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Giovedì 03 MARZO 2022
Oltre il nono mese di gravidanza viaggia dall’Ucraina in Italia e partorisce al San Giovanni di Dio

Il bambino si chiama Artem ed è forse tra i primi ad essere nato in Italia tra i profughi provenienti dall’Ucraina. La nonna del piccolo, che parla l’italiano, racconta che per dare un supporto anche linguistico alla figlia, ha potuto assistere alla nascita: “Sono arrivati in Italia per miracolo. Ora vogliamo ringraziare l’ospedale per come ha fatto sentire mia figlia, proprio come se fosse a casa”.

Artem è venuto alla luce domenica sera all’ospedale San Giovanni di Dio ed è probabilmente fra i primi bimbi nati in Italia da madre rifugiata ucraina. E’ successo due giorni dopo il lungo viaggio in auto che da Drohobych, in Ucraina, vicino a Leopoli, ha portato in Italia, a Firenze e poi a Scandicci, la sua famiglia, mamma, babbo e due sorelle. Alla nascita pesava più di 3 Kg e mezzo e stava bene. La nonna di Artem che abita a Scandicci, da settimane esortava la figlia a scappare. Giovedì 23 febbraio l’ha potuta riabbracciare insieme alle nipoti. Da Drohobych, in auto con loro, c’erano anche i due cani della famiglia perché, dice la donna, “non si potevano lasciare soli”. Due giorni dopo l’arrivo a Scandicci, è nato Artem.

Luigi Tancredi che domenica 27 insieme a un’ostetrica ha fatto nascere il bimbo, porta con sé l’emozione di una nascita alla 43° settimana di gestazione, oltre termine e oltre ogni resistenza. In sala parto c’era anche la nonna di Artem che parla l’italiano e racconta che per dare un supporto anche linguistico alla figlia, ha potuto assistere alla nascita: “Sono arrivati in Italia per miracolo – dice – Ora vogliamo ringraziare l’ospedale per come ha fatto sentire mia figlia, proprio come se fosse a casa”.

“L’ospedale si è appellato alla Convenzione di New York sull’adeguata assistenza e tutela al fanciullo – dichiarano dalla direzione dell’ospedale –. È una storia che ci ha coinvolti tutti”.

La mamma di Artem ora è felice e piange, racconta la nonna. I primi giorni è stata in hotel, la madre poi l’ha aiutata a trovare una sistemazione provvisoria per un mese. È ancora la madre a lanciare un appello: “Un mese finirà presto. Mia figlia ha bisogno di una sistemazione più duratura”.

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