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Mercoledì 09 FEBBRAIO 2022
Confermato crollo screening mammella, utero e colon retto durante la pandemia. Tutti i dati nel nuovo rapporto dell'Osservatorio nazionale

Perse il 35,6% delle prestazioni per la cervice, 28,5% per mammella e 34,3% per il colon retto. Stimato un ritardo diagnostico di 3.504 lesioni tumorali CIN2+, 3.558 carcinomi mammari, 1.376 carcinomi colorettali e oltre 7.763 adenomi avanzati del colon retto. A fotografare la situazione è l’ultimo report dell’Osservatorio nazionale screening che ha analizzato i dati dal 1° gennaio 2020 al 31 maggio 2021. IL REPORT

Se l’ondata pandemica si è abbattuta pesantemente sul sistema sanitario con la sospensione di visite ed esami per le malattie non Covid, le ripercussioni sul fronte della prevenzione sono state devastanti, con una notevole riduzione degli screening in molte Regioni e ancor di più in quelle che già segnavano il passo prima dell’arrivo del Sars Cov-2.
 
In 17 mesi - dal primo lockdown del 2020 a maggio 2021 - gli inviti da parte delle Asl a sottoporsi agli esami preventivi sono diminuiti del 28,4% per lo screening alla cervice, del 20,3% per quello alla mammella e del 24,4% per il colon retto. Ma il calo è più consistente quando si guarda al numero delle prestazioni effettuate: -35,6% per la cervice, -28,5% per mammella e -34,3% per il colon retto.
 
Ma tra tante ombre c’è stata anche qualche luce: nei primi 5 mesi del 2021, la macchina degli screening dopo il knockout della prima ondata si è comunque rimessa in moto: rispetto agli scenari emersi alla fine del 2020, gli inviti per gli screening alla cervice hanno recuperato il 4,6%, la mammella il 6,3, e il colon retto il 7,4. Soprattutto il numero di prestazioni erogate è migliorato rispetto alla fine del 2020, del 7,8% per lo screening alla cervice, del 9,1% per la mammella e dell’11,2% per il colon retto. E si sono registrati passi in avanti anche sulla propensione alla partecipazione agli screening da parte dei cittadini.
 
Tirando le somme il bilancio è comunque pesante: la riduzione dei test di screening determinata dalla diminuzione degli inviti e dalla minor partecipazione, porta a stimare un ritardo diagnostico pari a 3.504 lesioni tumorali CIN2+, 3.558 carcinomi mammari, 1.376 carcinomi colorettali e oltre 7.763 adenomi avanzati del colon retto.
 
A fotografare la situazione è l’ultimo report dell’Osservatorio nazionale screening che ha analizzato i dati dal 1° gennaio 2020 al 31 maggio 2021 su mammografia, screening cervicale e colorettale.
 
“Si conferma chiaramente che in molte Regioni la pandemia ha avuto effetti devastanti sulla capacità dei programmi di screening di mantenere il loro volume di attività, ma evidenzia altresì come in alcune realtà (ed in particolare delle Regioni del Sud e Isole) la situazione fosse alquanto critica anche in epoca pre-pandemica e questo probabilmente rende ragione delle difficoltà nel recuperare i ritardi maturati”, si legge nel Report dal quale emergono anche alcune importanti considerazioni: “La riduzione dei test di screening, determinata dalla riduzione degli inviti e dalla minor partecipazione, permette di stimare le lesioni tumorali che potrebbero subire un ritardo diagnostico pari a 3.504 lesioni CIN2+, 3.558 carcinomi mammari, 1.376 carcinomi colorettali e oltre 7.763 adenomi avanzati del colon retto”. E le conseguenze cliniche (possibile avanzamento dello stadio alla diagnosi) potrebbero essere maggiori per lo screening mammografico e quello colorettale.

 Ma vediamo i dati nel dettaglio:
 
Screening cervicale
Tra gennaio 2020 e maggio 2021 si osserva una riduzione rispetto all’anno precedente di oltre un milione e mezzo di inviti (1.575.164) pari a una riduzione percentuale del 28,4% e sono stati effettuati 784.760 esami in meno pari al 35,6%.
In ogni caso occorre evidenziare che l’esame usato fino a poco tempo fa in via esclusiva, il Pap test che viene fatto ogni tre anni, è stato affiancato dall’Hpv test, che invece ha cadenza quinquennale. Quindi il calo degli inviti potrebbe essere dovuto al fatto che parte delle donne (tra 25 e 64 anni) non dovevano essere chiamate nel 2020 e nel 2021.
 
Dall’analisi dell’osservatorio è possibile poi osservare il dato in mesi standard di ritardo: il valore complessivo italiano è di 6 mesi con un’ampia variabilità̀ tra le Regioni di cui alcune in evidente sofferenza (Basilicata e Lombardia registrano 12 mesi standard di ritardo).
 
Per quanto riguarda i dati relativi agli inviti il range tra le regioni varia dal +22,7% dell’Umbria che ha impresso una accelerazione nelle attività di invio al -72,2% della Basilicata (il dato del +116,6% del Molise non può essere confrontato con quello delle altre Regioni date le specificità̀ organizzative di questa Regione).
 
Sempre sul fonte regionale in termini di esami persi emergono ampie oscillazioni: si va da un +44,1% della PA Bolzano al -74,7% della Basilicata, -71% in Lombardia, - 53,6% in Calabria e 52,2% in Campania, -49,5% in Piemonte. Le altre regioni si attestano su percentuali inferiori al 40% con Umbria (-3,2%) e Toscana - 17,4% che registra flessioni particolarmente contenute.
 
Screening mammografico
Questo screening riguarda le donne dai 50 ai 69 anni. Dai dati emerge che tra gennaio 2020-maggio 2021 sono 816.966 in meno le donne che hanno eseguito l’esame, rispetto allo stesso periodo di riferimento pari ad una riduzione del 28,5%. Da notare come in questo caso le chiamate delle Regioni sono calate del 20,3% e quindi c’è una quota piuttosto alta di donne che non hanno risposto. Potrebbero essersi rivolte al privato oppure non aver fatto l’esame.
 
L’osservatorio calcola che in questo modo siano state fatte 3.500 diagnosi di cancro in meno. “Rispetto allo stesso periodo di riferimento del 2019, nel 2020-2021 la propensione alla partecipazione si è ridotta relativamente di circa il 10% con alcune Regioni come Lazio, Liguria, Marche, Molise e Sicilia che registrano riduzioni relative superiori al 20%”, scrive l’osservatorio.
Se si guardano i dati del solo 2020, le mammografie in meno sono state il 37,6%. Qualcosa quindi è stato recuperato rispetto ai lockdown della prima ondata.
 
I dati regionali: Calabria -65,8%, Valle d’Aosta -59,6%, Campania -49,6%, Molise -48,6%, Liguria -44,6%, Sardegna -43,4%, Basilicata -42,2%, Abruzzo -38,6%, Provincia di Trento -36,4%, Lombardia -36,4%, Lazio -35,6%, Sicilia -35,5%, Puglia -34,3%, Provincia di Bolzano -22,7%, Veneto -17,6%, Friuli Venezia Giulia -17,5%, Toscana -13,6%, Emilia-Romagna -5,5%. L’Umbria (dove il dato è riferito a chi ha 50-74 anni) cresce: +8,3%.

 
Screening colorettale
Anche questo screening interessa la fascia di età 50-69-70anni (ad eccezione della Regione Umbria che ha fornito il dato relativo alla fascia 50-74 anni). Complessivamente si registra una riduzione rispetto al periodo pre-pandemico di più di due milioni di inviti (2.175.318) pari al 24,4%. Con differenze da regione a regione: si va dal +2,9% dell’Umbria al -76% della Basilicata (la Regione Puglia ricorda l’Osservatorio ha attivato lo screening colorettale solo a partire dal secondo semestre 2019 e mentre il dato della PA Bolzano il dato non è confrontabile con quello delle altre Regioni date le specificità̀ organizzative adottate).
 
I mesi standard di ritardo accumulati sono complessivamente di 5,8 mesi con 9 Regioni che hanno ben più di 6 mesi di ritardo: Valle d’Aosta (14 mesi di ritardo), Campania (13,4 mesi di ritardo), Basilicata (12,3), Piemonte (11,4), Lombardia (11), Calabria (10,7), Sardegna (9,9), Liguria (9,5), Lazio (6,3). Anche la propensione alla partecipazione agli screening si è ridotta del 13,1% con alcune Regioni come Campania, Calabria, Lazio, Liguria, Lombardia, Piemonte, Sicilia e Valle D’Aosta che registrano riduzioni relative superiori al 20%.
 
In termini di esami persi, nei 17 mesi analizzati, sono oltre un milione 1.195.987 gli uomini e le donne che non hanno eseguito il test di screening (ricerca del sangue occulto fecale o rettosigmoidoscopia) pari ad una riduzione del 34,3%. Ampia la forbice tra le regioni: si passa dal -2,6% della Regione Emilia Romagna e -4,2 dell’Umbria (anche in questo caso il dato è riferito alla fascia di età 50-74 anni) al -82,6% della Valle D’Aosta e -78,7 della Campania.
Infine il numero di carcinomi colorettali che si stima non sia stato diagnosticato è di 1.376 casi, mentre la stima degli adenomi avanzati persi è di 7.763 lesioni.
 

 
Ester Maragò

Luciano Fassari

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