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Martedì 14 DICEMBRE 2021
Lavoro “agile” poco tutelato

È necessario che il legislatore intervenga al fine di definire con maggiore precisione le modalità di attuazione degli obblighi del datore di lavoro, al fine di garantire la salute e la sicurezza del lavoratore che svolge la prestazione in modalità di lavoro agile, e gli obblighi del lavoratore di cooperare all’attuazione delle misure individuate dal datore di lavoro

Impegno visivo al pc/vdt con astenopia o affaticamento visivo, impegno muscolo scheletrico (postura assisa prolungata, postazione inapproriata, impegno-stress mentale (carico di lavoro, bilanciamento vita privata-vita lavorativa, isolamento, time porosity, rischi da non disconnessione), ambiente indoor/outdoor (microclima, rumore, elettricità, illuminazione inappropriata), sono tra i rischi più frequenti che possono insorgere tra i lavoratori in smart working evidenziati nel corso di un evento nazionale sulla tutela della salute e sicurezza sul lavoro per le attività lavorative svolte in modalità “agile”, anche alla luce del prossimo piano nazionale strategico sulla salute e sicurezza sul lavoro.
 
Dubbi e perplessità, infatti, non sono mancati, soprattutto sulla legge 81/2017, alla luce del recente “Protocollo nazionale sul lavoro in modalità agile” del 7 dicembre scorso sottoscritto dal Ministero del Lavoro e delle parti sociali.
 
Durante l’incontro organizzato da ASL Salerno, in collaborazione con Federsanità ANCI, Ordine dei Medici, Università degli Studi di Salerno, con l’intervento, tra gli altri, di Patrizio Rossi, Sovrintendente Sanitario Nazionale INAIL, Francesco Soviero, Procuratore Aggiunto del Tribunale di Salerno, Pasqualino Rossi, Direttore Ufficio quarto Tutela della Salute e Sicurezza sul Lavoro della Direzione Generale Prevenzione Ministero della Salute è stato evidenziato un aspetto centrale della regolazione della sicurezza del lavoro nello smar tworking che riguarda la responsabilità per l’infortunio connesso al luogo di lavoro esterno scelto dal lavoratore, nonché per qualsiasi rischio connesso all’attività lavorativa.
 
È evidente la difficoltà per il datore di lavoro di prevedere tutti i pericoli incombenti sul prestatore il quale svolga l’attività lavorativa in un luogo la cui scelta è a esclusiva discrezione del lavoratore, con la conseguente difficoltà di prevenire gli infortuni connessi ad un luogo ignoto. In base ad alcune interpretazioni, l’impossibilità della prevenzione antinfortunistica comporterebbe il venir meno del presupposto della responsabilità del datore di lavoro per la sicurezza connessa al luogo di svolgimento della prestazione.
 
Come a tutti è noto la 81/2017, mantiene in capo al datore di lavoro l’obbligo tutela della salute e della sicurezza del lavoratore che svolge la prestazione in modalità di lavoro agile: la norma espressamente prevede che “il datore di lavoro garantisce la salute e la sicurezza del lavoratore che svolge la prestazione in modalità di lavoro agile e a tal fine consegna al lavoratore e al rappresentante dei lavoratori per la sicurezza, con cadenza almeno annuale, un’informativa scritta nella quale sono individuati i rischi generali e i rischi specifici connessi alla particolare modalità di esecuzione del rapporto di lavoro” (art. 22, comma 1).
 
Il datore di lavoro è chiamato, in particolare alla valutazione dei rischi, e alla redazione del Documento Valutazione Rischi il quale deve contenere – in base alla previsione dell’art. 28, comma 2, lett. D D.Lgs. 81/2008 – anche «l’individuazione delle procedure per l’attuazione delle misure da realizzare nonché dei ruoli dell’organizzazione aziendale che vi debbono provvedere, a cui devono essere assegnati unicamente soggetti in possesso di adeguate competenze e poteri».
 
Altresì, il lavoratore è tenuto a cooperare all'attuazione delle misure di prevenzione predisposte dal datore di lavoro per fronteggiare i rischi connessi all'esecuzione della prestazione all'esterno dei locali aziendali (art. 22, comma 2).
 
È evidente come il vincolo per il datore di lavoro di rispetto di tali obblighi, e ciò che ne scaturisce in termini di attività preventive e di misure correttive, implichi che la legge n. 81/2017 non possa derogare alla regola dell’applicabilità integrale del D.Lgs. n. 81/2008, come è altrettanto evidente che quanto definito dalla nuova normativa che regola lo “smart working” con riferimento alla gestione della sicurezza e della salute sia in linea con la previsione normativa previgente; quest’ultima è però stata definita in un contesto nel quale il telelavoro aveva un ruolo decisamente marginale, e di conseguenza una complessità di gestione della prevenzione e protezione molto bassa.
 
Vi è tuttavia una differenza fondamentale tra lavoro agile e lavoro da casa o telelavoro: la peculiarità del cosiddetto lavoro agile sta, infatti, nella possibilità di espletare la prestazione lavorativa in qualunque situazione, anche sconosciuta al datore di lavoro, e con qualsiasi tipo di strumentazione.
In uno scenario di diffusione dello smart working come quello che si prefigura oggi, probabilmente affiancato anche da una flessibilità dell’orario lavorativo dei singoli, l’attuale normativa sulla sicurezza del lavoro rischia di non essere sufficiente: anche in un’attività d’ufficio la valutazione dei rischi ha elementi di rilevanza (microclima, videoterminali, ergonomia, stress lavoro correlato) che sono di agevole comprensione se il luogo di lavoro è univoco (o comunque limitato alle sedi aziendali), ma la cui complessità aumenta esponenzialmente se i luoghi di lavoro corrispondono agli “n” luoghi scelti discrezionalmente dai lavoratori.
 
Ecco perché, è stato rappresentato a Salerno, è necessario che il legislatore intervenga al fine di definire con maggiore precisione le modalità di attuazione degli obblighi del datore di lavoro, al fine di garantire la salute e la sicurezza del lavoratore che svolge la prestazione in modalità di lavoro agile, e gli obblighi del lavoratore di cooperare all’attuazione delle misure individuate dal datore di lavoro.
Infine, vi sono rischi che divengono di difficile valutazione nella modalità di lavoro “smart working”, ma i quali hanno assunto una rilevanza sempre maggiore negli ultimi anni: lo stress lavoro correlato e i rischi ergonomici.
 
È evidente che queste tematiche non possano essere tralasciate: anzi, esse potrebbero avere risvolti che ne amplificano la complessità, in particolare in relazione al rapporto tra lo stress lavoro correlato e le misure tecniche e organizzative necessarie per assicurare “una reale” disconnessione del lavoratore dalle strumentazioni tecnologiche di lavoro.
 
“Di fronte a tale cambiamenti, la tutela del benessere nei luoghi di lavoro, ha precisato il Sovrintendente sanitario Rossi dell’INAIL, richiede un radicale ripensamento, che non sia fondato solo su una gestione strettamente legata alla sicurezza del lavoro limitata all’applicazione formalistica di norme cogenti, ma che guardi ad una funzione maggiore degli aspetti organizzativi, partecipativi e culturali.”
 
Gli orizzonti di benessere per lo smart worker di Patrizio Rossi, autore dell’e-book “Smart Working e salute”: routine lavorativa (gestire il tempo e ottimizzare l’attenzione), collaborazione / lavoro di squadra; regolari pause (esercizio fisico, mangiare e bere durante la giornata lavorativa, pause all’aperto), spazio di lavoro domestico ben delineato (spazi separati e diritto di disconnessione) coltivare le relazioni sociali.
 
Domenico Della Porta
Referente nazionale Federsanità ANCI per la salute e sicurezza degli operatori sanitari


 

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