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Lipedema. Team di medici italiani isolano primo gene “mutato” 


Michelini (LIO): “È la prova scientifica che il problema non è ‘autodeterminato’ dalle pazienti con i loro comportamenti alimentari e con gli stili di vita condotti”. Giordano (presidente LIO): “L’Italia non possiede linee guida nazionali per il suo trattamento, accelerare ora percorso inserimento malattia nei Lea”

09 SET - Si chiama AKR1C1, è un gene “mutato” ed è stato isolato – per la prima volta - in una famiglia affetta da lipedema primario non sindromico. Un risultato che può essere definito storico, raggiunto grazie al lavoro di un gruppo di medici italiani e di una esperta statunitense, destinato a rivoluzionare la vita di migliaia di donne affette dalla patologia, cronica e invalidante. La scoperta, rilanciata anche dall’International journal of molecular sciences, apre una nuova prospettiva, fornendo un dato incontrovertibile dell’esistenza del lipedema e della sua prima causa.  
 
La malattia. Il lipedema è una patologia genetica, riconosciuta dall’Oms nel 2018, che colpisce il tessuto adiposo sottocutaneo, ma anche il tessuto connettivo, la fascia muscolare e il sistema linfatico e vascolare, spesso confusa con l’obesità indotta dallo stile di vita, con il linfedema e con la cellulite. Si tratta di una patologia cronica, sottostimata, multifattoriale e fortemente disabilitante fisicamente e psicologicamente. Il grasso nel lipedema può essere estremamente doloroso e difficile da perdere attraverso la dieta e l’esercizio fisico. Il grasso fibrotico non si riduce in maniera significativa nemmeno dopo la chirurgia bariatrica.
 
La scoperta. “È un momento ‘magico’, atteso da anni dalla comunità scientifica internazionale e, soprattutto, dalle tante pazienti che da oggi affronteranno il loro percorso diagnostico-terapeutico con più fiducia in sé stesse e nel loro futuro”, afferma il prof. Sandro Michelini – membro del Comitato scientifico della LIO (Lipedema Italia Onlus), presidente dell’Associazione scientifica ITALF (Italian Lymphedema Framework) ed ex presidente di quella europea e della Società Internazionale di Linfologia -, tra gli autori della scoperta del gene del lipedema, insieme, tra gli altri, al genetista Matteo Bertelli, coordinatore scientifico del gruppo di lavoro dell’AssoMagi, ai colleghi Pietro Chiurazzi, Daniele Dell’Orco, Valerio Marini, e a Karen Herbst, che “da anni si interessa con passione e impegno al problema molto diffuso anche nel suo Paese, gli Stati Uniti”. 
 
“La nostra scoperta non deve essere intesa come foriera di un atavico senso di ‘riscatto’, da parte di molte donne, anche giovani, che finora sono state ingiustamente tacciate dal senso comune di molta ‘opinione pubblica’ e, purtroppo, anche da medici ed altri operatori sanitari, di ‘bulimia’, che secondo molti sarebbe la causa del loro stato fisico”, tiene a precisare il prof. Michelini, prima di fare chiarezza: “Oggi la ricerca dà ragione a noi e non a chi credeva che il problema fosse ‘autodeterminato’ dalle pazienti con i loro comportamenti alimentari e con gli stili di vita condotti. In questi soggetti che, in alcuni casi vengono addirittura impropriamente indirizzati alla chirurgia bariatrica (spesso con ulteriori danni fisici e mentali), è la ‘predisposizione genetica’ che determina la manifestazione della malattia. E la prova di ciò è che moltissime pazienti, osservando rigidissime diete, calano moltissimo di peso a livello addominale e toracico ma rimangono quasi invariate a livello degli arti inferiori (ed a volte anche superiori) interessati”. 
 
Linee guida. “L’individuazione del primo gene del lipedema può rappresentare un momento di svolta per tutte noi e potrebbe fornire un nuovo impulso al giusto riconoscimento, da parte delle istituzionali, nei confronti della nostra malattia”, auspica Valeria Giordano, presidente della LIO (Lipedema Italia Onlus). 
 
“L’Italia – spiega - non possiede linee guida nazionali per il suo trattamento e un errore nella classificazione ha comportato che essa fosse lungamente ritenuta una condizione di pertinenza cosmetologica dalla comunità scientifica. Le attuali opportunità di cura nel nostro Paese, costantemente limitate dalla disponibilità economica del paziente, provengono da medici pionieri che lottano da anni al fianco dei pazienti e si sono messi a disposizione dell’associazione per fornire aiuto e assistenza e costruire realtà di presa in carico”. Azione portata avanti “anche interfacciandosi con colleghi internazionali e nazionali per la costituzione di equipe multidisciplinari, ma esercitando la loro professione con la costante frustrazione – sottolinea Giordano - di non poter erogare le cure necessarie a causa dell’assenza della malattia nei Livelli Essenziali di Assistenza. La speranza è che adesso si possa accelerare il percorso, già avviato con il Ministero della Salute e l’Istituto Superiore di Sanità, per il suo inserimento”.

09 settembre 2020
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