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Mercoledì 23 MARZO 2022
Nuove professioni e nuovi medici per il Ssn del futuro



Gentile Direttore,
nel 2008 per motivi di studio mi sono imbattuto in un report della OECD, che riferiva che «l’Italia ha una popolazione che invecchia e mette a dura prova il sistema sanitario pubblico e le famiglie. Allo stesso tempo, ha un mercato distorto dell’offerta dei professionisti sanitari. Un passato di sovra-iscrizioni alle facoltà di medicina ha prodotto un’attuale sovrabbondanza di medici, che apparirà come una carenza quando questa coorte si ritirerà».
 
In questi anni quella previsione si è rivelata veritiera, ed a più riprese si continua a parlare di carenza di medici in un paese che continua ad avere – anche secondo quanto riferisce il dott. Buccino – più medici che in altre realtà Europee; un perpetrato paradosso tutto Italiano che purtroppo, sottotraccia, ci parla di nepotismo e di mentalità provinciale.
 
Puntualmente, infatti, grandi polemiche si sollevano allorquando le altre professioni sanitarie contestano una crescita professionale a più livelli stentata e frenata (compresa la odierna dirigenza delle professioni), il cui unico ostacolo è costituito dalle poliedriche resistenze della classe medica a condividere le titolarità giuridiche (perché le conoscenze reali sono già da tempo condivise sul campo), che autorizzerebbero gli infermieri, gli ostetrici, i riabilitatori ed i tecnici ad un esercizio professionale che potremmo definire “potenziato” od “ampliato”.
 
Ad esempio effettivamente può accadere che sedute di importanti sessioni diagnostiche vengano rimandate per l’assenza di un sola figura dell’equipe: l’assenza di un medico può far saltare il funzionamento di una intera unità operativa, con grave disagio dell’utenza ed inutile considerevole spesa per il servizio sanitario.
 
Il problema non può essere visto che in questo modo: ha ragione l’OECD ad insistere nell’affermare con continuità da quasi 15 anni che la pletora di iscrizioni a medicina e chirurgia degli anni ’70 del secolo scorso ha distorto un sistema che potrebbe funzionare anche senza mantenere questa antinomia, o le esigenze della sanità odierna producono effettivamente degli scenari di complessità difficilmente indagabili e quindi risolvibili?
 
Giacché entrambe le situazioni sono effettivamente occorse, vanno prese in considerazione entrambe le tesi e la soluzione, o le soluzioni, non possono giungere dal reclutamento del personale medico in quiescenza; sarebbe un paradosso a soluzione di un paradosso, che peraltro confermerebbe ulteriormente le previsioni del 2008.
 
Il mondo della professione medica in Italia andrebbe ulteriormente indagato, ben oltre il solo fenomeno del turn-over; perché è possibile che manchino i medici da una parte ma effettivamente ce ne siano da un’altra; sempre lo stesso studio del 2008 identificava le aree a maggior carenza: anestesia-rianimazione, pediatra e radiologia. La prima parola d’ordine è quindi “razionalizzare” (e non potenziare) la formazione dei medici per agevolare le specializzazioni cui effettivamente il sistema sanitario necessiti.
 
La seconda parola d’ordine però sarebbe anche “ottimizzare” – finalmente – la crescita delle altre professioni sanitarie che, senza avventure, assalti alla diligenza ed apprendisti stregoni, ma sulla base di una innegabile crescita accademica, nonché di esercizio professionale, vogliono e possono esercitare quelle «competenze avanzate e di tipo specialistico» previste dal famoso comma 566 della Legge di Stabilità 2015 (in realtà già oggetto – forse affatto casualmente – dei tavoli tecnici Governo Regioni fin dal 2011); competenze che, unitamente ad un vero esercizio libero professionale, una revisione in chiave meritocratica degli stipendi, ed un conseguente modello sanitario più appropriato, effettivamente costituiscono realtà già in esercizio in favore delle corrispondenti figure professionali in ambito comunitario ed anche non-comunitario.
 
Le soluzioni al “Ssn senza medici”, non devono quindi essere vecchie (e peraltro alquanto alambiccose) soluzioni tampone, ma nuove soluzioni di struttura; soluzioni che già hanno parlato di professionisti sanitari formati, certificati, validati e verificati, che hanno quindi le competenze per agire in sicurezza per sé e per l’assistito.
 
Per un innovato SSN del futuro non servono più medici; ne occorrono di più coscienziosi, disponibili e responsabili, che non parlino di una loro «scienza impareggiabile», che non parlino di «sanità governata dalle donne», che non abbiano più l’ancestrale timore di perdere spazio (e tutto il resto), che non inneggino più ad una lesa maestà, che dismettano vecchie culture e posizioni consolidate secondo schemi che, ormai, se non proprio sbagliati, certamente riecheggiano ad uno storico anacronismo.
 
Se i medici vogliono ancora guidare e non soltanto dirigere la complessa e delicata macchina del SSN, allora devono dismettere le proprie diffidenze e consentire, «anche attraverso percorsi formativi complementari», i non più rinviabili trasformazione, riassetto e rilancio professionale delle professioni sanitarie (compresa la loro) in figure più rispondenti e funzionali alla realtà ed alle sfide del nostro tempo.
 
Dott. Calogero Spada
TSRM – Dottore Magistrale - Gallarate
 

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