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Mercoledì 09 FEBBRAIO 2011
Verso un vaccino universale

Siamo ancora agli inizi della sperimentazione sull’uomo, ma i risultati ottenuti da un gruppo di ricercatori Jenner Institute presso l’University of Oxford fanno ben sperare. Nel prossimo futuro è probabile che non sarà necessario riformulare il vaccino influenzale a ogni stagione e, forse, non sarà neanche necessario vaccinarsi tutti gli anni perché i vaccini di nuova generazione offriranno una protezione più lunga.
Il team ha infatti messo a punto un vaccino la cui efficacia universale dovrebbe essere garantita dal suo meccanismo di funzionamento: ha come bersaglio infatti una classe di proteine comune a tutti i tipi di virus A e alle sue sottoclassi.
“La nostra speranza è sviluppare un vaccino che funzioni contro tutti i tipi di influenza a contro tutti i sottotipi, in modo che non sia più necessario formulare un nuovo vaccino ogni anno e per ogni pandemia che si verifichi”, ha commentato Sarah Gilbert del Jenner Institute presso l’University of Oxford. “Avremo un vaccino che funzioni in tutti questi casi”.
Il vaccino è stato testato in una sperimentazione i cui risultati sono stati pubblicati nei giorni scorsi sulla rivista Clinical Infectious Diseases. Si tratta di un trial clinico di fase I condotto su soltanto 28 individui sani di età compresa tra i 18 e 50 anni. Lo scopo della sperimentazione era verificare se il vaccino fosse in grado di stimolare una risposta immunitaria, quali fossero i dosaggi da preferire e gli eventuali effetti collaterali.
I primi dati hanno dimostrato l’efficacia del nuovo prodotto nell’indurre una risposta dei linfociti T. Risposta che, inoltre, aumenta all’aumentare del dosaggio. Così come gli effetti collaterali, che sono tuttavia lievi.
Come primo passo non è male, tuttavia occorreranno anni e sperimentazioni su grandi numeri per valutare i benefici e i rischi reali del vaccino. Resta inoltre da chiarire quale sia la durata della protezione.
Insomma, anche se i risultati illustrati nello studio rappresentano una tappa importante, “non penso che sia giunta ancora l’ora di stappare lo champagne”, ha commentato Bruce Farber, un esperto americano di malattie infettive. 

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