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Covid. Reparti di Pneumologia sotto pressione: il 90% accoglie pazienti Covid dimessi dalle Terapie Intensive


Ma meno del 10% di queste unità ha il riconoscimento di terapia sub-intensiva respiratoria. Presentati ieri al Congresso della Società italiana di pneumologia i risultati di un’indagine nazionale. Richeldi: “I reparti di pneumologia proteggono e decongestionano le rianimazioni, ma in molti casi manca il riconoscimento delle terapie subintensive respiratorie”

10 DIC - In prima linea per affrontare la pandemia di Covid-19, i reparti Italiani di Pneumologia sono ora sotto la seconda ondata di contagi. La maggioranza delle pneumologie è occupata da pazienti Covid e il 90% accoglie pazienti dimessi dalle terapie intensive, alleviandone la pressione e garantendo un’assistenza da terapia sub-intensiva respiratoria, senza la quale la metà dei pazienti graverebbe sulle rianimazioni.
 
Tuttavia, meno del 10% di queste unità ha il riconoscimento di terapia sub-intensiva respiratoria: il 43% dei letti ha caratteristiche che lo consentono e il 73% dei pazienti ricoverati è assistito con un supporto respiratorio non invasivo. Ma il rapporto fra medici e pazienti o infermieri e pazienti è come quello di una degenza ordinaria o perfino inferiore di notte e nei festivi, comportando un carico lavorativo enorme sui sanitari.
 
È quanto emerge da un’indagine promossa dalla Società italiana di pneumologia (Sip) nei giorni scorsi nei reparti di pneumologia delle maggiori strutture ospedaliere italiane e presentata ieri al Congresso nazionale aperto da un video-messaggio del Ministro della Salute Roberto Speranza, che ha ringraziato gli pneumologi per il lavoro svolto e sottolineato il ruolo centrale della pneumologia nella gestione della pandemia: “Le proposte della Sip vanno nella giusta direzione, lavoriamo insieme per renderle parte dell’agenda di riforma del Ssn”.

“I reparti di pneumologia sono un argine fondamentale per le rianimazioni e costituiscono la principale via di dimissione dalle terapie intensive – commenta Luca Richeldi, presidente Sip e membro del Cts – hanno dunque un ruolo centrale per la gestione dei pazienti Covid e il mantenimento dell’intero sistema della salute durante l’emergenza, riconosciuto e apprezzato anche dal Ministro della Salute nel suo intervento. Ma purtroppo – aggiunge Richeldi – troppo spesso manca il riconoscimento ufficiale di terapia sub-intensiva respiratoria, analogamente ad esempio a quanto avviene per le intensive cardiologiche: ciò si riflette in una ricaduta negativa in termini riconoscimento professionale e di risorse”.
 
“Tutte le unità operative di pneumologia hanno gravi carenze perché ridotte al minimo da decenni di politiche sanitarie che hanno decimato posti letto e organico. È ora di invertire la rotta – incalza Carlo Vancheri, presidente eletto Sip – e mettere in atto una riorganizzazione dei reparti di pneumologia con un incremento delle risorse umane, tecnologiche e dei posti letto, in considerazione anche del ruolo strategico nella gestione del Covid che scaturisce da una lunga e specifica competenza sul trattamento dell’insufficienza respiratoria che è solo e unica degli pneumologi”.
 
“La centralità dello pneumologo è stata rilevante e tale resterà in futuro anche per monitorare tutti quei pazienti guariti che potranno avere necessità di maggiori trattamenti derivati dai danni causati dall’infezione da Sars-CoV-2. Ma la priorità non può essere solo l'emergenza – precisa Vancheri – perché deve essere garantito un adeguato trattamento anche ai pazienti cronici con malattie respiratorie gravi che hanno bisogno della continuità delle cure. Negli scenari di sviluppo di una sanità moderna sarà dunque fondamentale puntare sulla telemedicina e sulle nuove tecnologie, in accordo con la medicina del territorio per darle la dignità assistenziale che durante la pandemia è mancata, e per ridisegnare i pilastri della gestione di questa o di altre possibili pandemie nel futuro”.

10 dicembre 2020
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