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Venerdì 18 MARZO 2022
Che fine ha fatto l’educazione sanitaria?

è ormai stata sostituita dal ricorso alla espressione “promozione della salute” che in qualche modo l’ha assorbita. In entrambi i casi, educazione sanitaria ed educazione civica, sicuramente le evoluzioni cui ho fatto riferimento sono fortemente migliorativ. Nel caso della educazione sanitaria questa evoluzione è benissimo spiegata da Ricciardi e Poscia, ma rischia oggi di lasciare fuori qualcosa

L’educazione sanitaria non va più, mi verrebbe da dire come la vecchia educazione civica. Quest’ultima non è più una materia, ma (ho appena letto in rete nel sito del Ministero dell’Istruzione) un insegnamento trasversale.
 
Quanto alla educazione sanitaria, è ormai stata sostituita dal ricorso alla espressione “promozione della salute” che in qualche modo l’ha assorbita. In entrambi i casi, educazione sanitaria ed educazione civica, sicuramente le evoluzioni cui ho fatto riferimento sono fortemente migliorati. Nel caso della educazione sanitaria  questa evoluzione è benissimo spiegata da Ricciardi e Poscia, ma rischia oggi di lasciare fuori qualcosa.
 
Vado a leggere nel sito dell’Istituto Superiore di Sanità la pagina dedicata a Prevenzione e Promozione della Salute dove trovo scritto che: “In una moderna concezione di salute la sua promozione e la prevenzione devono essere incentrate su azioni congiunte di vari settori della società, principalmente sui fattori di rischio comportamentali modificabili e sui determinanti di salute sociali, economici e ambientali, senza dimenticare l'importanza della diagnosi precoce, il ruolo cruciale delle vaccinazioni e il contrasto alle disuguaglianze … In questa visione la prevenzione e la promozione della salute abbracciano tutte le fasi della vita e considerano la salute non più responsabilità del solo SSN.” Il passaggio chiave è qui: la salute non è più responsabilità del solo SSN.
 
In realtà la salute è soprattutto responsabilità del SSN e delle scelte che si fanno dentro le sue Istituzioni, sia a livello centrale che delle Regioni e delle Comunità Locali. E dentro queste scelte ci sono (e quanto ci sono) quelle di politica sanitaria comprese quelle che consentiranno o meno al PNRR di finanziare oltre ai muri anche nuove modalità di erogazione dei LEA. Se rimaniamo nel sito ISS su prevenzione e promozione della salute vediamo che nel menù a tendina sugli argomenti specifici ci sono quelli “soliti” dall’alcol agli stili di vita. Perché la promozione della salute la si vede legata esclusivamente alla prevenzione.
 
In realtà oggi la promozione della salute va portata anche sulle scelte individuali e collettive che la riguardano compresi i modelli culturali e organizzativi di risposta complessiva ai problemi di salute. Questa evoluzione sta dentro ad una accezione più allargata di promozione della salute già contenuta nella Carta di Ottawa, approvata nel corso della prima Conferenza internazionale per la promozione della salute (17-21 novembre 1986) e ancora oggi documento fondamentale per le politiche e gli interventi di promozione della salute, considerata come il processo che consente alle persone di esercitare un maggiore controllo sulla propria salute e di migliorarla. Processo che si sviluppa attraverso alcuni passaggi fondamentali:
• costruire una politica pubblica per la tutela della salute;
• creare ambienti favorevoli;
• rafforzare l’azione della comunità;
• sviluppare le capacità personali;
• riorientare i servizi sanitari ponendo al centro la persona.
 
Dentro le attività di promozione della salute ha trovato spazio la cosiddetta “health literacy” (tradotta di solito come alfabetizzazione sanitaria) che ritroviamo nel sito del Progetto Cuore del CCM dell’Istituto Superiore di Sanitàdove viene definita come la “capacità di ottenere, elaborare e capire informazioni sanitarie di base e accedere ai servizi di salute in modo da effettuare scelte consapevoli”. In pratica la capacità di essere in grado di acquisire, comprendere e utilizzare informazioni per la propria salute. Sembra una definizione perfetta per accogliere anche le iniziative per “riorientare i servizi sanitari ponendo al centro la persona” come scritto tanti anni fa nella carta di Ottawa e come in fondo si sta cercando di fare col PNRR.
 
In queste iniziative a sostegno del PNRR di promozione della salute attraverso la alfabetizzazione sanitaria dei cittadini bisognerebbe fare due passi fondamentali: allargare il campo ai temi dell’assistenza oltre che della prevenzione e avere come destinatari le comunità e non solo i singoli cittadini. Del resto è già passata la esigenza di affiancare ad una health literacy individuale anche una health literacy “organizzativae adesso dovrebbe passare quella di una health literacy “di comunità”.
 
Rimangono adesso una serie di problemi sulla alfabetizzazione sanitaria delle comunità a supporto del PNRR: chi la fa, dove, quando e come.  Ci sono molte iniziative istituzionali in Italia sulla health literacy, come quella del Centro Regionale di Documentazione per la Promozione della Salute del Piemonte o esperienze come quelle fatte già da anni in Emilia-Romagna o in Toscana.
Mi pare che sia il momento di dare sistematicità a queste attività innovative di alfabetizzazione sanitaria indispensabili per rendere i cittadini protagonisti di un cambiamento vero e non spettatori di un PNRR subito e poco innovativo.
 
Ma non è in fondo questa una versione aggiornata della “vecchia” educazione sanitaria?
 
Claudio Maria Maffei

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