - L’investimento pubblico ha un proprio ruolo nella produzione degli studi clinici indipendenti, ma raramente da solo è sufficiente a trasferire alla società le potenzialità dei ritrovati scientifici. La collaborazione tra il comparto pubblico e quello privato diviene imprescindibile e un terreno di incontro va costruito, in uno spirito di piena collaborazione e di equilibrio tra i ruoli delle due parti.


Di questo si è parlato ieri nel webinar live National Summit dedicato alla “Ricerca clinica indipendente nell’emergenza pandemica” promosso dalla Sics, la Società italiana di Comunicazione Scientifica e Sanitaria, sui portali Quotidiano Sanità e Popular Science, in collaborazione con la Fondazione Roche. Il tema è stato sviscerato attraverso gli interventi di Francesco Frattini, Segretario Generale Fondazione Roche; Nello Martini, Presidente Fondazione ReS; Francesco Perrone, Responsabile SC Sperimentazioni Cliniche IRCCS Pascale; Anna Maria Porrini, Direttore Medico Roche; Giovanni Leonardi, Direttore Generale Ricerca e Innovazione, Ministero della Salute; Patrizia Popoli, Responsabile Centro Nazionale Ricerca e Valutazione Preclinica e Clinica dei Farmaci, ISS; Carmine Pinto, Direttore SC di Oncologia dell’IRCCS Santa Maria Nuova Reggio Emilia; Mariapia Garavaglia, Presidente Fondazione Roche.

 


Alla base del dibattito l’esperienza Covid-19, che ha dimostrato, tra le altre cose, la capacità del nostro Paese di realizzare studi clinici in un contesto condiviso di collaborazione e di partnership tra le Istituzioni, l’AIFA, i centri di ricerca e l’Industria. L’emergenza, in poche settimane, ha impresso alle metodologie di ricerca, all’accesso ai protocolli e ai dati degli studi un’accelerazione forse impensabile in condizioni di normalità (14 giorni i tempi mediani di approvazione dei protocolli a fronte di un anno nel pre covid). Il tutto senza mettere in discussione la qualità: su 144 progetti presentati, solo 40 sono stati approvati, il 27%. Nessun via libera “a pioggia”, dunque.

In questo contesto, uno degli esempi virtuosi di collaborazione pubblico-privato di cui si è più parlato è senza dubbio quello di Tocivid-19, lo studio multicentrico promosso dall’Istituto Nazionale Tumori, IRCSS, Fondazione G. Pascale di Napoli per valutare efficacia e tollerabilità di tocilizumab (farmaco sviluppato da Roche per l’artrite reumatoide) nel trattamento di pazienti CoViD-19 con polmonite.

Ora, tutta questa esperienza, per i protagonisti del National Summit, non va dimenticata. Bisogna, al contrario, continuare su questa strada. Ma questo, concordano Frattini, Leonardi, Martini, Perrone, Porrini, Popoli, Pinto e Garavaglia, può avvenire solo se la politica e le istituzioni del nostro Paese decideranno, una volta per tutte, di considerare la ricerca clinica un driver del Paese. Attualmente non è certo così. Basti considerare che l’Italia, come illustrato da Nello Martini, è il diciassettesimo paese nel mondo per investimenti in Ricerca e Sviluppo sul Pil, “abbondantemente dopo la Finlandia, l’Islanda, la Slonenia, il Belgio, la Francia…”.

Nel confronto internazionale Martini ha inoltre evidenziato come l’Italia non abbia “una policy” in materia di ricerca. A dimostrarlo anche l’assenza di una Agenzia nazionale sulla ricerca come esiste, invece, “in Francia, Germania, Svezia, Inghilterra e anche in Spagna”. Il presidente della Fondazione ReS ha evidenziato come il Def 2020 in realtà ne preveda l’istituzione, ma si è detto pessimista sulla sua realizzazione. “Non perché non sia una buona idea, ma perché serve una forte volontà politica e istituzionale, stabilità dell’Esecutivo e un progetto di lungo periodo, un ministro che abbia un disegno chiaro, l’avvallo del Parlamento e il tempo necessario per implementarlo. Non mi sembra che vi siano le condizioni”, ha detto Martini.

Eppure, durante il covid, l’Italia si è distinta anche per quanto riguarda la ricerca. “Durante la fase acuta dell’emergenza pandemica - ha osservato il segretario Generale Fondazione Roche - abbiamo visto l'attivazione di studi clinici svolti, come è logico, con urgenza e abbiamo compreso come la collaborazione pubblico-privato sia qualcosa di veramente importante per garantire una ricerca di alta qualità". Per Frattini c'è una cosa da tenere bene a mente: "La distinzione non è tra ricerca profit o non profit, ma tra ricerca di alta qualità e ricerca di bassa qualità. Il mio auspicio è che l’esperienza covid sia stato il punto di partenza per dare un forte impulso alla ricerca, di qualità, nel nostro Paese”.

Alla luce di quando accaduto durante il covid, anche il ministero della Salute si è imposto una riflessione. “Le procedure per i protocolli di ricerca, possono e devono essere più celeri”, ha ammesso Giovanni Leonardi, Direttore Generale Ricerca e Innovazione del Ministero, nell’intervento video trasmesso al Summit. Leonardi ha ricordato come gli studi avviati durante la pandemia siano stati resi possibili da norme speciali ed interventi specifici, ma ha anche evidenziato come già alcuni anni fa, con il progetto “Fast track”, ministero, Aifa, Iss e Regioni, avevano proprio indicato un percorso per rispettare le tempistiche sulle sperimentazioni cliniche. “Fast track era un progetto teorico, ma il covid è stata la dimostrazione pratica che quando tutto il sistema è orientato, le cose si fanno e in tempi celeri”. Il Direttore Generale Ricerca e Innovazione del Ministero ha quindi sottolineato il lavoro in corso con gli Irccs per “creare circoli virtuosi e possibilità di contatto sulle sperimentazione cliniche”.

Proposte per un salto in avanti sono arrivate anche da Nello Martini, che nel suo intervento ha anzitutto sottolineato le risorse oggi a disposizione (“l'incremento di 4,6 mld euro aggiuntivi del Fsn, i 209 mld di Recovery fund e quei 37 mld del Mes che dovrebbero andare alla sanità”): “Una opportunità unica, ma non sufficiente”, le ha definite. “L'Italia deve dimostrare di sapere passare dalle parole ai fatti". E questa, ha detto Marini, "non è una questione scientifica, ma politica e istituzionale”.

Per Martini, l'azione politica dovrebbe quindi concretizzarsi in sei aree di intervento. Anzitutto, “occorre un riassetto normativo del Parlamento che faccia ordine e chiarezza nella legislatura in materia di ricerca e che delinei il progetto di ricerca che il Paese vuole intraprendere”. Per il presidente della Fondazione ReS, inoltre, “non si può pensare che possa esserci un Comitato Etico Unico, come stato durante l’emergenza”, però “si deve poter scegliere, per ciascuna sperimentazione e tra i Comitati etici esistenti, un parere unico che valga e semplifichi il processo”.

La terza proposta di Martini riguarda il ripristino dell’Osservatorio nazionale sui Comitati etici, “rendendo trasparente la composizione dei Comitati, il numero riunioni svolte e di sperimentazioni avviate, offrendo la tracciabilità di ogni singola sperimentazione clinica e creando una rete tra i comitati”. Quindi "riattivare l'Osservatorio nazionale sulle Sperimentazioni cliniche, condividendo informazioni e dati anche allo scopo di capire cosa accade alla ricerca nel sistema paese, quali sperimentazioni si svolgono, su quali aree, con quali possibilità di partnership”.

Infine intervenire sulla questione del conflitto di interessi, “togliendo la discrezionalità ai comitati etici” e “non confondendolo con la disclosure”. Un richiamo, da Martini, anche alla possibilità dell’Aifa di continuare a finanziare la ricerca indipendente con il 5% delle spese per convegni e congressi (“circa 30-40 milioni di euro").

Il Summit è stata quindi l'occasione per ripercorrere l’esperienza dello studio Tocivid-19. "L'idea del progetto è nata intorno al 10 marzo e sono bastati 9 giorni per far partire lo studio: tempi record resi possibili da una collaborazione intensa tra tutti gli attori e gli enti che ruotavano intorno al progetto”, ha raccontato Perrone. In sole due settimane erano 561i centri registrati per la sperimentazione, di due 379 resi attivi con l’invio dei farmaci per il trattamento dei pazienti. "In 22 ore avevamo arruolato 402 pazienti", ha riferito il responsabile SC Sperimentazioni Cliniche del Pascale.

Tutto ha richiesto uno sforzo enormi anche alla Roche, azienda produttrice del farmaco al centro dello studio. “Abbiamo curato gli aspetti logistici per fornire il farmaco nel più breve tempo possibile ai centri, facendo fonte a una difficoltà oggettiva di produzione e distribuzione. Le richieste erano molto alte, parliamo di migliaia di pazienti da trattare. Abbiamo garantito le forniture anche in 24 ore, sabato e domenica compresi”, ha ricordato Anna Maria Porrini, Direttore Medico Roche. Che ha voluto evidenziare l’impegno di tutte le persone coinvolte in questo sforzo, “anche dei colleghi all’estero, in campo per garantire che il farmaco arrivasse in Italia. Un vero e proprio cordone umano, con il paziente al centro di ogni nostro pensiero".

I mesi passati sono stati, per chi ha lavorato al fronte, indubbiamente un tour de force.“Nessuno, neanche il la Cts dell’Aifa, potrebbe reggere lo stress di una attività che continuasse a svolgersi nei tempi e termini che sono stati dettati dall'emergenza”, spiega Patrizia Popoli, responsabile Centro Nazionale Ricerca e Valutazione Preclinica e Clinica dei Farmaci dell’Iss e presidente Commissione Tecnico Scientifica (Cts) che ha seguito il processo di approvazione dello studio tocivid 19. Anche per Popoli, però, qualcosa deve cambiare: “Va messo a punto un team di valutazione, che potrebbe coinvolgere, oltre all’Aifa, anche gli esperti dell’Iss e di altre strutture. Va poi trovato un modello che semplifichi il processo, dalla presentazione di un protocollo fino ad attivazione del centro clinico e all’arruolamento dei pazienti”. Sburocratizzazione, quindi, “ma sempre garantendo i massimi livelli di qualità”.

Popoli ha concordato sul fatto che il presupposto, per questa rivoluzione, sia dato “dall'importanza che vogliamo dare alla ricerca clinica nel nostro Paese. Sappiamo sicuramente, perché il Covid lo ha dimostrato, che la classe accademica è pronta ad entrare in gioco".

Carmine Pinto, Direttore SC di Oncologia dell'IRCCS Santa Maria Nuova di Reggio Emilia, ha quindi auspicato una politica che prenda le redini in mano: "Vorremmo una politica che guidi, e dei tecnici che collaborino”. Per ora, però, la realtà è molto diversa: "Ci sono norme e istituzioni che si sovrappongono, creando difficoltà burocratiche e formali: questa è la quotidianità in Italia".

Pinto ha quindi presentato alcuni dati che evidenziano, tra l’altro, come nel 2018 le imprese abbiamo finanziato la ricerca in Italia per 735 milioni di euro circa contro i 24 milioni messi in campo dal ministero della Salute. “Numeri che non hanno bisogno di essere commentati”, ha osservato il Direttore SC di Oncologia dell'IRCCS Santa Maria Nuova di Reggio Emilia, che ha evidenziato anche l’urgenza di una ripresa degli studi in ambito oncologico: “A causa dell'emergenza Covid il 35% degli studi clinici in campo oncologico sono stati sospesi o ridotti, come emerso da una analisi che abbiamo svolto come Ficog”, Federation of Italian Cooperative Oncology Groups.

Da fare, quindi, c’è molto. Ed è guardando al futuro che Maria Pia Garavaglia, Presidente Fondazione Roche, ha espresso al contempo “conforto e sconforto". “Conforto - ha spiegato - dall’aver visto quante persone sono scese in campo per affrontare lo tsunami covid che ci ha travolto. Tutto quello che ciascuno operatore ha fatto, merita la gratitudine del paese. Ma temo che questo si stia già un po’ dimenticando”.
“Sconforto - ha detto Garavaglia - perché temo che il salto avanti auspicato non si realizzerà”. Per la Presidente della Fondazione Roche questo non significa, però, non si debba tentare: “Occorrerà un forte consenso e una grande azione congiunta tra società, forze sociali, ricercatori, per fare pressioni sul Parlamento per il bene generale a medio e lungo termine. E servirà anche un grande sforzo comunicativo, per ricordare a tutti l’importanza della ricerca e dei ricercatori. Perché la ricerca è il servizio più alto che si possa compiere per la dignità della persona. La ricerca - ha detto Garavaglia - deve essere in cima all’agenda del Governo, perché la salute, le strade, la scuola…tutta la nostra vita ruota intorno alla ricerca. Abbiamo in compito di affiancheggiare ricerca e ricercatori, perché questa è una battaglia per tutti noi”.
 
Lucia Conti


24 luglio 2020
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