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Lunedì 22 APRILE 2013
Rita Levi Montalcini: non “solo” premio Nobel per la medicina

Quando Rita Levi Montalcini ha compiuto 100 anni, nel 2009, la prestigiosa rivista Nature ha dedicato diverse pagine di speciale alle sue scoperte scientifiche. Il lungo pezzo sulla nostra premio Nobel, però, non iniziava con la scoperta che le valse l’importante riconoscimento, né con alcuna delle numerose altre ricerche e scoperte che portano la sua firma. L’articolo, invece, cominciava con un racconto della sua attività di senatrice a vita, e di un “braccio di ferro” datato 2006, con l’allora governo Prodi, sui fondi alla scienza. La Montalcini è infatti sempre stata ben più che "solo" una ricercatrice di pregio: era una donna che si è sempre battuta per la ricerca, nonché contro la discriminazione delle donne nel mondo accademico.
 
Forse qualcuno ricorderà la vicenda raccontata da Nature. “Era la mattina del 18 novembre 2006, e per quanto piccina di stazza, questa ricercatrice ha catalizzato l’attenzione dell’intero governo italiano. Come senatrice a vita, Rita Levi Montalcini aveva in mano il voto decisivo per l’approvazione del bilancio da parte del Governo Prodi, il quale deteneva la maggioranza parlamentare – per l’appunto – per appena un voto. Qualche giorno prima la ricercatrice aveva ritirato il suo supporto Governo, minacciando di non votare a favore della finanziaria, a meno che il Parlamento non decidesse di eliminare all’ultimo minuto la sezione del bilancio che prevedeva tagli alla scienza: si trattava di un testa a testa, Rita Levi Montalcini contro Romano Prodi. Vinse lei.”
Ricorda ancora Nature: “In un colpo solo mise al sicuro il bilancio dello Stato, vinse una battaglia per la scienza italiana e rimise al suo posto Francesco Storace, che faceva parte dell’opposizione e che qualche settimana prima aveva scandalizzato l’opinione pubblica con una battuta infelice sulla necessità per la Montalcini di stampelle per arrivare in Parlamento, stampelle che secondo Storace erano simbolo non solo della sua vecchiaia - per la quale non avrebbe a suo dire dovuto avere la possibilità di votare – ma anche della decadenza di un governo malato che aveva tanto bisogno del suo supporto”.
Vicenda alla quale la stessa Montalcini rispose sprezzante con una lettera inviata a Repubblica: “Caro Direttore, ho letto su Repubblica di ieri che Storace vorrebbe consegnarmi, portandomele direttamente a casa, un paio di stampelle. Vorrei esporre alcune considerazioni in merito. Io sottoscritta, in pieno possesso delle mie facoltà mentali e fisiche, continuo la mia attività scientifica e sociale del tutto indifferente agli ignobili attacchi rivoltimi da alcuni settori del Parlamento italiano. In qualità di senatore a vita e in base all'articolo 59 della Costituzione italiana espleterò le mie funzioni di voto fino a che il Parlamento non deciderà di apporre relative modifiche. Pertanto esercito tale diritto secondo la mia piena coscienza e coerenza. Mi rivolgo a chi ha lanciato l'idea di farmi pervenire le stampelle per sostenere la mia “deambulazione” e quella dell’attuale Governo, per precisare che non vi è alcun bisogno. Desidero inoltre fare presente che non possiedo “i miliardi”, dato che ho sempre destinato le mie modeste risorse a favore, non soltanto delle persone bisognose, ma anche per sostenere cause sociali di prioritaria importanza. A quanti hanno dimostrato di non possedere le mie stesse “facoltà”, mentali e di comportamento, esprimo il più profondo sdegno non per gli attacchi personali, ma perché le loro manifestazioni riconducono a sistemi totalitari di triste memoria”.
 
Grande e importante anche l’impegno per la parità di genere nella scienza, per il raggiungimento del quale la premio Nobel non ha mai smesso di battersi e in cui non ha mai smesso di credere. “Quando ero giovane per le donne era difficile, quasi impossibile, essere ricercatrice o ricoprire qualsiasi altra importante figura nella società: dovevano essere madri e mogli, e null’altro. Io non mi sono lasciata influenzare da questo, e sono andata per la mia strada. Domani altro ancora potrebbe cambiare, non mi preoccupo”: queste le parole con cui Rita Levi Montalcini si era rivolta in uno dei suoi ultimi incontri pubblici ad alcune donne ricercatrici, in un’intervista collettiva pubblicata in occasione del suo 102esimo compleanno. Una donna che ha scelto di vivere per la scienza, rifiutando, ancor giovane, a vent’anni, l’idea di sposarsi e avere figli. Diceva spesso come ci fossero cose ben più interessanti di cui occuparsi, riferendosi oltre che alla ricerca scientifica anche alle relazioni umane e all’impegno nel sociale.  “Non ho mai avuto nessun rimpianto riguardo la mia vita. Non mi importa morire, perché so che i messaggi che ho lasciato resteranno immortali: quello che resta di te è quello che trasmetti ad altre persone”, aveva spiegato in quella stessa intervista.
Una scienziata con una storia personale difficile, come ricorda oggi Margherita Hack, che in un messaggio video lanciato durante l’evento “World Wide Rome - Open Science - Io sono la mente” ha commentato come la Montalcini fosse “un esempio di persona che ha avuto una giovinezza difficile, ma che è riuscita lo stesso a fare grandi cose. E che per questo è ancora più ammirevole”. La stessa giovinezza difficile era stata ricordata anche da Nicla Vassallo, filosofa e pensatrice italiana nota per il suo contributo alle Filosofie Femministe e ai Gender Studies, in occasione del centesimo compleanno della ricercatrice, in un contributo pubblicato online: “Nata a Torino da famiglia ebrea, studiò all’Università di Medicina e Chirurgia, contro la volontà di un padre, forse un po’ misogino, e, in ogni caso, convinto che l’università non fosse adatta alle donne – lei però riconoscerà a lui, come, del resto, a sua madre, la propensione a non lasciarsi intimorire dalle difficoltà. In ogni caso, la volontà contraria del padre rappresentò all’epoca il minore dei mali. Le leggi razziali (ad hoc, e prive di una qualunque giustificazione scientifica) le vietarono ogni prospettiva di ricerca. Il criminale progetto per cui la cosiddetta razza ariana doveva aver la meglio: spaventosa decisione di qualche potente pazzo, capace di esaltarsi e venire esaltato da masse in cui ogni individuo ci ha rimesso qualcosa di vitale”.
 
Una ricercatrice e una donna con un'incredibile determinazione e forza d'animo, come si legge in un ricordo che Enrico Garaci, presidente dell’Iss, ha pubblicato il giorno della morte della ricercatrice: “Era impossibile incontrare Rita Levi Montalcini e non scorgere una donna dagli occhi luminosi, curiosa della vita e del mondo, animata ogni volta che, nella discussione, si intrecciava l’etica con la scienza. Il suo entusiasmo genuino, sincero di fronte alla ricerca, quel trasporto e quella felicità, che più volte lei stessa ha raccontato quando le trasformazioni cellulari dei suoi embrioni di pollo le raccontavano qualcosa di più sulle strutture nervose, non si sono mai limitati solo alla scienza. Con altrettanta passione e determinazione non si è mai risparmiata nelle battaglie contro le discriminazioni di genere, contro le diseguaglianze e contro tutti i pregiudizi e le culture che generano sofferenza”. Così come, proseguiva Garaci, “con la saggezza di chi ha a cuore la qualità degli obiettivi e il bene della collettività non ha risparmiato né critiche né plausi alle azioni politiche, a seconda che aiutassero o danneggiassero la crescita della ricerca scientifica del nostro Paese, e indipendentemente dalla parte da cui esse provenivano”.

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