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Malattie renali. Prescrivibilità anche ai nefrologi dei farmaci antidiabetici inibitori di SGLT-2


Questa la richiesta che arriva dalla Società Italiana di Nefrologia e dalla Fondazione Italiana del Rene Onlus in linea con quanto avviene in alcuni Paesi europei. L’effetto nefroprotettivo di questi farmaci consentirebbe un minor tasso di ospedalizzazioni per insufficienza cardiaca e risparmi di risparmio di circa 25.000.000 di euro/anno per il solo trattamento dialitico

28 MAG - La Società Italiana di Nefrologia (Sin), unitamente alla Fondazione Italiana del Rene Onlus (Fir Onlus) chiede la prescrivibilità dei farmaci antidiabetici inibitori di SGLT-2 (SGLT2-I). L’effetto nefroprotettivo di questi farmaci consentirebbe un minor tasso di ospedalizzazioni per insufficienza cardiaca [Wanner, Circulation 2017] e il risparmio di circa 25.000.000 di euro/anno per il solo trattamento dialitico.
 
“I nefrologi sono abilitati alla prescrizione in diversi paesi Europei – ha detto Pier Giorgio Messa, Presidente della Sin – ad esempio Germania e Spagna, nei quali gli SGLT2-I sono rimborsati dal Servizio sanitario, e in tutto il mondo, Italia inclusa, le nefrologie sono centri riconosciuti e attivi per la sperimentazione clinica degli SGLT2-I”.
 
“Assistiamo ad un paradosso – ha affermato  il Presidente della Fir Onlus Loreto Gesualdo – per migliorare la nefroprotezione con l’ausilio degli SGLT2-I, i pazienti nefropatici con DM, ad alto rischio CV, anziani e fragili, devono rivolgersi al diabetologo anziché al nefrologo, con spreco di risorse e di tempo, facendo aumentare la complessità del percorso terapeutico già di per sé difficile, perché deve essere adattata in maniera quasi sartoriale ad ogni singolo paziente. Eppure, gli SGLT2-I, introdotti nella farmacopea diabetologica nell’ultimo quinquennio, hanno dimostrato una importante efficacia nefroprotettiva”.
 
Lo studio di Fase III DAPA-CKD (DApagliflozin and Prevention of Adverse outcomes in Chronic Kidney Disease), attuato per valutare la sicurezza e l’efficacia di dapagliflozin nei pazienti affetti da malattia renale cronica (Ckd), è stato interrotto precocemente nell’aprile del 2020 a seguito della valutazione della conclamata efficacia di dapaglifozin. “Per la prima volta – aggiunge Messa – è davvero possibile cambiare la storia naturale della malattia renale cronica. Diversi studi oggi disponibili sulle glifozine hanno infatti evidenziato una riduzione del 50% di ingresso per anno in dialisi”.
 
Inoltre, sono molecole che per il loro meccanismo di azione si propongono bene come farmaci “add-on”, cioè che possono essere aggiunti a terapie di altro genere, cosa di non poco conto nelle politerapie prescritte ai pazienti nefropatici. È possibile stimare che l’estensione della prescrizione di SGLT2-I agli specialisti nefrologi aumenterebbe potenzialmente il numero di soggetti da trattare di solo circa 140.000 unità a fronte di grande vantaggio terapeutico.
 
Questa stima deriva dalla Health Examination Survey 2008-2012 (meglio conosciuta come Progetto Cuore dell’Osservatorio Epidemiologico dell’Istituto Superiore di sanità), condotta in collaborazione con i Cardiologi Ospedalieri (Anmco) e Società Italiana di Nefrologia (Sin).
Lo screening su campione di popolazione generale di età 35-79 anni nelle 20 regioni Italiane, ha evidenziato che la CKD con e senza DM è presente nel 29% dei 2.180.542 soggetti adulti con CKD [De Nicola, NDT 2015].
 
In Italia sono quindi presenti 632.000 pazienti con CKD( DM e non-DM), di cui sono potenzialmente trattabili solo il 6.3% (pari a 139.800 pazienti DM-CKD), considerando che gli attuali piani terapeutici non consentono la prescrizione di SGLT2-I nella CKD medio-avanzata (ossia per eGFR <45 mL/min/1.73m2).
 
“Consentire la prescrivibilità delle glifozine ai nefrologi permetterebbe una più efficace gestione del paziente nefropatico con e senza DM, la semplificazione del percorso assistenziale, una riduzione degli end-point vascolari maggiori, quali la riduzione delle ospedalizzazioni e la mortalità per scompenso cardiaco”.

28 maggio 2021
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