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Martedì 11 GENNAIO 2022
Aou Verona. Peggiora benessere psicofisico degli operatori, infermieri e specializzandi i più colpiti

Pubblicati i risultati di un progetto promosso per veridficare lo stato psicofisico degli operatori sanitari dell’Azienda Ospedaliera Universitaria. Le persone con elevati livelli di ansia sono passate dal 50% al 56%, quelle con depressione dal 27% al 41% e quelle in burnout dal 29% al 41%. “Gli infermieri rappresentano la categoria professionale a maggiore rischio di ansia e depressione, gli specializzandi più a rischio di burnout”, spiega Antonio Lasalvia, responsabile scientifico del progetto

É peggiorato, con l’emergenza Covid, lo stato di salute psico-fisica del personale Azienda Ospedaliera Universitaria Integrata di Verona. A confermarlo, ora, sono i dati di un progetto condotto dalla Sezione di Psichiatria del Dipartimento di Neuroscienze, Biomedicina e Movimento dell’Università di Verona, pubblicati su International Journal of Environmental Research and Public Health.

“Il nostro progetto di ricerca, promosso congiuntamente dall’Università e dalla Direzione Sanitaria della AUOI di Verona, è iniziato nel mese di aprile del 2020, avendo come obiettivo quello di valutare il disagio psicologico del personale sanitario chiamato a gestire l’emergenza pandemica che era appena scoppiata. Il personale ospedaliero – spiega Antonio Lasalvia, responsabile scientifico del progetto - appariva ad elevato rischio di sviluppare sintomi di disagio emotivo, in termini di disturbi depressivi, d’ansia e sindrome da burn-out. Tali difficoltà, se non riconosciute con tempestività e trattate con adeguati percorsi, possono danneggiare - a medio e lungo termine - i professionisti sanitari sia nella loro sfera personale, privata, sia nelle loro relazioni sociali che in ambito lavorativo”.

Lo studio, che è stato svolto in forma anonima attraverso dei questionari online, è stato ultimato poche settimane fa, portando alla luce gli operatori sanitari più sotto stress come gli infermieri e gli specializzandi, mentre i medici sono risultati dall’indagine i meno colpiti.
 
“E’ stato un lavoro di indagine certosino – aggiunge Lasalvia -  nel quale sono stato coadiuvato anche da altri colleghi con specifiche competenze per lo studio che abbiamo svolto. Ad aprile 2020 e ad aprile 2021 abbiamo inviato ai circa 5.000 dipendenti dell’Azienda Ospedaliera Universitaria Integrata di Verona una serie di questionari standardizzati in forma telematica chiedendo loro di compilarli. Nel 2020 avevano risposto circa 2.200 dipendenti, mentre nel 2021 hanno risposto in 1.033.  In entrambi i casi i campioni valutati sono risultati rappresentativi dell’intera popolazione dei dipendenti ospedalieri”.

Dai primi dati raccolti, che ha valutato un campione comprensivo di tutti i profili professionali in servizio nell’azienda (medici, specializzandi, infermieri, tecnici, OSS, personale amministrativo) e di tutti i reparti e dipartimenti aziendali,  pubblicati anche nella rivista International Journal of Environmental Research and Public Health, risulta che nell’arco temporale 2020-2021 le persone con livelli elevati di ansia siano passate dal 50% al 56%, quelle con depressione dal 27% al 41% e quelle in burnout, ovvero esaurimento su piano emotivo, dal 29% al 41%.

“L’incremento - spiega il responsabile scientifico del progetto - si è mantenuto stratificando per profilo professionale e reparto, con un aumento più evidente per la depressione e il burnout. A distanza di un anno dall’inizio della pandemia, gli infermieri rappresentano la categoria professionale a maggiore rischio di ansia e depressione, adottando come contro misura di autotutela il distacco fra lavoro e paziente, che in linea di principio può andare bene fino ad un certo punto. Mentre per gli specializzandi la causa maggiore di disagio è risultata essere quella legata al rischio di burnout, manifestando fra questi operatori sanitari un senso di inefficacia professionale, di inutilità. Per chi invece lavora nei reparti di terapia intensiva, fra queste due categorie si è rilevato un aumentato rischio di sviluppare maggiori livelli di esaurimento emotivo e un atteggiamento di maggiore distacco dal lavoro”.

Alla luce dell’aggravamento del livello di sofferenza emotiva del personale sanitario, gravato da un incessante stato emergenziale, sarà utile implementare un progetto di intervento in grado di ridurre in queste persone il livello di disagio, che a sua volta si ripercuote negativamente sul lavoro quotidiano a danno dei pazienti. Questo rappresenterà il prossimo impegno del gruppo di lavoro coordinato da Antonio Lasalvia ed il suo team.

Endrius Salvalaggio

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