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Mercoledì 01 DICEMBRE 2021
Covid. Le Regioni: “Finora 8 mld di spese straordinarie. Non possono essere conteggiate a noi altrimenti andiamo quasi tutte in default”

Dal Forum Risk Management di Arezzo arriva un monito chiaro al Governo da parte degli assessori alla sanità. Per questo le Regioni hanno chiesto al Governo come prima misura di risposta alle eccedenze determinate dal Covid un finanziamento straordinario di 2,2 miliardi per tamponare la spesa 2020.

L’emergenza Covid è costata fino ora alle Regioni circa 8 miliardi euro. Soldi che dovranno essere considerati come una partita economica indipendente dalla spesa sanitaria finanziata con il Fsn. Anche perché se così non fosse, a breve, considerando che la pandemia non si è ancora conclusa ed è presumibile un ulteriore incremento della spesa per fronteggiarla, tutte o quasi tutte le Regioni si troverebbero nelle condizioni di scivolare inevitabilmente verso un Piano di rientro.

Uno scenario che impatterà negativamente sui cittadini, come  sottolineato Raffaele Donini assessore alla sanità dell’Emilia Romagna e coordinatore della commissione Salute delle Regioni: invece di andare incontro ad una stagione di riforme e di investimenti si andrà verso una stagione di contenimento della spesa e di tagli delle prestazioni.
 
È un messaggio chiaro quello lanciato dagli assessori alla sanità nel corso della sedicesima edizione del Forum Risk Management ad Arezzo, dove sono intervenuti  Simone Bezzini Assessore Diritto alla Salute e Sanità Regione Toscana, Luca Coletto Assessore alla Salute e Politiche Sociali Regione Umbria, Enrico Coscioni Consigliere del Presidente Regione Campania, Raffaele Donini Assessore Politiche per la Salute Regione Emilia-Romagna, Donato Toma Presidente Regione Molise, Giovanni Profiti coordinatore strutture sanitarie regione Liguria della Regione Liguria e Nicoletta Verì Assessore Salute, Famiglia e Pari Opportunità Regione Abruzzo.

Per questo hanno chiesto al Governo come prima misura di risposta alle eccedenze determinate dal Covid, e lo hanno ribadito oggi, un finanziamento straordinario di 2,2 miliardi per tamponare la spesa 2020.
 
“Il nostro obiettivo è rendere più omogeneo il Ssn, uniformando le diverse situazioni regionali – ha detto Donini – nonostante le differenze politiche tra noi, le Regioni sono quasi sempre d’accordo su tutto. Questo significa che in questo momento così drammatico abbiamo maturato una consapevolezza che non sempre vedo altrove”. La verità, ha sottolineato è che nel Pnrr “la sanità è consistente, ma non centrale”. E lo dimostrano i soli 20 miliardi destinati alla sanità sui 200 complessivi.
 
“La sanità si sta riorganizzando in corsa – ha aggiunto – non mi è mai capitato come in questi ultimi anni, di sentire le stesse argomentazioni ripetute a diverse latitudini e in diversi contesti. Questo significa che è diventato patrimonio comune, ora dobbiamo mettere in pratica ciò di cui stiamo parlando: ossia rafforzare una sorta di sussidiarietà anche a livello sanitario, quindi cure domiciliari come primo livello di assistenza, perché tutto ciò che il cittadino può avere al proprio domicilio è giusto che lo abbia. Per fare questo serve una rete territoriale molto forte, capace di implementare elementi digitali. E ancora, la rete territoriale va rafforzata. Con Case di comunità, evoluzione delle Case di salute; una presenza dei Mmg come sistema hub territoriale rispetto al sistema spoke dei loro ambulatori; una rete dell’assistenza in capo all’infermiere di comunità. E dove l’aspetto sanitario di intreccia con quello sociale”.
 
Insomma tanti progetti di riforma che possono tradursi in un rinnovamento costruttivo per la sanità, ma che rischiano di rimanere al palo. “O le Regioni sono messe nelle condizioni di considerare i costi Covid come un credito nei confronti dello Stato che possa essere ammortizzato nel tempo e che non sia suscettibile a piani di rientro, – ha sottolineato Donini – oppure ci finiremo quasi tutte, prima o poi, nei piani di rientro. I 2,2 miliardi sono una parte di quello che a noi Regioni manca per colmare il gap di quanto abbiamo speso nel 2021. Abbiamo speso 8 miliardi e ne abbiamo ricevuti 3,5”.
 
Nel corso del confronto al Forum che ha visto protagonisti gli assessoti (vedi Video) si sono collegati Donato Toma, presidente della Regione Molise, e Giovanni Profiti coordinatore strutture sanitarie regione Liguria.

“Stiamo ragionando sul nuovo patto per la salute peccato che ancora non abbiamo attuato il vecchio” ha sottolineato Toma. Per il Presidente della Regione Molise lo scenario delle regioni è variagato con regioni i gestione ordinaria, altre in piano di rientro e altre in paino di rientro e commissariate. “Ma tutte hanno interessi comuni ma anche risorse specifiche, e tutte hanno avuto problemi di gestione a causa dell’onda della pandemia con l’alta marea e bassa marea che ha investito gli ospedali. tutti ci siamo scontrati con la carenza di peronale che non ci finanzia il Pnrr. Bisogna i parametri del riparto del fondo sanitario nazionale anche perché la lotta al Covid ha eroso le nostre risorse”.
 
“C’è stato un utilizzo un po’ troppo enfatico del Pnrr (per noi il 10% di quello che spendiamo annualmente spalmato su 6 anni) – ha detto Porfiti – ma un aspetto interessante è la possibilità di intervenire sulle regole del gioco, grazie al Covid. Questo è il vero tesoro nascosto di quest’opera gigantesca di riconversione. Il primo tassello è ridisegnare l’ospedale di comunità soprattutto considerando che il sistema delle Rsa è saltato a piè pari. Per noi la residenzialità è la risposta a un bisogno di un importante volume di popolazione. Dobbiamo quindi disegnare un modello in cui domicilio e Rsa vadano a braccetto: in Liguria il 33% della popolazione è over 65. Il secondo tassello è cosa mettere dentro alle strutture che costruiamo sul territorio. Perciò bisogna sfruttare il momento propizio per ridisegnare le regole”.
 
Ester Maragò

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