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Lunedì 14 MARZO 2022
Quale stato giuridico per il medico “impareggiabile”?

La sollecitazione del nuovo libro di Ivan Cavicchi “La scienza impareggiabile. Medicina medici malati” è un invito a rispondere alla mortificazione che ha subito la medicina in questi anni facendo della medicina davvero una scienza impareggiabile. E secondo me è proprio in questa specie di scambio politico che sta la forza politica della sua proposta: la medicina a questa società, a questa politica è disposta a offrire l’impareggiabile, quindi se necessario a ripensarsi, ma questa società e questa politica questo tempo alla medicina deve dare ciò che essa merita. Nulla di più e nulla di meno

In questo fine settimana ho terminato di leggere “La scienza impareggiabile. Medicina medici malati” l’ultimo libro del collega prof. Cavicchi, cioè l’ultimo libro di colui che è, ormai considerato unanimemente, da anni, rispetto ai problemi della medicina e della sanità, il “pensatore” più avanzato e intelligente ma, anche, aggiungo io che ho la fortuna di conoscerlo bene, il più coraggioso. Ricordo a tutti che è stato proprio lui ad avviare il Forum sugli ospedali su Quotidiano Sanità ed insieme abbiamo iniziato la battaglia per la Riforma del DM 70.
 
Ciò che colpisce, del nostro autore, è la sua nota passione ovviamente per la medicina e per la sanità pubblica ma proprio perché è un riformatore vero ciò che colpisce di lui è la sua passione per la proposta. Per lui il vero riformatore non è tale se non avanza una proposta di riforma. Lui dice sempre che tutti fanno analisi ma pochi fanno proposte e ancora meno sono coloro che fanno proposte interessanti. E ancor meno di tutti sono coloro che azzeccano le proposte che ci servono. Cioè quelle giuste. E proprio questo stiamo facendo durante il corso delle attività del Forum delle Società Scientifiche dei Clinici Ospedalieri ed Universitari Italiani che recentemente ho fondato insieme a tanti autorevoli colleghi.
 
Dico subito che condivido in tutto e per tutto la prefazione al libro di Filippo Anelli, presidente Fnomceo, che per altro introduce tanto bene l’opera da farci capire subito il suo enorme valore politico e culturale.
Concordo con lui che, con questo libro, abbiamo a che fare con una svolta, cioè con lo sfondamento del solito orizzonte di riferimento, della solita analisi, e concordo con lui , sui meriti del libro che per me sono fondamentalmente tre: essere riuscito per primo a ricostruire il complesso apparato concettuale della medicina, a spiegare davvero i problemi profondi della medicina scientifica, e a indicare una via di uscita.
 
Credo, anche io come il collega Anelli che, l’essere riuscito a ricostruire la struttura concettuale della medicina, per noi medici, per noi clinici, soprattutto, per noi operatori sia un passaggio fondamentale.
 
In pratica il libro del collega prof Cavicchi che non esito a definire impegnativo e trascinante, ci offre la possibilità di confrontare, ad una ad una, le criticità innegabili della medicina scientifica e della sanità in questa società complessa, con un quadro concettuale di riferimento. Cioè ci offre la possibilità “clinica” di fare delle diagnosi sul nostro malessere come disciplina e come professione e di supportarle con evidenze molto forti e convincenti.
 
Per cui questo libro, che almeno rispetto ai medici, riterrei quasi obbligatorio non leggere ma studiare, ci mette nella condizione di capire bene due cose: cosa non va dentro la medicina, cosa non va nel rapporto tra medicina e società.
 
Non perdo tempo avendo già scritto su questi argomenti, a dimostrare l’effetto verità che la pandemia ha avuto nello smascherare le nostre debolezze.
La pandemia esattamente come il libro di Cavicchi ci ha sbattuto sul muso a sua volta il problema dei bias tra ciò che siamo e ciò che dovremmo essere per essere davvero adeguati a questo mondo, tanto come sistema che come professione.
 
Il suo lavoro a me personalmente ha suscitato un interrogativo molto pragmatico: di questo libro che ci facciamo? Cioè come possiamo usare la suggestione della scienza impareggiabile? Cioè noi medici prima di tutto come dovremmo usare ciò che questo libro ci propone? In poche parole come faccio a non sprecare un libro del genere?
 
Io mi pronuncio: penso che il libro esattamente come quando noi usiamo gli antibiotici per curare delle infezioni debba essere usato per curare una medicina e una sanità che a causa di un sacco di questioni (molto ben descritte dal libro soprattutto nei capitoli dedicati alla crisi della medicina) tradisce nostro malgrado delle sofferenze, delle difficoltà, dei problemi.
 
Quando dico che “la scienza impareggiabile” andrebbe, da noi clinici, prima di tutto usata per curare le “nostre” malattie intendo riferirmi molto pragmaticamente a due grosse sollecitazioni politiche e culturali che il prof. Cavicchi ci propone.
 
La prima è politica. Nell’articolo di presentazione del libro su questo giornale pone il problema del rapporto tra sanità e medicina e dice tre cose secondo me vere: esiste una vecchia dicotomia tra sanità e medicina ormai,  soprattutto dopo la pandemia,  del tutto inaccettabile, la politica si è interessate solo di sanità mai di medicina, quindi esiste una specie di divisione del lavoro anche questa oggi inaccettabile, la medicina, fino ad ora, di fatto ha funzionato come una variabile totalmente dipendente dalla sanità.
 
Sulle nuance di questo ragionamento certamente si può discutere ma sul suo nucleo centrale è difficile non essere d’accordo. Oggi il maggior numero dei problemi che derivano alla medicina vengono, da una parte, da una sanità per la quale la medicina è tutto meno che una scienza impareggiabile, dall’altra da una società che ha sostituito i pazienti con gli esigenti e gli esitanti cioè da una società che è sempre più disincantata e quindi ce l’ha sempre più con noi nonostante noi.
 
Quindi il prof. Cavicchi con il suo libro mette i piedi nel piatto è pone la questione della medicina come primaria questione politica dicendo alla politica che non può, soprattutto dopo questa pandemia, continuare a lavarsene le mani ed arriva addirittura a sostenere la tesi che oggi la medicina viene prima della sanità, che essa non solo è più importante ma e nei confronti della gente addirittura più strategica della sanità.
In tutta onestà per noi che vediamo i malati tutti i giorni come è possibile dargli torto.
 
La seconda che si rifà al titolo del libro “La scienza impareggiabile” e il cui profondo significato apparentemente solo giuridico, confesso di averlo capito solo alla fine del libro.
 
Dice il prof. Cavicchi: se la medicina è una scienza impareggiabile allora lo statuto giuridico di noi medici deve essere a sua volta senz’altro impareggiabile. Cioè non è logico chiedere ai medici di comportarsi come dei giganti e definirli giuridicamente come dei nani. Perché in questo sistema giuridico interamente basato sul principio della prescrizione (puoi fare solo ciò che giuridicamente ti è consentito fare), alla fine se sei giuridicamente un nano poi da nano ti dovrai comportare.
 
Trovo la critica di Cavicchi al principio di prescrizione uno dei passaggi più significativi del suo ragionamento. La forza di questo ragionamento per me medico sta nel fatto che non ha nulla di corporativo cioè non è un regalo ai medici e ai loro sindacati ma è ben altro. Anzi, come comprenderete dalla lettura del libro, per i medici costituisce un impegno non indifferente.
 
Cavicchi da epistemologo, qual è, sostiene che uno statuto giuridico impareggiabile per i medici è reso obbligatorio dalle complessità che i medici devono affrontare. Cioè in medicina per forza si deve essere dei giganti e in nessun caso si può essere dei nani. Cioè il prof Cavicchi sostiene in pratica un altro ribaltone oltre quello della medicina subordinata alla sanità e cioè che il giuridico è funzionale all’impresa e alla sua complessità non il contrario .
 
Come dire che per fare il medico, per forza devi essere definito giuridicamente come un operatore impareggiabile. Solo così è possibile, aggiungo io, emancipare la clinica dall’aziendalismo e dall’economicismo che in questi anni ci hanno torturati tutti e recuperare quell’autonomia professionale perduta della quale tutti noi, il presidente Anelli in testa, lamentiamo la mancanza.
 
Che lo statuto giuridico dei medici debba essere impareggiabile per ragioni epistemiche e scientifiche è proprio Cavicchi a dimostrarcelo in particolare quando, nel suo articolo di presentazione prima citato, molto lealmente prende le distanze da alcuni sindacati che, come è noto, di recente propongono a sistema sanitario dato, di riconoscere ai medici la categoria speciale, cioè di dare un contentino come indennizzo.
 
Il collega Cavicchi dice che per aver diritto ad avere uno statuto giuridico impareggiabile bisogna dimostrare di fare effettivamente una medicina impareggiabile. E’ l’impareggiabilità dell’impresa che da diritto a...
 
E’ del tutto evidente che quello di Cavicchi è un invito al cambiamento a 360 gradi cioè a rispondere alla mortificazione che ha subito la medicina in questi anni facendo della medicina davvero una scienza impareggiabile. E secondo me è proprio in questa specie di scambio politico che sta la forza politica della sua proposta: la medicina a questa società, a questa politica è disposta a offrire l’impareggiabile, quindi se necessario a ripensarsi, ma questa società e questa politica questo tempo alla medicina deve dare ciò che essa merita. Nulla di più e nulla di meno.
 
Finisco riproponendo il quesito posto prima: abbiamo la fortuna di avere una proposta come la scienza impareggiabile come possiamo e dobbiamo usarla?
Per quanto mi riguarda a partire da questa proposta io nei limiti delle mie possibilità (che sia chiaro non sono moltissime)   mi darò da fare per creare le condizioni giuste affinché alla medicina sia riconosciuto come propone Cavicchi lo status di scienza impareggiabile.
 
Per riconoscere questo nuovo status è evidente che dovremmo combattere in nome dell’interesse primario del malato le banalizzazioni di cui la medicina nostro malgrado è vittima.
 
Penso che la scienza impareggiabile deve da noi essere usata per riaffermare, vedremo come e con quali strumenti, i diritti negati alla nostra scienza e alla nostra professione al fine di dare in cambio,(anche io come Cavicchi date le circostanze non mi sottraggo allo scambio) a questa società semplicemente una medicina migliore e un medico migliore.
 
Francesco Cognetti

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