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Cancro colorettale. L’istituto nazionale dei tumori lancia il “progetto globale retto”


In occasione del mese della prevenzione, l’Int avvia il suo progetto per aumentare la guarigione dal cancro del retto. Multidisciplinarietà, chirurgia conservativa, radiomica e biologia, le armi per migliorare la qualità di vita dei pazienti attraverso trattamenti personalizzati e arrivare a una chirurgia sempre più conservativa

16 MAR - Ambulatorio multidisciplinare, uso innovativo della radiomica, chirurgia (ultra)conservativa.
Sono questi i pilastri del Progetto Globale Retto ideato e messo a punto dall’Istituto Nazionale dei Tumori di Milano (Int) per il trattamento del cancro del retto. Un progetto che viene lanciato in occasione del mese della prevenzione del cancro colo-rettale che ricorre ogni anno nel mese di marzo e che ha l’obiettivo di ottenere un aumento delle guarigioni e il miglioramento nella qualità di vita dei pazienti.
 
“La diagnosi rappresenta l’inizio di un percorso articolato, impegnativo sia per il malato che per i familiari – spiega Maurizio Cosimelli, Direttore della Struttura Complessa di Chirurgia Colon-Retto dell’Int e coordinatore del progetto – per questo, è nato il Progetto Globale Retto, un insieme di trattamenti personalizzati con tre obiettivi di primaria importanza: diagnosi tempestiva, guarigione e miglioramento qualità della vita. I dati ci stanno confermando che siamo sulla strada giusta: oggi circa il 75% dei pazienti viene sottoposto a un trattamento chirurgico laparoscopico conservativo, ma l’obiettivo è di arrivare al 90%”.
 
L’ambulatorio multidisciplinare è una vera e propria “centrale di comando” coordinata da chirurgo, oncologo e radioterapista. Un pool di specialisti che lavorano in sinergia. “Il Tumor Board si riunisce una volta alla settimana per discutere i casi clinici e impostare i diversi step di trattamento – spiega Maria di Bartolomeo, Responsabile della Struttura Semplice di Oncologia Medica Gastroenterologica di Int – la discussione si completa con un’attività di ambulatorio in senso tradizionale, con il vantaggio che qui il malato concentra nella stessa mattinata visite, esami e colloquio con il chirurgo, l’oncologo ed il radioterapista, risparmiando così tempo, energie e costi ed, allo stesso tempo, ricevendo una proposta univoca di programma terapeutico integrato, discusso con tutti gli specialisti” .
 
L’utilizzo della radiomica, ovvero un progetto innovativo della diagnostica per immagini finalizzato a ottenere informazioni predittive sull’evoluzione della malattia , è reso possibile grazie alla collaborazione tra INT e il Politecnico di Milano. “Oggi sappiamo che alcune forme tumorali, comprese quelle del retto, hanno un corredo di alterazioni molecolari – aggiunge Cosimelli – grazie alla radiomica ed alla intelligenza artificiale, le immagini della risonanza magnetica del paziente vengono frammentate e trasformate in numeri da incrociare coi dati di biologia molecolare. Il risultato è un modello innovativo matematico che ci permette di identificare il profilo di rischio del singolo tumore e di formulare così un trattamento il più possibile personalizzato, ottimizzando laddove possibile il rispetto del corpo e della psiche del paziente ovvero intensificando i trattamenti nel caso di un profilo prognostico più sfavorevole, al fine di aumentare le chances di guarigione”.

La chirurgia è sempre il trattamento di elezione in caso di diagnosi di tumore del retto ed è preceduta da chemio-radioterapia pre-operatoria. In base al profilo di rischio, nel 75% dei casi l’operazione è può prevedere l’asportazione di retto e mesoretto e la necessità di una stomia temporanea, ma sino al 25% dei casi l’intervento può asportare per via anale solo la lesione tumorale residua, riducendo il rischio di una stomia permanente e soprattutto mantenendo intatta la funzione d’organo.
“La nostra attività di ricerca è volta a studiare strategie per diminuire sempre di più la percentuale di pazienti da sottoporre a interventi demolitivi valutando anche la funzione sfinteriale – continua Cosimelli – da qualche mese, infatti, sottoponiamo i pazienti a manometria anorettale, esame in grado di valutare proprio la funzionalità dei muscoli dell’ano e guidare la scelta dell’intervento chirurgico più adatto. Certo, in caso di intervento ultraconservativo il paziente è costretto a una sorveglianza più serrata, ma guadagna in qualità di vita e questo rende più accettabile la necessità di sottoporsi a visite ravvicinate nel follow up”.
 
Secondo i dati Aiom-Airtum, in Italia nel 2020 le nuove diagnosi di cancro del colon retto sono circa 43.700 e, di queste, circa il 40-50% riguardano il retto. La neoplasia colo-rettale rappresenta il terzo tumore più diffuso negli uomini e il secondo tra le donne. Tra i fattori di rischio principali vi sono un eccessivo consumo di carni rosse e di insaccati, farine e zuccheri raffinati, bevande alcoliche, il fumo, il sovrappeso e la sedentarietà. Rappresentano un rischio anche il morbo di Crohn oppure la rettocolite ulcerosa.
Con l’introduzione degli screening per il cancro del colon retto dopo i 50 anni è ha aumentato il numero delle diagnosi precoci, favorendo conseguentemente trattamenti chirurgici più conservativi. I controlli sono molto semplici: è prevista infatti la ricerca del sangue occulto nelle feci e, in caso di risultato positivo, la colonscopia. Grazie a questo esame è possibile identificare e asportare i polipi, piccole escrescenze che possono degenerare in lesioni precancerose e portare allo sviluppo della neoplasia.

16 marzo 2021
© Riproduzione riservata

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