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Lunedì 10 GENNAIO 2022
Formazione e assicurazione. C’è qualcosa che non va



Gentile Direttore,
anche se in tempo di pandemia potrebbe non sembrare una priorità, ritengo necessario tuttavia chiarire alcuni aspetti ed illuminare alcuni angoli bui dell’emendamento all’articolo 38 bis (Disposizioni in materia di formazione continua in medicina) del decreto legge recante disposizioni urgenti per l’attuazione del Pnrr, approvato in via definitva dal Parlamento, che prevede, come “sanzione”, per quei professionisti sanitari che non raggiungano il 70% del “punteggio” per l’Educazione Continua in Medicina, l’impossibilità di stipulare una assicurazione professionale.
 
La prima considerazione sul testo è di tipo culturale-sociale. A quanto pare prevale tuttora la mentalità che prevede che la Salute discenda dall’alto del sapere del “medico bravo”, come si dice, (“vai da uno bravo”, “la chirurgia dipende dal manico” e via sentenziando), in barba alla cultura delle équipes, della multidisciplinarità, della multiprofessionalità, della organizzazione di un sistema efficace, certificato, sicuro, protetto da rischi, e non affidato alle sole capacità del singolo medico o chirurgo, o luminare, o “primario”.
 
La moderna cultura della assistenza e della cura richiede, oltre alla attenzione e alla crescita costante della preparazione e dell’aggiornamento dei suoi operatori, di ciascun singolo operatore, anche e soprattutto l'interazione multifattoriale di un sistema che eticamente sorveglia la sua qualità e la sua sicurezza attraverso gli strumenti di cui si deve dotare.
 
L'articolo in questione esprime una mentalità obsoleta, che trascura, anzi nega, che la medicina sia un mestiere per orchestra e non per solisti, e che nulla si consegue sul piano della sicurezza e della qualità delle cure se non condiviso e gestito da gruppi efficaci con leadership efficaci ed inclusive.
 
Gli errori sanitari non si prevengono accumulando punteggi ECM, ma facilitando la crescita culturale certificabile delle équipe e delle categorie di operatori verso la medicina senza danni, e senza errori, dai quali nessun medico od operatore, per quanto autorevole, è esente, e verso l'aggiornamento all'eccellenza che, come dice correttamene il Nobel Parisi, deve essere la regola e non l'eccezione.
 
La seconda considerazione è diretta verso la fragilità e inefficacia culturale dell'attuale sistema ECM, nel suo complesso.
Appartengo, per mia fortuna, a una società scientifica che, oltre a essere una delle più grandi del Paese ha anche incentrato ai massimi livelli, e non da ora, la sua attività sul costante miglioramento delle capacità tecniche e culturali dei suoi iscritti, vocazione che è stata produttivamente inserita, quando è stato introdotto, nel più macchinoso meccanismo ECM, ma che pratica dalla sua fondazione nei primi del ‘900.
 
A queste attività hanno sempre fatto seguito costanti verifiche di qualità, recupero di chi restava indietro, incremento e aggiornamento dei campi di interesse, formando i giovani e aggiornando le capacità dei più anziani, anche nella cultura manageriale e negli indirizzi etici e della protezione dall'errore medico, in stretto contatto con l’Accademia, nazionale e internazionale, nell’interesse esclusivo dei pazienti ai quali è rivolta l’azione degli specialisti.
 
Non può quindi che essere scontata la mia posizione più che favorevole nei confronti della necessità formativa crescente lungo tutto l’arco della professione. Altrettanto fanno anche gli Ordini dei Medici, insomma, la vita professionale è lastricata di indispensabili attività di formazione e aggiornamento.
 
Tuttavia, al posto di attività di formazione, certificazione, verifiche di qualità, audit, riunioni multidisciplinari, peer reviews, promozione delle attività di analisi dell'errore, anche su base regionale, con il tempo nel sistema ECM è penetrata una mentalità più burocratica che formativa e, soprattutto, non si sono aperti spazi del tempo di lavoro allo scopo contrattualmente garantiti, spazi che sono invece, oltre che residuali e non centrali, cronicamente compressi dalla pressione produttiva, o meglio dal produttivismo, e dalle perduranti ed endemiche carenze dell’organico su tutto il territorio nazionale.
 
In questa situazione la “ricerca dei punteggi ECM” è stata prevalente, anche a pagamento, rispetto al valore reale della formazione, ed è possibile, e direi nella situazione attuale anche provvidenziale, accumulare "preziosi" punti ECM, anche occupandosi di materie ben lontane dalla propria pratica quotidiana.
 
Per la vera crescita professionale nei reparti ospedalieri non ci sono spazi adeguati, e la richiesta di gestirli è spesso scambiata per vertenza di ordine sindacale piuttosto che professionale, come invece è nella sostanza.
Affidare quindi al solo meccanismo ECM, senza prendere altri provvedimenti organizzativi e culturali, la crescita delle competenze, è con ogni probabilità fallimentare.
 
La terza considerazione è quella che trovo più importante e significativa.
Fa il paio con la errata considerazione, oggi così diffusa, ad esempio, che il “Consenso informato” sia uno scudo per il medico, un foglio fatto firmare in malafede per coprirsi dagli errori, invece che una tutela per i pazienti, uno strumento per capire cosa accade, a che tipo di intervento sanitario si sta per essere sottoposti, consenso che peraltro non ha nessun valore di copertura per eventuali errori medici.
 
A questo proposito colgo l’occasione per ricordare che nel pianeta l’Italia è uno degli ultimi tre Stati, insieme a Messico e Polonia, non esattamente delle culle del diritto come dovrebbe essere il nostro paese, a conservare l’azione penale per gli errori medici anche senza dolo o colpa grave.
 
Tornando al 38-bis, quella che viene brandita come una minaccia per il medico, ovvero l'abolizione della possibilità di assicurarsi per la responsabilità civile, è invece una vessazione per i pazienti che, di fronte a un errore, si vedrebbero impossibilitati a farsi risarcire nella maggioranza dei casi, se non con un complicato e lungo iter di udienze, confische, sequestri.
 
Questa norma conclude un lento processo nel quale è stata valorizzata la funzione assicurativa, fino a costituirne strumento di ricatto, senza una corrispondente valorizzazione del ruolo del professionista nella organizzazione sanitaria. Percorso che nasce con il DPR 2012, n.137 che prevede l'obbligo del professionista a stipulare (a sue spese, naturalmente) una assicurazione professionale, ma non prevede l'obbligo a contrarre da parte della compagnia assicuratrice.
 
L'emendamento è quindi paradossalmete in contrasto con tale norma, o, meglio, il combinato disposto di ambedue le norme corrisponderebbe a un ben più grave provvedimento, ovvero alla conseguente impossibilità di esercitare la professione, in caso di non raggiungimento del 70% del punteggio ECM, come per una sospensione dall'Ordine professionale.
 
Senza contare il difetto chiave del DPR 137, che permette a una compagnia di rifiutare l'assicurazione a un medico non per la sua scarsa professionalità, non per la sua sinistrosità, ma solo per l'elevata rischiosità della sua specialità.
 
A mio parere quindi siamo (per una svista? per volontà vessatoria?) ancora una volta di fronte a una norma che scarica direttamente sulle spalle del professionista la responsabilità del funzionamento di un intero sistema, e tralascio di considerare polemicamente quanto sia debole invece il potere decisionale affidato di solito ai professionisti.
 
Credo che sarebbe una dimostrazione di maturità la cancellazione di questo art. 38-bis, che andrebbbe sostituito da un maggiore impegno legislativo e normativo per la crescita del Sistema Salute e del Servizio Sanitario Nazionale con uno sguardo di maggiore attenzione alla tutela dei pazienti anche attraverso la tutela dei professionisti, eliminando la mentalità che le vede in contrasto fra loro. La finalità di ogni atto medico è pur sempre la cura, la difesa della Salute e la Sicuerezza del Servizio.
 
Un simile costruttivo atteggiamento del legislatore potrebbe limitare i danni della fuga, lenta ma costante, dal nostro paese, di preziosi professionisti.
 
Stefano Canitano
Presidente della Sezione di Studio "Etica e Radiologia Forense" della Società Italiana di Radiologia Medica e Interventistica

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