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Lunedì 23 MAGGIO 2011
Nozzoli (Fadoi): "Medici, più che soli 'accerchiati'. Ma dobbiamo e possiamo reagire"
Il contributo di Carlo Nozzoli, presidente medici internisti ospedalieri (Fadoi)
La solitudine del medico di cui scritto Sergio Harari sul Corriere è reale. Anche se, più che soli, siamo in realtà ‘accerchiati’ da una molteplicità di interventi esterni. E non mi riferisco solo ai tagli di bilancio di cui parla Harari, del resto ineludibili nelle regioni in deficit. Penso anche alla drammatica escalation del contenzioso medico legale (un fenomeno quasi sconosciuto in Italia fino a una quindicina d’anni fa) che sta soppiantando la relazione fiduciaria tra medico e paziente. Al suo posto si fa strada la logica del “soddisfatti o rimborsati “ (leggi denunciati), come se la medicina fosse paragonabile a una qualsiasi attività meccanica o peggio ancora commerciale.
Detto questo ciò che, come medici, dobbiamo porci è il ‘che fare’? Vedo due vie per uscire dall’accerchiamento. La prima è quella di imporre, assumendocene oneri e responsabilità, la nostra presenza nelle ‘stanze dei bottoni’ di Asl e ospedali attuando quel ‘governo clinico’ di cui si parla da troppo tempo senza costrutto nelle Aule parlamentari. E governo clinico vuol dire incidere nelle scelte su dove tagliare e dove invece aumentare investimenti e risorse. Su cosa fare per riavvicinare la medicina e la sanità ai nuovi bisogni di salute, facendosi carico di un quadro epidemiologico che cambia e che necessita di un approccio diverso, più attento alla cura della persona a tutto tondo che all’ultraspecializzazione.
La seconda è quella di far uscire allo scoperto il ‘sapere’ medico e farlo diventare patrimonio di chi, amministratori e manager della sanità pubblica, ha l’onere di attuare le scelte indispensabili per ammodernare il sistema e programmare la sanità di domani sotto il segno dell’efficienza e della qualità.
Siamo in grado di farlo? Questa è la vera domanda che dobbiamo rivolgere a noi stessi e alle nostre organizzazioni. Società scientifiche, Ordini professionali e Sindacati medici devono reagire, superando vecchie logiche corporative, aprendosi al confronto, prima di tutto con i cittadini, per rompere l’accerchiamento e ridare dignità professionale al medico e fiducia al paziente che deve poter tornare a credere in chi lo cura e ha in mano la sua vita.
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