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Venerdì 28 GENNAIO 2022
Infermieri. Nursind in sciopero: “Se Governo non ci ascolta la protesta andrà avanti”

Oggi la protesta della categoria che ha aderito allo sciopero di 24 ore proclamato dal Nursind. Secondo le prime stime del sindacato, l’adesione è già tra il 70 e l’80 per cento, al netto del personale contingentato. Il segretario nazionale Bottega: "Il no di Mef e Funzione pubblica agli emendamenti in manovra che puntavano all’erogazione anticipata dell’indennità di specificità, svincolandola dal contratto, è stato solo la goccia che ha fatto traboccare il vaso".

Un prelievo di sangue. Gli infermieri, insieme alle ostetriche, hanno deciso di inscenare in piazza quanto si siano svenati e dissanguati in questi 24 mesi di pandemia, lavorando sempre con abnegazione senza ricevere i dovuti riconoscimenti economici e professionali. Hanno messo a rischio le proprie vite pur di non sottrarsi al loro dovere di assistere i malati, nella totale indifferenza del Governo. Si è svolta oggi la protesta della categoria che ha aderito allo sciopero di 24 ore proclamato dal Nursind. Secondo le prime stime del sindacato, l’adesione è già tra il 70 e l’80 per cento, al netto del personale contingentato. 
I professionisti, in piazza da Nord a Sud Italia, in tutti i capoluoghi di regione, hanno scelto la Capitale per la manifestazione nazionale e per rilanciare le loro istanze al Governo, colpevole di una imperdonabile superficialità.
 
“Il no di Mef e Funzione pubblica agli emendamenti in manovra che puntavano all’erogazione anticipata dell’indennità di specificità, svincolandola dal contratto, è stato solo la goccia che ha fatto traboccare il vaso - ha spiegato il segretario nazionale Nursind Andrea Bottega -. Si trattava di una misura a costo zero, dal momento che i fondi erano già stati stanziati nella legge di Bilancio dello scorso anno, eppure l’esecutivo si è voltato dall’altra parte. Una mancanza di responsabilità di cui, purtroppo, a pagare le conseguenze non sono solo gli infermieri, ma l’intera cittadinanza”.
 
“Evidentemente dalla pandemia non tutti abbiamo imparato la lezione - ha sottolineato il sindacato -. Di sicuro non le istituzioni. Altrimenti non saremmo qui a dover spiegare l’ovvio e cioè che siamo strutturalmente sotto organico: già prima era difficile, ora con il Covid garantire i servizi è diventato quasi impossibile”. Una delegazione Nursind, dopo la manifestazione, è stata ricevuta alla Funzione Pubblica: “Il ministro Brunetta si è opposto all’erogazione della nostra indennità, dietro il paravento di una imminente chiusura del contratto di comparto, fingendo di ignorare che i tempi per vedere un piccolo aumento in busta paga non coincidono certo con la firma di una pre-intesa - ha evidenziato Bottega -. Ora tocca a lui farsi portavoce col Governo e col ministro Speranza della nostra richiesta di una redistribuzione delle risorse del Fondo sanitario. Arrivati a questo punto, infatti, l’indennità va raddoppiata. I 75 euro lordi, che dovevamo ricevere un anno fa, ora non bastano più. E se non ci daranno un riscontro, il prossimo mese saranno almeno due le giornate di sciopero”.
 
Ma non c’è solo una questione economica tra le ragioni della protesta: “Adesso gli infermieri - ha incalzato Stefano Barone, segretario Nursind Roma - pretendono che si ponga fine al vincolo di esclusività di rapporto, oltre a una piena valorizzazione della professione”: “Le competenze vanno ampliate secondo il livello di studio e aggiornate al grado di formazione universitaria; servono più posti nelle università, ma anche più infermieri docenti proprio per garantire una formazione di qualità. Inoltre, è arrivato il momento di riconoscere la malattia professionale e la nostra attività come usurante, visto che, nonostante i gravosi carichi di lavoro, le norme ancora latitano”.  Nulla è stato fatto, inoltre per “porre fine alle aggressioni fisiche e verbali di cui continuiamo ad essere le principali vittime. Il Governo - ha concluso Bottega - ci deve delle risposte subito se vuole almeno tentare di fermare l’emorragia continua di infermieri. Perché proprio di questo si tratta. Non si riesce, infatti, nemmeno a mantenere in servizio i pochi rimasti, molti dei quali si stanno licenziando, mentre i giovani, spaventati dai carichi di lavoro e da stipendi ben al di sotto della media Ue, migrano sempre più spesso all’estero”.

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