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Martedì 17 LUGLIO 2012
Ricerca. I segreti del "grafene": dalla nanomedicina alla lotta ai batteri

Tra i materiali del futuro, questa pellicola di carbonio sottolissima e resistentissima, si presta a molteplici usi. Anche in medicina. Verificata la sua non tossicità, una ricerca della Sapienza di Roma ne ha evidenziato anche doti antibatteriche inaspettate e sconosciute fino a ieri. 

Da tutti è definito il materiale del futuro, e non c’è dubbio che lo sia: il grafene, creato in laboratorio e composto da uno strato di carbonio dello spessore di un solo atomo, è il materiale più resistente, sottile e il miglior conduttore conosciuto dalla scienza, e i suoi usi sono molteplici. Tra questi, da oggi, potrebbero esserci anche applicazioni in campo clinico. Secondo una ricerca degli scienziati del Laboratorio per le Nanotecnologie e le Nanoscienze della Sapienza (SNN-Lab), pubblicata sull'ultimo numero della rivista Nano Letters, le nanoplacchette di grafene usate per riconoscere all’interno di diversi materiali sostanze nocive per l’organismo, non solo non sarebbero dannose alla salute degli esseri viventi, ma sarebbero anche in grado di contrastare l'azione di batteri patogeni, per l'uomo. 
 
I graphite nanoplatelets (GNPs) sono nanoplacchette costituite da pochi piani di grafene sovrapposti aventi dimensioni laterali di qualche micron e spessori variabili da 1 nm fino alla decina di nanometri. Questi materiali hanno un vasto potenziale di applicazioni che va dalla nano-medicina (drug delivery e photothermal anticancer activity) ai biosensori, a filler per nanocompositi multifunzionali con ottime proprietà meccaniche, termiche ed elettriche/elettromagnetiche. I GNPs sono ottenibili mediante un processo di sintesi, messo a punto presso il Laboratorio  di Nanotecnologie e Nanoscienze della Sapienza, facilmente esportabile su larga scala con costi decisamente contenuti. 
Nell’esperimento, gli scienziati volevano verificare la sicurezza del grafene per la costruzione di nuovi tessuti che riconoscono le sostanze nocive da utilizzare per abiti da lavoro intelligenti, materiali per il rilascio controllato di farmaci all'interno del corpo umano, tester sulla qualità dei capelli naturali per l'extension.
 
La ricerca, è stata possibile grazie alle inedite collaborazioni multidisciplinari ed alle attrezzature di ultima generazione disponibili presso il SNN-Lab. Questa piattaforma ha permesso  ai nanomateriali di  "dialogare"  con organismi viventi come il nematode Caenorhabditis elegans, il verme più studiato dai genetisti ed innocuo abitante del terreno. 
I ricercatori hanno infettato il vermetto con un batterio, Pseudomonas aeruginosa, patogeno anche per l'uomo. Quindi hanno studiato la localizzazione di nanoparticelle di grafene all'interno del nematode dopo l'ingestione. Le nanoparticelle sono risultate prive di tossicità acuta e cronica, dimostrando al contrario una buona capacità antibatterica e migliorando l'"attesa di vita" dei nematodi. 
Il sistema in vivo impiegato ha la rilevante potenzialità di suggerire ai ricercatori il tipo di controlli da effettuare a un livello successivo di utilizzo pratico sui mammiferi e sull'uomo. 
Il lavoro è nato dalla collaborazione tra i gruppi coordinati da Claudio Palleschi del dipartimento di Biologia e Biotecnologie "Charles Darwin", M. Sabrina Sarto del dipartimento di Ingegneria Astronautica, Elettrica ed Energetica e responsabile del Laboratorio  e da Maria L. Santarelli del dipartimento di Ingegneria Chimica Materiali e Ambiente, afferenti al Centro di Ricerca per le Nanotecnologie applicate all'Ingegneria della Sapienza (CNIS).

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