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Covid. Commissione UE pubblica il contratto di AstraZeneca: in caso di produzione insufficiente, Ue o Stati membri possono chiedere di estenderla ad altri stabilimenti

di Giovanni Rodriquez

Nel paragrafo 5.4 del documento oggi reso pubblico si spiega che se AstraZeneca non è in grado di produrre le dosi contrattate con l’Ue, la Commissione o i singoli Stati membri potranno proporre all’azienda di produrre i suoi vaccini anche in altri stabilimenti per produzioni a contratto situati all’interno dell’UE. AstraZenca a quel punto è tenuta a dover contrattare con lo stabilimento individuato la possibilità di aumentare in questo modo la sua capacità produttiva per il continente europeo. IL CONTRATTO

29 GEN - Su richiesta della Commissione europea, AstraZeneca ha dato il via libera alla pubblicazione del contratto sulla fornitura del suo vaccino contro il Covid alla Ue. "La Commissione accoglie con favore l'impegno dell'azienda verso una maggiore trasparenza e spera di poter pubblicare tutti i contratti nell'ambito degli accordi di acquisto anticipato nel prossimo futuro", ha commentato il portavoce della Commissione europea, Eric Mamer.
 
La pubblicazione del contratto fa seguito a giorni di forti polemiche nate a seguito dell’annuncio da parte dell’azienda farmaceutica di un drastico taglio delle forniture per il primo trimestre a causa di alcuni problemi di produzione. Un taglio del 60% che per l’Italia si tradurrebbero in una riduzione di forniture da oltre 8 milioni a soli 3,4 milioni di dosi.
 
Il contratto, pur contenendo diversi passaggi sensibili oscurati, è stato definito oggi "chiarissimo" dalla presidente della Commissione europea, Ursula von der Leyen, in un intervento alla radio tedesca Deutschlandfunk. Il documento per Von der Leyen contiene in tema di forniture “ordini vincolanti” ai quali l’azienda non può sottrarsi.
 
Il riferimento è a quella dicitura "best effort” nel contratto, richiamata dal ceo di AstraZeneca, Pascal Soriot, in una recente intervista a Repubblica, sulla base del quale del quale l'azienda sarebbe da ritenersi contrattualmente impegnata solo a "fare del suo meglio”, senza alcun altro vincolo. Una tesi, questa, smentita oggi dalla leader della Commissione europea che ha spiegato come il "massimo impegno" citato nel contratto era valido solo fino a quando AstraZeneca "non avrebbe avuto la certezza di poter sviluppare il vaccino”. Gli elementi del contratto per Von der Leyen restano chiari: “Erano previste quantità da consegnare a dicembre e nei primi tre trimestri del 2021 e sono citati quattro siti di produzione, due dei quali in Gran Bretagna". 
Inoltre, nel paragrafo 5.4 del documento oggi reso pubblico si spiega come Astrazeneca sia tenuta a fare “tutto il possibile per produrre il vaccino”, e come siano da considerarsi a tutti gli effetti siti di produzione situati nell’Ue anche quelli presenti nel Regno Unito. Ai fini di questo paragrafo, per la produzione di vaccini, viene dunque meno ogni argomento legato alla Brexit. E ancora, in determinate situazioni, si riconosce la possibilità di produrre il vaccino in strutture anche al di fuori Ue per accelerare la fornitura di vaccino in Europa.

Nel contratto si chiarisce inoltre poi che se AstraZeneca non è in grado di produrre le dosi contrattate con l’Ue, la Commissione o i singoli Stati membri potranno proporre all’azienda di produrre i suoi vaccini in altri stabilimenti per produzioni a contratto situati all’interno dell’UE. AstraZenca a quel punto è tenuta a dover contrattare con lo stabilimento individuato per contrattare la possibilità di aumentare la capacità di produzione disponibile all'interno del continente europeo.

Alla luce di queste polemiche, sempre nei giorni scorsi la Commissione europea aveva parlato della possibile istituzione di un registro sulla trasparenza dell'export dei vaccini contro il Covid fuori dalla Ue. Un meccanismo che potrebbe consentire agli Stati membri, come extrema ratio, anche di bloccare le spedizioni extra Ue di dosi di questi vaccini.
 
Netta su questo punto la presa di posizione della Federazione europea delle industrie e associazioni farmaceutiche (Efpia): “Se un qualsiasi meccanismo dovesse andare oltre la trasmissione di informazioni fattuali che soddisfano le aspettative di trasparenza, si rischierebbe una restrizione delle esportazioni che potrebbe minare la fornitura di vaccini in Europa e nel mondo".
 
“Le catene di approvvigionamento globali sono fondamentali per fornire vaccini contro il Covid-19. È fondamentale che le misure proposte dalla Commissione e dagli Stati membri non limitino, frenino o abbiano altri impatti negativi sulle esportazioni di vaccini o sull'importazione delle principali forniture di produzione di vaccini. Rischiare misure di ritorsione in questo momento cruciale nella lotta contro Covid-19 non è nel migliore interesse di nessuno”, conclude la Efpia.  
 
Giovanni Rodriquez

29 gennaio 2021
© Riproduzione riservata

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